Nell’ambito della collaborazione scientifica e didattica tra l’Orientale
di Napoli e il Centro di Studi Albanologici Interuniversitari di Tirana
è uscita l’edizione critica del romanzo arbëresh Sofia e Kominiatëve.
Il romanzo è stato scritto negli anni ’70 del XIX secolo da Francesco
Antonio Santori (1819-1894), di S. Caterina Albanese (CS), e, come tante
altre sue opere, era rimasto inedito fino ad oggi.
Tutti gli studiosi di letteratura albanese, vista l’importanza dell’opera, hanno sempre auspicato la sua pubblicazione. A questa esigenza da risposta oggi la Dott.ssa Merita Sauku-Bruci, dell’Istituto di Linguistica e Letteratura di Tirana e già Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Studi dell’Europa Orientale dell’Università di Napoli L’Orientale, pubblicandone l’editio princeps.
La pubblicazione di quest’opera viene, pertanto, a colmare un vuoto nella storia della prosa e di tutta la letteratura albanese e influenzerà la stessa lettura della letteratura albanese dell’Ottocento.
L’edizione critica di Sofia e Kominiatëve è stata condotta sugli autografi del Santori custoditi nella Biblioteca Civica di Cosenza, tra i cui manoscritti la filologa Sauku-Bruci ha rintracciato, tra l’altro, lo studio dello stesso Santori sull’alfabeto del Romanzo che viene pubblicato anch’esso per la prima volta e giustamente utilizzato per la retta trascrizione del tesTo in oggetto.
Questo I Volume ci presenta il testo albanese del romanzo Sofia e Kominiatëve, trascritto nell’alfabeto odierno albanese, con le necessarie integrazioni scaturite dalle accortezze che l’edizione critica comporta nel rispetto fedele di tutte le particolarità linguistiche espresse dall’Autore.
L’edizione si caratterizza per la singolare attenzione che la curatrice ha profuso per offrire ai lettori il testo del romanzo nella massima autenticità e per non tradire minimamente la volontà dell’Autore.
Il testo del romanzo è corredato da un ricco apparato critico dove sono registrate le varianti d’autore e gli interventi della curatrice, con scrupolosa documentazione per zelo di trasparenza e per offrire materiale necessario ad eventuali interpretazioni alternative.
Ritorna puntuale il principio del filologo classico Pasquale Baffi di S. Sofia d’Epiro (1749-1799) sulla “provvisorietà dei risultati ottenuti”, un criterio metodologico che recepisce gli indirizzi scientifici della filologia europea.
Precedono il testo del romanzo i Prolegomeni, un’ampia trattazione di tutti i problemi connessi al manoscritto e ai criteri adottati nella trascrizione. La filologa Sauku-Bruci ha presentato la storia dei manoscritti soffermandosi diffusamente sulla descrizione dettagliata degli autografi tanto arbëreshë che italiani; ha, quindi, esposto con rigore le varianti del sistema alfabetico santoriano con riferimenti alla sua evoluzione e in particolare al sistema adottato nel romanzo, di cui il Santori ha lasciato una preziosa redazione, importantissima chiave di lettura.
Molta attenzione dedica la curatrice ai criteri editoriali per dare al lettore giustificazione della interpretazione soprattutto nei casi di “lezioni” non sempre univoche.
I Prolegomeni si concludono con una esposizione del contenuto del romanzo, in cui, tra l’altro si dà ragione del titolo albanese Sofia e Kominiatëve, che ricorre all’interno del testo albanese, come si può leggere in 4ª di copertina – il manoscritto, infatti, è acefalo - e di Sofia Cominiate, per il testo italiano, come voluto dall’Autore stesso.
Si ricorda che il Vol. II, contenente il testo italiano di Sofia Cominiate e la concordanza del lessico arbëresh, uscirà tra breve dalle stampe.
L’azione del romanzo si svolge, in gran parte, nel Palazzo del Barone Battiggera di Rossano Calabro, dove giunge, dopo un drammatico naufragio la giovane albanese Sofia. Nella prima metà del XIX secolo continua a sopravvivere il costume dei potenti di farsi procurare avvenenti fanciulle. E Sofia, giovane sposa del principe Aidino, dopo il disastro del naufragio incorso durante il viaggio di nozze, sarà consegnata prima ai briganti e da questi al Barone. Tragica la conclusione: giungerà allo stesso posto anche il giovane marito Aidino, ferito e ridotto in fin di vita dai pirati, il quale si troverà di fronte alla sposa, anche lei in fin di vita per una grave malattia. I due sventurati si spegneranno l’una sull’altro, disperati e straziati dal dolore. Il romanzo rimane aperto: insieme a Sofia era giunto anche il fratello più piccolo che, testimone del destino riservato alla sorella, nonostante le buone attenzione riservategli nel Palazzo, ora si dibatte tra l’accettazione dello stato in cui si trova, e il desiderio di vendetta.
