Metropolita Ilarion di Volokolamsk: le pretese papiste di Costantinopoli sono infondate Mospat.ru, 6.12.2020 In tempi recenti, il Patriarcato di Costantinopoli ha insistito che le altre Chiese locali riconoscano la sua assoluta preminenza e autorità nel mondo ortodosso. I media greci offrono regolarmente articoli e interviste su questo argomento, a volte apertamente di parte. In un'intervista a RIA-Novosti, il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha spiegato se le affermazioni di Costantinopoli abbiano qualche fondamento. Vladyka, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, in una recente intervista al quotidiano greco "Etnikos kirikas", ha rilasciato la seguente dichiarazione: "Noi ortodossi dobbiamo rivedere la nostra ecclesiologia con occhio critico, se non vogliamo diventare una federazione di chiese di tipo protestante". Secondo lui, nell'Ortodossia, "c'è un 'Primo', non solo d'onore, ma un 'Primo' con responsabilità speciali e pieni poteri canonici". A cosa si riferiscono queste affermazioni, come dovrebbero essere intese? Inizierò spiegando che cos'è l'ecclesiologia. Questo termine di origine greca è tradotto come "dottrina della Chiesa". Siamo quindi invitati a rivedere la nostra dottrina della Chiesa. Secondo quale modello? Ovviamente, secondo il modello cattolico. La Chiesa romana ha un papa, che non è solo "un primo d'onore, ma un primo con responsabilità speciali e pieni poteri canonici". Nella Chiesa ortodossa, fino ad oggi, questo non esisteva, c'era solo un primate d'onore. Per secoli, i polemisti ortodossi, compresi quelli di Costantinopoli e di altri patriarcati orientali, si sono espressi contro il papa. Al momento, ci viene offerto di ridimensionare l'ecclesiologia ortodossa su un modello papista. Ci viene detto: senza un primate dotato di particolari pieni poteri, si rischia di diventare "una federazione di chiese di tipo protestante". In altre parole, c'è il modello cattolico e il modello protestante, tertium non datur. Fino ad oggi, secondo quale principio ha operato la Chiesa ortodossa? Seguendo il modello protestante? Non mi occuperò dell'elaborazione e dello sviluppo del modello papista in Occidente. È un argomento a sé stante. Mi accontenterò di sottolineare un fatto ovvio: nell'Oriente cristiano questa istituzione non è mai esistita. La Chiesa ortodossa è sempre stata organizzata come una famiglia di chiese locali che non hanno un leader terreno. È Gesù Cristo che è sempre stato considerato come capo della Chiesa a livello universale, mentre a livello locale le Chiese sono presiedute da primati, considerati uguali tra loro e indipendenti l'uno dall'altro: nessuna di loro è soggetta a un'altra, nessuna estende la propria giurisdizione ad altre Chiese. C'era, però, un certo ordine di precedenza tra i primati, fissato dal secondo Concilio ecumenico, dove fu decretato che il vescovo di Roma fosse il primo vescovo; dopo di lui venivano i vescovi di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Nell'Oriente ortodosso, questo sistema ha ricevuto il nome di "pentarchia". Il primo era al di sopra del secondo e il secondo al di sopra del primo, solo in ordine di precedenza. Ma il più vecchio non aveva potere sul più giovane, né il primo aveva autorità sugli altri. Nell'XI secolo si è verificata una rottura tra Oriente e Occidente. Le pretese dei papi di Roma all'autorità universale ne furono una delle cause. I patriarchi d'Oriente non li hanno seguiti su questo punto, prima Costantinopoli, poi gli altri. Hanno rotto la comunione con il papa di Roma e quello che era il secondo è diventato così, di fatto, il primo nella famiglia delle Chiese dell'Oriente. Ma senza avere alcun privilegio, senza "responsabilità speciali" nei confronti degli altri primati. E all'improvviso, ci viene detto che abbiamo assolutamente bisogno di un primo, che senza di esso la Chiesa ortodossa non potrebbe esistere. Abbiamo vissuto