Una lettera di p. Antonio Lotti a proposito delle funzioni ecclesiastiche svolte in lingue locali
A proposito della lingua delle funzioni ortodosse
L'Arciprete
Antonio Lotti è il Decano del Patriarcato di Mosca per l'Italia, nonchè
curatore del Compendio Liturgico Ortodosso. Con il suo permesso,
riproduciamo questi brani di una sua lettera riguardante la lingua delle
celebrazioni liturgiche:
Gentile Signor S.,
Lei
è perplesso per l'uso liturgico della lingua parlata, nella fattispecie
italiana. Le sue argomentazioni mi ricordano quelle di Padre Nicola
Madaro, mio stimato concittadino francavillese, e ora Sacerdote a
Venezia. Che dirle, che non abbia giа detto a Padre Nicola? Pur
conoscendo il greco, io non sono Greco, sono Italiano. Vado più
d'accordo col santo vescovo Innocenzo dell'Alaska, il quale tradusse i
testi liturgici e biblici nella lingua degli Indiani Aleutini (tutt'ora
Ortodossi insieme con diverse tribù del Nord America). Non vado affatto
d'accordo con i vescovi germanici (eretici, tra l'altro, perchè
filioquisti), che perseguitarono i santi Cirillo e Metodio con l'accusa
delle loro traduzioni in slavonico (i predetti, guarda caso,
professavano che le sole lingue gradite a Dio in liturgia erano il
latino, il greco e l'ebraico). Penso all'orrore degli Ebrei di Palestina
quando seppero che 70 saggi avevano tradotto la Bibbia in... greco!
Questa versione è poi divenuta l'unica riconosciuta dai Cristiani
Ortodossi, pur tradotta in centinaia di lingue "parlate", di cui solo
200 nella sfera della Chiesa Russa. Penso almeno al classico siriaco
(per rimanere nell'ambito liturgico ortodosso) e alle recenti traduzioni
in arabo, che hanno arginato, forse da sole, (denaro e potentati
mancando) il proselitismo papista e mussulmano sugli Ortodossi
Mediorientali. Penso alla lingua inglese, che ha fatto ortodossi tanti
Anglosassoni (intere parrocchie e diocesi, tanto per intenderci, mentre
in America le chiese dove si celebra in greco mi vengono descritte come
dei club riservati su rigorosa base razziale). Concludo, per non
dilungarmi con i mille esempi che ho in mente: gli Apostoli continuano
oggi a parlare le lingue esattamente come il giorno della Pentecoste!
Cosa le può far pensare che il parto o il medo, il fenicio o il greco
della koinè siano meglio dell'italiano, dell'inglese, o dell'aleutino?
Preciso
che non mi paragono certo agli Apostoli per aver tradotto qualche
testo, ma affermo che questa traduzione è nell'ottica missionaria e
pastorale della Chiesa, quella Ortodossa nella sua plenitudine, e quella
Russa in particolare, cui mi onoro di appartenere in piena canonicità.
Per ciò che mi riguarda, ho ricevuto la benedizione da ben due Ierarchi
che si sono succeduti quali miei diretti superiori, e perciò non dico e
non applico idee strampalate e personali, ma compio il dovere
missionario con i mezzi culturali di cui dispongo. Questo è il primo
punto da chiarire.
Il
secondo punto verte sulla perfetta legittimità del greco liturgico.
Sono d'accordo con Lei. Oltre alle Sue argomentazioni, in parte
psicologiche, in parte attinenti al "numen", mi permetto di aggiungerne
un'altra: alla lingua "greca" della liturgia, col suo patrimonio
teologico e innologico grandioso e originale, si rifа ancor oggi la
Nazione dei Romani (l'erede, cioè, dell'Impero Romano legittimo, della
sua cultura e della sua fede) cui noi tutti Ortodossi (anche gli Indiani
Aleutini!) apparteniamo idealmente. Non ho dunque nulla da eccepire ai
suoi argomenti in favore del "greco" (forse lo si può chiamare
greco-romaico), ma non mi sento di assolutizzarli al punto da
disprezzare le altre lingue, che possono sempre riaccumulare il
patrimonio liturgico-teologico, pur con "suoni" diversi, come è giа
accaduto per lo slavonico.
A
questo proposito le faccio notare che lo slavonico, così come il greco
liturgico, non sono lingue morte come il latino, ma una sorta di lingua
"specifica", relativamente comprensibile da tutte le classi culturali di
quelle aree linguistiche; il modello per le nuove lingue è proprio
questo: creare una lingua aulica, letteraria, con un dizionario
specifico, e di mantenerlo per le future generazioni senza riforme degne
di nota, nell'ambito dell'area linguistica prefissata; per fare un
esempio, una grazia divina la si può tentare di scucire o di strappare,
chiedere, o, nel linguaggio liturgico, "impetrare", a seconda dei
livelli culturali, e ciò senza dover parlare greco. Introduco così il
terzo punto: il linguaggio liturgico ha un vocabolario particolare e un
livello elevato: verosimilmente l'Aleutino impiegato da Sant'Innocenzo è
quello della "letteratura", e non quello di chi baratta pesce con pelli
di castoro; l'italiano delle mie traduzioni, senza poetica e senza
stile marcato, voleva avere gli stessi intenti.
Quanto
al libro in sè, non gli sia severo, ma lo consideri come un esperimento
per conseguimenti migliori e come una guida per chi, divenuto
Ortodosso, non cessa di essere Italiano. Tutto il testo è giа stato
rivisitato, e sarò grato anche a Lei se volesse farmi giungere le Sue
osservazioni. A dispetto di chi usa pretesti come questi per dividere
gli Ortodossi italiani e poi perderli a causa di qualche patto
"ecumenico", presto stamperò anche una raccolta innologica. A Lei
resterà di comprendere che le certezze della Chiesa Ortodossa non vanno
cercate nelle espressioni linguistiche, nè nei "suoni" diversi che un
laringe umano può emettere per significare le stesse cose, nè nella
dovizie delle tradizioni locali benedette dalla Chiesa, ma nelle
incrollabili verità dogmatiche della Chiesa stessa: a che cosa Le
servirebbe la sicurezza di una Liturgia in greco se poi qualche
ortodosso campione della grecitа barattasse con "chiese" eretiche e
mondane le stesse verità della santa fede? Non si lasci dunque
distogliere da argomenti marginali, e concentri la sua vigilanza sulla
"parte migliore, che non Le sarа tolta" al momento del giudizio finale.
La
saluto, e chiedo umilmente per Lei ogni bene dall'alto, primo fra tutti
il dono della Fede Ortodossa, non greca, non russa, non siriaca, ma
semplicemente e totalmente Ortodossa.
Arciprete Antonio Lotti
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