Il metropolita Hilarion alla Convocazione ecumenica internazionale per la pace
Il metropolita, che è a capo di una nutrita delegazione del Patriarcato di Mosca, è intervenuto dopo i saluti iniziali delle autorità dello stato, delle Chiese locali e del Consiglio ecumenico delle Chiese.
Il suo intervento era dedicato all’analisi delle forme e proporzioni che la violenza sta assumendo nel mondo contemporaneo. La questione fondamentale che si pone oggi ai cristiani può essere, a suo parere, così formulata: che misure dobbiamo prendere, con uno sforzo comune, davanti alla minaccia del diffondersi della violenza, dell’aggressività, dello sfruttamento e del terrore?
Il capo della delegazione della Chiesa Russa ha fatto notare che purtroppo nel mondo contemporaneo diventa sempre più evidente una contraddizione fondamentale: da un lato si fa più attiva la “retorica pacifista” a livello dei governi e delle organizzazioni internazionali; dall’altro, aumenta la propaganda della violenza nella vita quotidiana, principalmente attraverso la televisione, il cinema e i mass-media.
“Il profitto economico dovuto alla diffusione di questi videomateriali è così grande che facilmente spinge a chiudere gli occhi sul contrasto tra la retorica ufficiale e ciò che ogni giorno vediamo al piccolo schermo”, ha detto il metropolita. “La società pluralistica contemporanea non può giudicare in maniera adeguata le conseguenze catastrofiche di una tale contraddizione tra parole e azioni, poiché nella nostra società c’è posto per ogni tipo di male nascosto, al più spesso, sotto i concetti di “libertà di scelta”, “libertà di parola”, “libertà di autoespressione” e “libertà della persona” “.
Per essere una voce profetica nel mondo, e non solo una voce che grida nel deserto, i cristiani devono “condannare senza paura le ingiustizie del mondo contemporaneo, non temendo per la propria reputazione agli occhi dei potenti e dei mezzi di comunicazione da essi controllati“.
Nello stesso tempo, secondo il metropolita, nel mondo di oggi esiste anche una tendenza positiva di condanna della violenza. Se prima di parlava di violenza in modo astratto e generico, come «non rispetto della libertà religiosa nei confronti di alcune minoranze», oggi cominciano a levarsi più chiaramente voci in difesa dei cristiani perseguitati per la fede in molte regioni del mondo, in particolare nei paesi musulmani.
Purtroppo i cristiani in genere non difendono che in maniera passiva i propri fratelli di fede perseguitati. E’ urgente passare dalle dichiarazioni di condanna puramente verbale all’organizzazione di un sistema di difesa dei cristiani oppressi. Le Chiese cristiane devono dare un contenuto concreto al proprio impegno in favore della pace, preoccupandosi prima di tutto dei propri fratelli e delle proprie sorelle sottoposti a persecuzioni in varie parti del mondo, secondo la parola dell’apostolo Paolo: «Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede» (Gal 6, 10).
Alla fine del proprio intervento, il metropolita ha esortato tutti, «coloro che esercitano il potere, e i semplici credenti, a manifestare la propria solidarietà con i cristiani perseguitati».
«L’avvenire dell’umanità deve essere costruito sulla pace e la giustizia, comandateci da Dio. In caso contrario, l’umanità non avrà un avvenire», ha concluso.
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