Non per galateo ma per obbedienza all'unico Signore
di ANDREA PALMIERI
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani
Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani
Il
dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa
prosegue il suo cammino nel contesto di una fitta trama di rapporti
personali e istituzionali, che, nell'anno da poco trascorso, hanno
conosciuto un ulteriore sviluppo e una nuova profondità. Si tratta del
dialogo della vita che comprende visite fraterne, come, a esempio,
quella dell'arcivescovo di Nea Giustiniana e tutta Cipro Chrysostomos II
a Papa
Benedetto XVI che ha avuto luogo lo scorso marzo, ma anche scambi di
delegazioni, collaborazioni in diversi campi, contatti epistolari. Tutto
ciò, lungi dall'essere espressione di un semplice "galateo" ecumenico,
contribuisce in maniera efficace alla formazione di una più matura
interiorità dei singoli, ma anche delle stesse Chiese, in quanto si
superano le antiche barriere e i vecchi pregiudizi.
Un momento di particolare visibilità del progresso di queste relazioni
fraterne è stato la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la
pace e la giustizia nel mondo, celebrata ad Assisi il 27 ottobre scorso.
La presenza di numerosi rappresentanti provenienti da altre Chiese e
comunità ecclesiali - tra i quali, per quanto riguarda le Chiese
ortodosse, vi erano il Patriarca ecumenico Bartolomeo, l'arcivescovo di
Tirana e tutta l'Albania, e delegati dei patriarcati di Alessandria,
Antiochia, Mosca, Serbia, Romania e delle Chiese ortodosse di Cipro e
Polonia - ha manifestato in maniera visibile la comune preoccupazione
per le sorti dell'umanità. Il potere testimoniare insieme il proprio
anelito per la pace e la giustizia nel mondo, in questi tempi difficili
nei quali per molti aspetti regnano la frammentazione e
l'individualismo, rappresenta una conquista del movimento ecumenico, che
nella sua espressione più profonda è obbedienza all'unico Signore. In
questo contesto, il dialogo teologico, condotto dalla Commissione mista
internazionale, ha ripreso il suo lavoro attraverso le strutture di cui
tradizionalmente si avvale, quali le sottocommissioni e il comitato di
coordinamento, con l'intento di superare gli ostacoli emersi nel corso
della sessione plenaria di Vienna. La sessione plenaria di Vienna (2010)
era stata dedicata allo studio, già avviato nel precedente incontro di
Cipro (2009), della questione del ruolo del vescovo di Roma nella
comunione della Chiesa nel primo millennio, sulla base di un testo
elaborato dal Comitato misto di coordinamento nel 2008. Con questo testo
si intendeva proseguire la riflessione sul tema del primato nella
Chiesa universale, inaugurata con la sessione plenaria di Ravenna
(2007). In quella sede, la Commissione aveva approvato e pubblicato un
documento dal titolo Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della
natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e
autorità, nel quale cattolici e ortodossi affermavano insieme, per la
prima volta, la necessità di un primato al livello di Chiesa universale e
concordavano sul fatto che questo primato spettava alla sede di Roma e
al suo vescovo, mentre riconoscevano ancora aperta la questione relativa
al modo di comprendere e all'esercizio di questo primato, nonché ai
fondamenti scritturistici e teologici.
Sulla
base di quanto affermato nel documento di Ravenna, la Commissione aveva
elaborato un progetto di lavoro, secondo il quale l'attenzione si
sarebbe concentrata innanzitutto sul primo millennio quando i cristiani
di Oriente e Occidente erano uniti. Il Comitato misto di coordinamento
aveva quindi redatto una bozza di documento, che, seguendo una
metodologia prevalentemente storica, prendeva in considerazione una
serie d'eventi e di fonti patristiche e canoniche che mostravano che,
nel periodo in oggetto, la Chiesa di Roma aveva un posto distinto tra le
Chiese e aveva esercitato una particolare influenza in materia
dottrinale, disciplinare e liturgica.
