Intervista al Patriarca Kirill
Il 29 gennaio 2012 il giornale serbo “Vecernje
novosti” ha pubblicato un’intervista a Sua Santità il Patriarca di
Mosca e di tutte le Russie Kirill.
- Santità, come lei sa, i serbi del Kosovo e della Metohija
recentemente hanno fatto appello al presidente Medvedev chiedendo la
concessione della cittadinanza della Federazione Russa, e la risposta è
già nota. I serbi si sono rivolti a voi, spinti dalla disperazione per
la situazione in cui si trovano. Questa recente iniziativa dei serbi
del Kosovo di chiedere la cittadinanza russa vuole essere un segnale
forte, rivolto non solo alla Russia ma anche a tutta l’Europa.
Le sue parole al nostro popolo e al paese sono sempre state un
grande sostegno morale. Cosa vuole dire a tutti i cittadini della
Serbia, e soprattutto ai fedeli ortodossi, per incoraggiarli in questo
periodo difficile della storia?
- I serbi che vivono in Kosovo e Metohija sono diventati ostaggio di
un gioco geopolitico molto più grande di loro. Dinanzi
all’indifferenza di parecchi paesi sono costretti a vivere in enclave
circondate da elementi ostili e sicuri della propria impunità.
I nostri fratelli nella fede hanno il grande coraggio di non
abbandonare le loro terre e i loro luoghi santi e vivono come i
prigionieri di un campo di concentramento, ai quali viene negato
persino il diritto fondamentale alla vita. Assistiamo ad un’ingiustizia
clamorosa, all’uso di due pesi e due misure e alla menzogna da parte
della politica, che a parole dichiara il suo sostegno agli ideali
dell’umanesimo, ai diritti umani, ma di fatto chiude gli occhi dinanzi
all’inferno perpetrato dagli estremisti con il supporto dei loro
sponsor stranieri.
Il Signore disse a Paolo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza
infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). Quando
tutte le risorse umane e le possibilità sono esaurite, quando sembra non
esserci più alcuna speranza, allora vediamo l’aiuto di Dio, come ha
detto il Signore all’apostolo Paolo. Nella storia russa, abbiamo molti
esempi, quando il paese era sull’orlo della distruzione e della
riduzione in schiavitù: il Periodo dei Torbidi del 1612 e l’intervento
dei polacchi, nel 1812 l’invasione dell’esercito di Napoleone, nel 1941
le armate di Hitler nel territorio dell’Unione Sovietica. Più di una
volta, il nemico era vicino al suo obiettivo, ma in contrasto con lo
sviluppo logico degli eventi, la Russia ha respinto l’invasione ed è
risorta dalle rovine e dalle ceneri. Un uomo di fede sa vedere in
questi eventi la provvidenza di Dio e il Suo aiuto.
Non ho il diritto di dare consigli politici ai serbi del Kosovo.
Tuttavia voglio dare un consiglio che è sempre attuale: quello di
rivolgersi in preghiera a Dio, di chiedere a Lui il suo aiuto. E insieme
a voi pregheranno i vostri fratelli nella fede in Russia, e credo in
tutta la Chiesa universale. Nel Vangelo, nostro Signore Gesù Cristo
molte volte ripete le parole: “Non abbiate paura”. Il timore del
pericolo o delle minacce è un sentimento umano naturale. Ma il Signore è
con noi sempre, e oggi dice ai serbi in Kosovo: “Non temete!”.
Sono profondamente grato ai serbi del Kosovo che hanno scritto una
lettera a me e al Governo della Russia, al “popolo e ai fratelli russi
“. Questa lettera contiene decine di migliaia di firme. E non ha
lasciato nessuno indifferente. I nostri cuori sono profondamente
commossi da questo messaggio, che manifesta fiducia e amore per la
Russia. In risposta, voglio dire che i fratelli della Chiesa Russa, il
popolo ortodosso russo non vi abbandoneranno mai. Nessun beneficio
terreno, nessun cambiamento della situazione politica potrà farci
dimenticare la nostra secolare parentela spirituale.
- La Russia attraverso i suoi canali diplomatici e politici
sostiene i serbi del Kosovo che si trovano in una situazione difficile
sotto tutti gli aspetti, sociali, economici, giuridici, psicologici.
Quale sostegno possono aspettarsi i serbi del Kosovo da parte della
Chiesa Ortodossa Russa?
- La Federazione Russa fornisce un notevole sostegno ai serbi del
Kosovo. Ad esempio, con l’intervento delle autorità russe presso
l’Unesco è stato finanziato il restauro delle chiese ortodosse distrutte
in Kosovo. Questa iniziativa è lodevole. Stiamo organizzando anche
altre azioni volte a alleviare le sofferenze dei nostri fratelli serbi
che vivono in Kosovo, in particolare – la fornitura di aiuti umanitari.