Particolari sono le descrizioni dell’ambiente dove si svolgono i fatti: il Palazzo sontuoso di Rossano, le feste da ballo, le manifestazioni teatrali, i concerti, le cerimonie, i costumi, la ricchezza e la varietà degli addobbi. Ricca anche la galleria dei personaggi: dai prìncipi ai banditi, dai capitani di polizia corrotti ai contrabbandieri, dagli artisti ai professori del Collegio di S. Adriano di S. Demetrio Corone.
L’Autore sa evidenziare gli stili di vita, le mentalità, le usanze, i ruoli e i comportamenti dei personaggi dell’ambiente calabrese e arbëresh della prima metà dell’800, con interessanti riferimenti alla cultura popolare degli arbëreshë dell’epoca, che si dispiega tra la ridda delle valle e delle ruzalle, in un contesto calabrese più ampio che stenta a venire fuori dal feudalesimo del passato.
La lingua del romanzo Sofia e Kominiatëve si presenta con un frasario ampio, ben intrecciato per argomentare compiutamente la complessità della narrazione; si presenta anche con un lessico ricco, appartenente, in gran parte, al patrimonio lessicale mantenutosi vivo nelle varie parlate delle comunità arbëreshe d’Italia, con poche concessioni agli italianismi, semmai con il ricorso a termini tratti dall’opera Cuneus Prophetarum di Pietro Bogdani, che il Santori esplicitamente ci ricorda come fonte da cui ha attinto molti termini. E’ la varietà che contraddistingue le forme fono-morfologiche del romanzo. Alla base rimane la parlata della sua comunità, allargata in primis alle parlate viciniori, e poi a quelle più lontane con fenomeni vieppiù diversificati.
Il volume è introdotto da uno saggio del Prof. Italo Costante Fortino, dell’Orientale di Napoli, sulla letteratura arbëreshe dell’Ottocento, che tende ad evidenziarne tanto la rilevanza estetica, quanto il valore culturale e politico nei confronti della minoranza arbëreshe, che cominciava a prendere consapevolezza del ruolo che aveva nell’ambito della comunità nazionale italiana, ma anche nei confronti dell’Albania che ancora giaceva sotto dominazione ottomana dopo ben quattro secoli.
In sintesi l’opera del Santori si rivela innovativa nell’ambito della stessa letteratura arbëreshe dell’Ottocento con il suo particolare approccio realistico quando tocca aspetti della realtà sociale calabrese e arbëreshe sia prima che dopo l’unità d’Italia.
Tutti gli studiosi di letteratura albanese, vista l’importanza dell’opera, hanno sempre auspicato la sua pubblicazione. A questa esigenza da risposta oggi la Dott.ssa Merita Sauku-Bruci, dell’Istituto di Linguistica e Letteratura di Tirana e già Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Studi dell’Europa Orientale dell’Università di Napoli L’Orientale, pubblicandone l’editio princeps.
La pubblicazione di quest’opera viene, pertanto, a colmare un vuoto nella storia della prosa e di tutta la letteratura albanese e influenzerà la stessa lettura della letteratura albanese dell’Ottocento.
L’edizione critica di Sofia e Kominiatëve è stata condotta sugli autografi del Santori custoditi nella Biblioteca Civica di Cosenza, tra i cui manoscritti la filologa Sauku-Bruci ha rintracciato, tra l’altro, lo studio dello stesso Santori sull’alfabeto del Romanzo che viene pubblicato anch’esso per la prima volta e giustamente utilizzato per la retta trascrizione del tesTo in oggetto.
Questo I Volume ci presenta il testo albanese del romanzo Sofia e Kominiatëve, trascritto nell’alfabeto odierno albanese, con le necessarie integrazioni scaturite dalle accortezze che l’edizione critica comporta nel rispetto fedele di tutte le particolarità linguistiche espresse dall’Autore.
L’edizione si caratterizza per la singolare attenzione che la curatrice ha profuso per offrire ai lettori il testo del romanzo nella massima autenticità e per non tradire minimamente la volontà dell’Autore.
Il testo del romanzo è corredato da un ricco apparato critico dove sono registrate le varianti d’autore e gli interventi della curatrice, con scrupolosa documentazione per zelo di trasparenza e per offrire materiale necessario ad eventuali interpretazioni alternative.
Ritorna puntuale il principio del filologo classico Pasquale Baffi di S. Sofia d’Epiro (1749-1799) sulla “provvisorietà dei risultati ottenuti”, un criterio metodologico che recepisce gli indirizzi scientifici della filologia europea.