Tuttavia,
al termine della sessione plenaria di Vienna, malgrado l'impegno
profuso, non era stato possibile trovare un accordo per la pubblicazione
di un documento comune. Alcuni membri ortodossi consideravano il testo
in esame sbilanciato verso la posizione cattolica in quanto privo di
riferimenti alle altri grandi sedi ecclesiastiche della Chiesa antica e
al loro ruolo nei Concili ecumenici. Altri esprimevano la loro
perplessità di fronte alla possibilità di approvare un testo di
carattere essenzialmente storico da parte di una commissione teologica.
Dopo una lunga discussione, la delegazione cattolica accettò la proposta
di considerare il testo come uno strumento di lavoro da utilizzare per
le successive tappe del dialogo. Animati dalla ferma volontà di
continuare il dialogo sulla strada aperta dal documento di Ravenna, i
membri della Commissione decidevano di affidare a una sottocommissione
il compito di preparare la bozza di un nuovo documento da sottoporre in
seguito allo studio del Comitato di coordinamento, in vista di una
futura sessione plenaria da convocare appena possibile. In particolare,
si stabiliva che il nuovo testo dovesse prendere in considerazione il
tema del primato nel contesto della sinodalità da una prospettiva più
marcatamente teologica.
Facendo
seguito a queste decisioni, una sottocommissione mista si è riunita dal
13 al 17 giugno 2011 a Rethymno (Creta, Grecia) su invito del
metropolita ortodosso del luogo, Eugenios. Alla riunione, presieduta dal
cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell'Unità dei Cristiani, e dal metropolita di Pergamo
Ioannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico, erano presenti sei
rappresentanti cattolici e quattro ortodossi provenienti da diverse
Chiese autocefale (Patriarcato ecumenico, Patriarcato di Mosca,
Patriarcato di Serbia, Chiesa di Cipro). All'inizio dell'incontro, un
cattolico e un ortodosso hanno presentato testi che esprimevano il loro
rispettivo punto di vista sul tema del rapporto teologico ed
ecclesiologico tra primato e sinodalità. Di fatto, però, i due testi
seguivano una differente metodologia: quello cattolico, facendo ampio
riferimento alla storia della teologia, presentava la dottrina cattolica
del primato nel quadro dell'ecclesiologia eucaristica; quello
ortodosso, partendo da un approccio sistematico-speculativo del mistero
trinitario, cristologico ed eucaristico, si proponeva di spiegare la
necessità di un primato a livello universale da esercitare nel contesto
della sinodalità. Si rivelava, pertanto, particolarmente ardua l'impresa
di preparare un testo comune condiviso. Per evitare che la riunione si
concludesse senza portare a termine il compito affidato, la
sottocommissione decideva di utilizzare come base della discussione il
testo proposto dagli ortodossi, proponendo degli emendamenti per
ampliarne la prospettiva. Si riusciva in tal modo a produrre un testo da
sottoporre allo studio del Comitato misto di coordinamento.
La
riunione del Comitato misto di coordinamento ha avuto luogo a Roma dal
21 al 26 novembre 2011. Tale organismo era composto da nove membri
cattolici e da nove ortodossi (Patriarcato ecumenico, Patriarcato di
Alessandria, Patriarcato di Mosca, Patriarcato di Serbia, Patriarcato di
Romania, Chiesa di Cipro, Chiesa di Grecia) sotto la presidenza del
cardinale Koch e del metropolita Ioannis. Nel corso della riunione i
lavori sono proceduti molto lentamente. L'impostazione
sistematico-speculativa della bozza del documento, ereditata dal testo
preparatorio proposto dalla parte ortodossa, suscitava non poche riserve
in alcuni membri cattolici. A questo si aggiungeva il fatto che non
tutti i membri ortodossi si riconoscevano in ciò che nel documento in
esame veniva presentato come la posizione ortodossa sul primato al
livello della Chiesa universale, rendendo complicato per i cattolici
comprendere il punto di vista ortodosso. A motivo di queste difficoltà,
il Comitato di coordinamento non ha potuto completare lo studio della
bozza di documento, ma ha fissato un nuovo incontro per il prossimo anno
al fine di proseguire la revisione del documento, chiedendo nel
frattempo a un piccolo gruppo di redazione di riscrivere alcuni
paragrafi problematici.