duemila anni senza di esso, ma ora non possiamo più, dobbiamo "rivedere la nostra ecclesiologia" il più rapidamente possibile, mettere qualcuno a capo della Chiesa. Noi siamo ortodossi. Ciò significa che per noi è Cristo il capo della Chiesa, e non il vescovo di Costantinopoli o di un'altra Chiesa locale. San Germano, patriarca di Costantinopoli, ha scritto nel XIII secolo: "Il capo della Chiesa è Cristo, qualsiasi pretesa di autorità è contraria alla sua dottrina". Litigando con i papi, i Padri della Chiesa hanno chiaramente definito i limiti della concezione ortodossa del primato, attingendo all'esempio dell'antica sede di Roma. Secondo loro, non risiede "né nella sua sovranità, né nella sua supremazia (...) ma piuttosto in una precedenza fraterna all'interno della Chiesa universale concessa ai papi per la fama e l'anzianità della loro città" (Enciclica dei patriarchi orientali, 1848). Queste affermazioni sono recenti o sono maturate gradualmente? L'introduzione del modello papista nell'ecclesiologia ortodossa è stato graduale. È stato messo in atto, in particolare, attraverso il dialogo ortodosso-cattolico: noi vi abbiamo partecipato, ma non partecipiamo più. Volevano adottare un documento che stabilisse i fondamenti teologici del modello papista dell'organizzazione della Chiesa. L'argomento era il seguente: all'interno della santissima Trinità c'è un primato di Dio Padre e una conciliarità del Figlio e dello Spirito Santo. Allo stesso modo, nella Chiesa, i principi del primato e della conciliarità devono operare a tutti i livelli. A livello diocesano, è il vescovo che svolge il ruolo di primate, mentre i sacerdoti assicurano la conciliarità. A livello di Chiesa locale, il primate è il primo ierarca, mentre la conciliarità è attuata dai vescovi. Anche a livello di Chiesa universale, quindi, deve esserci un "primo", con gli altri soggetti a lui. L'autore di questo disegno è il metropolita Ioannis (Zizoulias). Attraverso il dialogo ortodosso-cattolico, costui ha cercato di imporre quest'idea a tutte le Chiese ortodosse locali. Ma ha incontrato una dura opposizione, soprattutto da parte della Chiesa ortodossa russa. Noi non abbiamo trovato né nella Tradizione, né nelle opere dei Padri, né nei canoni nulla che possa supportare questa teoria. Dopo il Concilio di Creta, Costantinopoli ha affermato i suoi pieni poteri e privilegi. Ora cerca di mostrarci che il patriarca di Costantinopoli è l'arbitro supremo in tutte le controversie e in tutte le situazioni di conflitto all'interno delle Chiese locali o tra di loro, indipendentemente dalla posizione di queste Chiese. Per esempio, un chierico della Chiesa russa che è stato deposto per qualche colpa potrebbe fare appello a Costantinopoli ed essere reintegrato negli ordini sacri. È esattamente ciò che è successo nel caso dell'ex metropolita di Kiev, Filaret (Denissenko), ridotto allo stato laicale, poi scomunicato. Ma il patriarca Bartolomeo, che ai suoi tempi aveva riconosciuto questa decisione, ha deciso di riportarlo "al suo rango". Quale ? Filaret si autodefinisce "patriarca di Kiev". Chi è lui per la Chiesa di Costantinopoli? Questo ripristino "al suo rango" non è avvenuto su richiesta della Chiesa russa, dalla quale è stato scomunicato, né su richiesta della Chiesa ortodossa ucraina, che è un'entità autogestita all'interno della Chiesa russa. Ha seguito la richiesta degli scismatici e delle autorità civili ucraine. In effetti, è un'ecclesiologia completamente nuova, fino ad allora inaudita. Allo stesso tempo, il patriarca di Costantinopoli ha dichiarato che l'Ucraina fa ora parte del suo territorio canonico. Perché non l'aveva detto prima? Perché la Chiesa ucraina, in tutti i calendari della Chiesa di Costantinopolita fino al 2018, fa parte del Patriarcato di Mosca, senza che si parli di alcuna dipendenza da Costantinopoli? Sono rimasti in silenzio per più di trecento anni e all'improvviso lo ricordano. Il