Nicola D'Amico tramite facebook
La risurrezione di Cristo è l’annientamento della morte
del protopresbitero Giorgio Metallinos
Preside della Facoltà di Teologia dell’Università di Atene
L’evento più significativo della storia: la risurrezione di Cristo è
l’evento più significativo avvenuto nella storia. È l’evento che
differenzia il Cristianesimo da ogni altra religione. Altre religioni
hanno capi mortali, mentre il Capo della Chiesa è il Cristo Risorto. La
“Resurrezione di Cristo” implica la deificazione e la resurrezione della
natura umana, e la speranza per la deificazione e la risurrezione delle
nostre stesse ipostasi. Da quando il farmaco è stato scoperto, allora
c’è speranza per la vita.
Con la risurrezione di Cristo, la
vita e la morte assumono un nuovo significato. La “Vita” ora è la
comunione con Dio, “la morte” non è più la fine di questa vita presente,
ma il distacco dell’uomo da Cristo. La separazione dell’anima dal corpo
mortale non è più vista come “morte”, è solo un sonno temporaneo.
È la risurrezione di Cristo, che giustifica la sua unicità ed
esclusività, come il Salvatore che davvero è in grado di darci la vita e
ci trasfonde la Sua Vita che vince la morte nella nostra vita
deperibile. Cristo è uno, una è la risurrezione, ed anche la possibilità
per la salvezza-deificazione è una. È per questo che la nostra
aspettativa di superare tutte le impasse che confondono la nostra vita è
orientata verso Cristo, al Cristo dei Santi, al Cristo della storia.
Il “Cristo” distorto che si trova nelle eresie o il Cristo
“relativizzato” che si trova nel sincretismo religioso della New Age
pan-religiosa costituiscono un rifiuto del vero Cristo, e della salvezza
offerta da Lui. Il Cristo dei nostri Santi è anche il Cristo della
storia, ed Egli esclude ogni possibilità di confonderLo con tutti gli
altri sostituti redentivi inventati per indurre in errore le masse,
perché questo inganno è l’unico modo possibile per mantenere qualcosa di
fraudolento: facilitando il dominio dei poteri dell’Anticristo (poteri
che si sono con facilità infiltrati anche nella Chiesa); poteri, che
anche se diffondono la morte sul loro cammino, tuttavia, possono
apparire come “angeli di luce” e “diaconi della giustizia”.
Studiando l’esperienza dei nostri Santi, ci rendiamo conto che non ci
sono esistenze più tragiche di quelle “che non hanno speranza” – la
speranza di resurrezione – in quanto questi considerano la morte
biologica, come la distruzione e la fine. Purtroppo, la scienza ha
inoltre ceduto a questo tragico stato, con la disperata ricerca di
metodi per prolungare la durata della vita dell’uomo e per trasmettere
l’illusione di poter vincere la morte naturale. Tuttavia, altrettanto
tragiche sono le esistenze di coloro che – anche cristiani – si trovano
intrappolati in visioni millenariste “ermeticamente chiuse” di
beatitudine universale ed escatologia mondana (perdendo così il vero
significato della Resurrezione), e sacrificano l’iper-cosmico
all’endo-cosmico, l’eterno al transitorio.
La risurrezione di
Cristo come la resurrezione dell’uomo e di tutta la Creazione acquista
un significato solo nel quadro della soteriologia patristica, in altre
parole, nella co-crocifissione e nella co-risurrezione con Cristo.
Questo è il modo in cui l’Ellenismo ha inoltre conservato la
risurrezione durante il suo corso storico. Sempre fedele alla
risurrezione di Cristo, l’Ortodossia è stata caratterizzata come “Chiesa
della Resurrezione”, perché è sulla Risurrezione che struttura la sua
presenza storica, innestando la speranza della resurrezione nella
coscienza dei popoli; fatto che si rivela nel suo seguito culturale. Tra
essi, il popolo ellenico ha anche imparato a dissipare – alla luce
della Risurrezione – l’oscurità che permeava i propri anni di schiavitù
(quale è stata l’occupazione turca) durante la quale non avrebbero
esitato ad augurarsi l’un l’altro “Cristo è risorto!” per aggiungere: “e
la Grecia è risorta!”. Ed hanno mantenuto questo, per ben quattrocento
anni...
È in questo quadro teorico che è contenuto l’invito di
piena-speranza del “Venite e ricevete la luce!”. È un invito alla
pasquale Luce increata, che è concessa solo a coloro che hanno
purificato il loro cuore da vizi e passioni. Senza la “catarsi” del
cuore – in altre parole, il pentimento – non si può essere in comunione
con la luce della risurrezione. Il pentimento è il superamento del
peccato, la causa della nostra morte.
Questo fatto ci viene
costantemente ricordato con il peculiare (per l’orecchio non iniziato)
detto monastico: “Se muori prima di morire, allora non morirai quando
muori!”.
Cristo è risorto!
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