Il Patriarcato di Mosca ha sempre sostenuto la posizione della
Chiesa serba sullo status del Kosovo. Sulla scena internazionale molto
ha fatto il mio predecessore, Sua Santità il Patriarca Alessio II, per
proteggere la popolazione serba della provincia. In particolare, a
questo tema ha dedicato una parte considerevole del suo discorso
davanti all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo
nel 2007. Ed anche io non smetto mai di proteggere i fratelli serbi
nella loro lotta per il diritto di vivere nella terra dei loro padri.
E’ molto importante evitare la desolazione dei santi monasteri in
Kosovo. Questo sarebbe un vero e proprio disastro spirituale e
pregiudicherebbe gravemente il patrimonio ortodosso d’Europa. I
monumenti di inestimabile valore creati dal popolo serbo in Kosovo e
Metohija vivranno finché entro le mura delle chiese s’innalzeranno
preghiere e le celle saranno piene di monaci. Abbiamo delineato misure
specifiche per sostenere i monasteri del Kosovo. A riguardo io ho
approvato un programma da realizzare nel 2012.
Più volte ho avuto l’occasione di visitare il Kosovo, di parlare con
i residenti locali, vedere in prima persona la loro difficile
situazione. Quanto ho visto mi ha fatto una forte impressione. La Chiesa
Ortodossa Russa è stata e sarà sempre vicina ai serbi del Kosovo, la
nostra gente è entrata in empatia con loro, offre le sue ferventi
preghiere perché la vita nella provincia del Kosovo migliori al più
presto. In questa preghiera corale c’è anche la mia voce.
- Come giudica le nuove richieste da parte di alcuni politici
montenegrini sulla divisione del Montenegro dalla Chiesa Ortodossa
Serba? L’ex primo ministro del Montenegro Milo Djukanovic di recente ha
dichiarato che la storia mostrerà la validità della sua richiesta di
dividere il Montenegro dalla Chiesa serba.
- La storia ha dimostrato che i tentativi di alcune forze politiche
di esercitare pressioni sulla Chiesa per cambiarne l’ordinamento
canonico non portano a niente di buono.
Fortunatamente, in Montenegro ci sono molti politici di buon senso
che condividono questa visione. Nel febbraio 2009 ho incontrato il
Presidente della Repubblica del Montenegro Filipp Vujanovic. Ricordo che
durante l’incontro, il signor Vujanovic ha dichiarato che la
metropolia del Montenegro e del Mare (della Chiesa Ortodossa Serba) è
l’unica istituzione ortodossa canonica in Montenegro, e ha sottolineato
l’importanza del fatto che la diocesi si è sempre presa cura
spirituale dei serbi e dei montenegrini.
Tutte le Chiese ortodosse ritengono che il Montenegro fa parte del
territorio canonico del Patriarcato serbo, e i politici devono
rispettare questa comune fede ortodossa.
- Sappiamo che i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa nei
colloqui con i rappresentanti del Vaticano hanno sottolineato il fatto
che sarebbe bene che il Papa dichiarasse apertamente che occorre
difendere i monumenti cristiani e gli stessi fedeli in Kosovo. Il
Pontefice precedente non ascoltò il saggio consiglio di Mosca. Come è
cambiata la situazione con l’avvento del nuovo papa?
- Quando sono iniziate le discussioni sulla questione del Kosovo,
Papa Benedetto XVI, come è noto, ha assunto una posizione equilibrata
su questo tema. La Santa Sede si è astenuta finora dal riconoscimento
ufficiale di questa parte della Serbia come stato indipendente.
Inoltre, alla vigilia della proclamazione dell’indipendenza del Kosovo
il Papa ha esortato la comunità internazionale a non essere precipitosi
nella definizione finale dello status del territorio, sottolineando
che in esso si trovano monasteri ortodossi che per i serbi hanno un
significato storico e spirituale speciale.
Quattro giorni dopo la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo
nel febbraio 2008, Benedetto XVI ha ricevuto l’ambasciatore della
Serbia presso la Santa Sede. Durante l’incontro, il Papa ha sottolineato
che i serbi hanno sofferto molto nei conflitti degli ultimi decenni, e
ha espresso preoccupazione per la situazione in Kosovo. Da allora ha
ripetutamente parlato in difesa dei diritti della minoranza serba.
- Come si spiega il fatto che i cristiani occidentali, vale a
dire, i cattolici, non hanno voluto difendere le chiese ortodosse, cioè
cristiane, in Kosovo? Esse infatti sono state bruciate e distrutte
proprio nel momento in cui nel Kosovo sono arrivate le forze
occidentali di pace.
- Purtroppo, il mondo occidentale durante l’intervento delle forze
della Nato sul territorio dell’ex Jugoslavia ha subito un massiccio
attacco di informazioni in larga misura distorte. I media occidentali
hanno per mesi esagerato volutamente informazioni tendenziose sulle
“atrocità del regime di Milosevic” contro gli albanesi del Kosovo,
esagerando il numero delle vittime della “pulizia etnica” effettuata
dalla polizia serba nella provincia.