patriarca Bartolomeo afferma ora di sostenere la presenza di sua Beatitudine il metropolita Onufrij e della Chiesa da lui diretta in Ucraina unicamente "per condiscendenza". È una situazione completamente assurda e insensata. Chi è lui, per giudicare? Questa Chiesa, che ha uno statuto di autonomia, che ha più di cento vescovi, 12.500 parrocchie, più di 250 monasteri, tra cui tre grandi Lavre, quella delle Grotte di Kiev, di Pochaev e di Svjatogorsk, lui la sostiene, a quanto pare, per condiscendenza! Ci viene ancora chiesto di cercare "compromessi", una cosiddetta "soluzione alla questione ucraina". Il patriarca Bartolomeo ha già "risolto" la questione ucraina. Con quale risultato? In precedenza era il primo tra pari nella famiglia dei primati delle Chiese ortodosse locali. Con l'accordo di queste Chiese, aveva anche alcune funzioni di coordinamento. Adesso non coordina più niente. È assente dai dittici della Chiesa ortodossa russa. Per decine di milioni di ortodossi in Russia, Ucraina, Bielorussia e altri paesi sotto la responsabilità canonica della Chiesa russa, ora è persona non grata. Lo scisma ucraino oggi sta avendo ripercussioni su tutta l'Ortodossia. Inoltre, questo scisma esiste all'interno di alcune Chiese locali. Ecco un esempio recente. L'arcivescovo di Cipro, su istigazione del patriarca di Costantinopoli, ha commemorato liturgicamente lo scismatico Epifanij. Il Sinodo della Chiesa cipriota si è diviso, alcuni vescovi si sono espressi categoricamente contro. Alla fine, è stato deciso che il Sinodo non si sarebbe "opposto" alla decisione dell'arcivescovo. Ovviamente è la nuova ecclesiologia che ci viene proposta: una persona decide e le altre non si oppongono alla sua decisione. Quest'ecclesiologia non è adatta a noi nella Chiesa russa. Non possiamo andare contro la nostra fede e non agiremo contro la nostra fede, contro la Tradizione, specialmente contro l'ecclesiologia ortodossa. Conosciamo le parole di san Paolo: "Se anche un angelo dal cielo vi annuncia un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!" (Gal 1:8). Già nel 2008, il Concilio episcopale della nostra Chiesa avvertiva il patriarca di Costantinopoli: smettila di riscrivere la dottrina ortodossa della Chiesa e dell'autorità nella Chiesa, non servirà a niente. Sfortunatamente, allora non ci ha ascoltato, e neppure ora ci ascolta. Cosa dire ? Secondo la parola del Signore, "li riconoscerete dai loro frutti" (Mt 7:16), possiamo già vedere quali sono i frutti dell'arbitrio del patriarca di Costantinopoli. Il patriarca Bartolomeo assicura che sono i Concili ecumenici che hanno concesso pieni poteri ai primati costantinopolitani. È così? I decreti dei Concili ecumenici sono parte integrante della Tradizione ortodossa, sono conservarti con devozione. Ma i decreti dei Concili non menzionano nessun altro primato nella Chiesa se non un "primato d'onore". C'è il famoso Canone 28 del Concilio di Calcedonia che proclama: "I padri giustamente concessero privilegi al trono della vecchia Roma, perché essa era la città imperiale. E i 150 piissimi vescovi, mossi dalla stessa considerazione, diedero pari privilegi al santissimo trono della Nuova Roma, giudicando giustamente che quella città che è onorata dalla sovranità e dal Senato, e gode di uguali privilegi della vecchia Roma imperiale, dovrebbe anche in materia ecclesiastica essere come lei magnificata, ed essere in rango accanto a lei; affinché nelle diocesi del Ponto, dell'Asia e della Tracia, i metropoliti e anche i vescovi delle diocesi di cui sopra che sono tra i barbari, debbano essere ordinati dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli". È tutto chiaro. La giurisdizione canonica del Patriarca di Costantinopoli è chiaramente definita: comprende tre diocesi (regioni) dell'Impero Romano, corrispondenti territorialmente all'incirca ai limiti dell'attuale Turchia. Si dice che il patriarca di Costantinopoli consacri non