Un
caloroso invito a proseguire sulla strada del dialogo con fiduciosa
speranza, malgrado la consapevolezza delle difficoltà del momento, è
stato espresso da Papa Benedetto XVI, nel discorso pronunciato davanti
ai membri della delegazione del Patriarcato ecumenico in visita a Roma
per la festa dei santi Pietro e Paolo, lo scorso giugno: "Seguiamo con
grande attenzione il lavoro della Commissione mista per il dialogo
teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme.
A uno sguardo puramente umano, si potrebbe essere presi
dall'impressione che il dialogo teologico fatichi a procedere. In
realtà, il ritmo del dialogo è legato alla complessità dei temi in
discussione, che esigono uno straordinario impegno di studio, di
riflessione e di apertura reciproca. Siamo chiamati a continuare insieme
nella carità questo cammino, invocando dallo Spirito Santo luce e
ispirazione, nella certezza che egli vuole condurci al pieno compimento
della volontà di Cristo: che tutti siano uno (Giovanni, 17, 21)". A sua
volta, il Patriarca ecumenico Bartolomeo, rivolgendosi alla delegazione
della Santa Sede in visita a Costantinopoli in occasione della festa di
sant'Andrea, il 30 novembre scorso, tra le altre cose affermava: "Il
lavoro di questa Commissione è lungi dall'essere semplice, poiché i
problemi che si sono accumulati nel corso di molti secoli, in seguito al
reciproco estraniamento e talvolta alla disputa tra le due Chiese,
esigono uno studio e una riflessione attenti. Tuttavia, con la guida del
Consolatore, con buona volontà da entrambe le parti e il riconoscimento
del nostro dovere dinanzi al Signore e agli uomini, si arriverà agli
esiti auspicati, quando il Padrone della vigna lo riterrà opportuno".
Nel corso del 2011, dunque, il superamento degli ostacoli incontrati
nella plenaria di Vienna è riuscito solo in parte. Il raggiungimento di
un consenso condiviso tra cattolici e ortodossi sulla cruciale questione
del primato al livello della Chiesa universale richiede ancora molto
impegno da parte della Commissione mista. Alla complessità del tema che è
stato per secoli al centro del contenzioso tra la Chiese di Oriente e
di Occidente, si aggiunge la necessità di una laboriosa riflessione
sulla metodologia con cui si tratta l'argomento. La consapevolezza delle
differenze che si sono sviluppate nel corso dei secoli, che sembrano
riguardare il modo stesso di fare teologia, non deve tuttavia far
dimenticare che cattolici e ortodossi condividono la preziosa eredità
del patrimonio di fede e delle discipline ecclesiastiche della Chiesa
del primo millennio. In maniera significativa, il Santo Padre,
incontrando i rappresentanti delle Chiese ortodosse e orientali
ortodosse presenti in Germania, durante il viaggio apostolico in quella
nazione il 24 settembre 2011, affermava: "Senza dubbio, fra le Chiese e
le comunità cristiane, l'Ortodossia, teologicamente, è la più vicina a
noi; cattolici ed ortodossi hanno conservato la medesima struttura della
Chiesa delle origini; in questo senso tutti noi siamo "Chiesa delle
origini", che tuttavia è sempre presente e nuova. E così osiamo sperare,
anche se da un punto di vista umano emergono ripetutamente difficoltà,
che non sia troppo lontano il giorno in cui potremo di nuovo celebrare
insieme l'Eucaristia". È con questa convinzione che cattolici e
ortodossi devono continuare il dialogo teologico per chiarire le
differenze teologiche il cui superamento è indispensabile per il
ristabilimento della piena unità, che è la meta per la quale si sta
lavorando. Si tratta, come si è visto, di un impegno che in questo
momento non sembra facile, ma che è irrinunciabile perché corrisponde
alla volontà di Dio, nella fondata speranza che lo Spirito Santo,
secondo i suoi imperscrutabili disegni, porterà a compimento.
(©L'Osservatore Romano 19 gennaio 2012)
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