Tuttavia, l’azione militare in Kosovo ha provocato una reazione
tutt’altro che univoca nel mondo occidentale cristiano. Molti cristiani
in Occidente sono rimasti scioccati dalle scritte sulle bombe, “Buona
Pasqua”, fatte dai militari americani.
Un certo numero di vescovi cattolici invece ha parlato a favore
dell’autonomia del Kosovo, nella vana speranza di migliorare la vita
della comunità cattolica della provincia.
Altri membri delle Chiese e comunità cristiane occidentali hanno
ripetutamente espresso preoccupazione per gli atti di vandalismo
compiuti dai combattenti estremisti albanesi contro i santuari antichi
in Kosovo e le azioni militari della Nato. Quindi, credo, non dobbiamo
imputare a tutti i cristiani d’Occidente la colpa della guerra. Queste
azioni non sono state motivate da convinzioni religiose.
- Recentemente, molti giornali hanno scritto sulla possibilità di un suo incontro con Papa Benedetto XVI. Siete ancora dell’idea che prima bisogna risolvere tutte le questioni controverse, perché altrimenti, questo incontro non ha senso?
- Sì, io continuo a pensare che per il buon esito dell’incontro sia
necessario, se non proprio risolvere tutte le questioni pendenti,
almeno cominciare a risolverle.
I media sottolineano soltanto il lato sensazionale dell’incontro. Io
non vorrei che questo incontro fosse ridotto soltanto a puro
sensazionalismo. Perché questo incontro sia veramente utile per
l’ulteriore sviluppo delle relazioni tra la Chiesa Ortodossa Russa e la
Chiesa Cattolica Romana, è necessario lavorare insieme per migliorare
radicalmente questi rapporti attraverso la risoluzione dei problemi
esistenti tra noi.
– Sotto il Papa precedente, i rappresentati del Vaticano hanno spesso detto di non poter far nulla per influenzare i greco-cattolici in Ucraina, che si erano impossessati delle chiese ortodosse. La situazione ora è cambiata o tutto rimane come un tempo?
– Nonostante i greco-cattolici ucraini sottolineino fortemente la
loro fedeltà al trono romano, nel contempo essi insistono sulla propria
autonomia. Quando nel 1990 è stata istituita una commissione
quadripartita per risolvere la situazione in Ucraina occidentale,
composta dal Vaticano, dal Patriarcato di Mosca, dalla Chiesa Ortodossa
Ucraina e da quella greco-cattolica, i greco-cattolici di fatto hanno
boicottato i lavori. Noi di recente abbiamo proposto di far rivivere la
commissione, ma la parte cattolica ha reagito alla nostra proposta in
maniera piuttosto fredda.
Nei nostri contatti regolari con la leadership della Chiesa
Cattolica Romana, abbiamo costantemente sollevato la questione della
situazione delle chiese ortodosse in Ucraina occidentale. Sia il Papa,
che i capi dei vari dicasteri vaticani, hanno espresso comprensione per
le nostre preoccupazioni, ma il problema rimane ancora irrisolto.
- A Graz, in Austria, nel 1997 era previsto un incontro del Patriarca russo con il Papa. Dieci giorni prima della data prevista, dal testo del documento che doveva essere firmato i cattolici cancellarono una parte riguardante i pericoli del proselitismo e il conflitto tra ortodossi e uniati in Ucraina. Negli anni ’90 in più di 200 città russe sono state aperte chiese cattoliche. Ora le posizioni di Mosca e del Vaticano riguardo al proselitismo sono più vicine, o tutto è rimasto uguale?
- Va sottolineato che la situazione delle relazioni
cattolico-ortodosse in Russia nel corso degli ultimi 10 anni è
migliorata notevolmente. Il problema del proselitismo non è così grave
come lo era negli anni ’90, quando i missionari cattolici venivano in
Russia per fare opera di persuasione. Ha svolto un ruolo positivo il
gruppo misto creato nel 2004 per affrontare i problemi nei rapporti tra
Chiesa Ortodossa Russa e chiese cattoliche in Russia. E’ stata una
buona piattaforma per una discussione aperta e onesta tra le due Chiese
su temi particolarmente delicati, e per la formulazione di
raccomandazioni congiunte per porre rimedio ai problemi.
Occorre sviluppare la collaborazione fra ortodossi e cattolici, che
serbano la tradizione cristiana e hanno visioni molto simili dell’etica
personale e sociale, del progresso tecnico e scientifico, della
bioetica e delle altre sfide del nostro tempo. Sempre più urgente
diventa il problema della cristianofobia, della persecuzione dei
cristiani per la loro fede. Ritengo che una stretta interazione
ortodosso-cattolica nel campo della difesa dei diritti dei cristiani sia
importante, opportuna e ricca di prospettive.
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