solo i loro metropoliti, ma anche i vescovi per i barbari (cioè per i non greci) che risiedono in queste tre regioni. Un'intera teoria è stata utilizzata impropriamente da questo canone, secondo la quale il patriarca di Costantinopoli dovrebbe avere giurisdizione su tutte le terre "barbare" in generale, tra cui Europa occidentale, Nord e Sud America, Australia, Asia orientale e sud-est asiatico. Costantinopoli si affida con la massima serietà a questo canone per fondare le sue pretese di giurisdizione universale, richiedendo che ad esso siano sottoposte le parrocchie di tutte le Chiese locali situate in queste regioni. Ma è un'esigenza arbitraria, di cui nulla trova fondamento nel canone a cui si riferisce. C'è anche il Canone 9 dello stesso Concilio di Calcedonia che proclama: "Se un vescovo o un chierico ha qualcosa contro il metropolita della provincia, deve portare la questione davanti al primate della diocesi o davanti alla sede di la città imperiale di Costantinopoli, e per renderle giustizia". Sulla base di questo canone, Costantinopoli afferma di avere il diritto di ricevere appelli da qualsiasi Chiesa locale. Ma questo non è corretto. Questo canone si applica solo alla Chiesa di Costantinopoli. In epoca contemporanea (XIX secolo), canonisti autorevoli come san Nicodemo l'Agiorita, per esempio, hanno smentito l'argomentazione di un cosiddetto diritto del patriarca di Costantinopoli ad "agire nelle diocesi e nelle regioni degli altri patriarchi", in particolare per esaminare appelli da queste zone. Ciò significa che il primato nella Chiesa ortodossa non è necessario di per sé? Cosa ne pensa la Chiesa ortodossa russa? L'opinione della nostra Chiesa sul primato è stata espressa dal Santo Sinodo nel 2013 in un documento intitolato "La posizione del Patriarcato di Mosca sul primato nella Chiesa universale". La Chiesa russa non ha mai negato l'esistenza di un primato d'onore nella Chiesa. Ma il primato, nella Chiesa ortodossa, deve essere bilanciato dalla conciliarità. È un principio fondante, citato nel Canone apostolico 34: "È bene che i vescovi di ogni popolo riconoscano tra di loro il primo e lo considerino un capo, non agendo in ciò che eccede il loro potere senza chiedere la sua opinione; che ciascuno agisca solo nel campo della propria diocesi e dei luoghi ad essa annessi. Ma anche il primo non faccia nulla senza il parere di tutti. Così vi sarà concordia e Dio sarà glorificato attraverso il Signore nello Spirito Santo, Padre, Figlio e Spirito Santo" C'è un altro punto di questo canone che il patriarca di Costantinopoli preferisce ignorare: agire solo nel dominio della propria diocesi e dei luoghi ad essa legati. I canoni dei Concili ecumenici definiscono abbastanza chiaramente i limiti canonici del Patriarcato di Costantinopoli: coincidono approssimativamente con i confini dell'attuale Turchia. Ma il patriarca Bartolomeo vuole estendere il suo potere ad altre Chiese, il che è contrario ai canoni della Chiesa. Infine, attirerò l'attenzione su queste parole: "i vescovi di ogni popolo". Esse esprimono il principio di località. Il primate è primate a livello locale, non a livello universale. Non esiste un canone del tempo dei Concili ecumenici che stabilisca i pieni poteri di un primo vescovo a livello universale. Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha violato apertamente e consapevolmente il principio fondante della conciliarità. Non solo non ha accettato i consigli delle altre Chiese sulla questione ucraina, ma ha agito come ha agito contro la loro volontà. Ha fatto irruzione nei territori della Chiesa russa, dichiarando che tali territori erano suoi. È entrato in comunione eucaristica con scismatici che non sono mai stati ordinati canonicamente, e per questo ha perso il suo ruolo di coordinatore nell'Ortodossia e ha perso il diritto al primato d'onore nella Chiesa ortodossa. |
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