Precedono il testo del romanzo i Prolegomeni, un’ampia trattazione di tutti i problemi connessi al manoscritto e ai criteri adottati nella trascrizione. La filologa Sauku-Bruci ha presentato la storia dei manoscritti soffermandosi diffusamente sulla descrizione dettagliata degli autografi tanto arbëreshë che italiani; ha, quindi, esposto con rigore le varianti del sistema alfabetico santoriano con riferimenti alla sua evoluzione e in particolare al sistema adottato nel romanzo, di cui il Santori ha lasciato una preziosa redazione, importantissima chiave di lettura.
Molta attenzione dedica la curatrice ai criteri editoriali per dare al lettore giustificazione della interpretazione soprattutto nei casi di “lezioni” non sempre univoche.
I Prolegomeni si concludono con una esposizione del contenuto del romanzo, in cui, tra l’altro si dà ragione del titolo albanese Sofia e Kominiatëve, che ricorre all’interno del testo albanese, come si può leggere in 4ª di copertina – il manoscritto, infatti, è acefalo - e di Sofia Cominiate, per il testo italiano, come voluto dall’Autore stesso.
Si ricorda che il Vol. II, contenente il testo italiano di Sofia Cominiate e la concordanza del lessico arbëresh, uscirà tra breve dalle stampe.
L’azione del romanzo si svolge, in gran parte, nel Palazzo del Barone Battiggera di Rossano Calabro, dove giunge, dopo un drammatico naufragio la giovane albanese Sofia. Nella prima metà del XIX secolo continua a sopravvivere il costume dei potenti di farsi procurare avvenenti fanciulle. E Sofia, giovane sposa del principe Aidino, dopo il disastro del naufragio incorso durante il viaggio di nozze, sarà consegnata prima ai briganti e da questi al Barone. Tragica la conclusione: giungerà allo stesso posto anche il giovane marito Aidino, ferito e ridotto in fin di vita dai pirati, il quale si troverà di fronte alla sposa, anche lei in fin di vita per una grave malattia. I due sventurati si spegneranno l’una sull’altro, disperati e straziati dal dolore. Il romanzo rimane aperto: insieme a Sofia era giunto anche il fratello più piccolo che, testimone del destino riservato alla sorella, nonostante le buone attenzione riservategli nel Palazzo, ora si dibatte tra l’accettazione dello stato in cui si trova, e il desiderio di vendetta.
Particolari sono le descrizioni dell’ambiente dove si svolgono i fatti: il Palazzo sontuoso di Rossano, le feste da ballo, le manifestazioni teatrali, i concerti, le cerimonie, i costumi, la ricchezza e la varietà degli addobbi. Ricca anche la galleria dei personaggi: dai prìncipi ai banditi, dai capitani di polizia corrotti ai contrabbandieri, dagli artisti ai professori del Collegio di S. Adriano di S. Demetrio Corone.
L’Autore sa evidenziare gli stili di vita, le mentalità, le usanze, i ruoli e i comportamenti dei personaggi dell’ambiente calabrese e arbëresh della prima metà dell’800, con interessanti riferimenti alla cultura popolare degli arbëreshë dell’epoca, che si dispiega tra la ridda delle valle e delle ruzalle, in un contesto calabrese più ampio che stenta a venire fuori dal feudalesimo del passato.
La lingua del romanzo Sofia e Kominiatëve si presenta con un frasario ampio, ben intrecciato per argomentare compiutamente la complessità della narrazione; si presenta anche con un lessico ricco, appartenente, in gran parte, al patrimonio lessicale mantenutosi vivo nelle varie parlate delle comunità arbëreshe d’Italia, con poche concessioni agli italianismi, semmai con il ricorso a termini tratti dall’opera Cuneus Prophetarum di Pietro Bogdani, che il Santori esplicitamente ci ricorda come fonte da cui ha attinto molti termini. E’ la varietà che contraddistingue le forme fono-morfologiche del romanzo. Alla base rimane la parlata della sua comunità, allargata in primis alle parlate viciniori, e poi a quelle più lontane con fenomeni vieppiù diversificati.
Il volume è introdotto da uno saggio del Prof. Italo Costante Fortino, dell’Orientale di Napoli, sulla letteratura arbëreshe dell’Ottocento, che tende ad evidenziarne tanto la rilevanza estetica, quanto il valore culturale e politico nei confronti della minoranza arbëreshe, che cominciava a prendere consapevolezza del ruolo che aveva nell’ambito della comunità nazionale italiana, ma anche nei confronti dell’Albania che ancora giaceva sotto dominazione ottomana dopo ben quattro secoli.
In sintesi l’opera del Santori si rivela innovativa nell’ambito della stessa letteratura arbëreshe dell’Ottocento con il suo particolare approccio realistico quando tocca aspetti della realtà sociale calabrese e arbëreshe sia prima che dopo l’unità d’Italia.
A cura di Italo Costante Fortino e Merita Sauku-Bruci - Università L'Orientale di Napoli
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