Perché abbandonai la Chiesa Cattolica Romana |
Scritto da Paul Ballester Convalier |
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Non è scopo di queste pagine una personale giustificazione della
conversione dell’autore all’Ortodossia, ma esse, costituiscono una
testimonianza apologetica, commovente e riconoscente della purezza della
fede e dell’arditezza del suo insegnamento. L’originalità del presente
studio, non consiste precisamente nel tema, per il quale sono già state
scritte innumerevoli opere teoriche sotto ogni punto di vista
ecclesiastico, ma nella maniera originale con cui esso viene svolto.
Padre Ballester non si è contentato di presentare semplicemente la
teorica espressione del suo giudizio teologico; egli è possessore di un
modo di vivere teologico dal quale si è mosso verso il più doloroso dei
cammini spirituali, verso il più penoso dei sacrifici: l’abbandono della
sua Chiesa e l’allontanamento dalla sua patria. L’espressione di questo
modo di vivere teologico e della sua autosincerità, solo una speciale
ispirazione ed una rarissima forza di volontà gli potevano permettere di
trasmutarla in una splendida realtà. (…) [Marsiglia, Marzo 1954 - Stanislao Jedeezewsky]
I primi dubbi - Il
lungo e faticoso cammino della mia conversione all’Ortodossia ebbe
inizio, la prima volta, un giorno mentre ero occupato nella compilazione
dei cataloghi della biblioteca di quel monastero Cattolico-Romano al
quale appartenevo. Questo Monastero, uno dei più belli della Spagna
nord-orientale, appartiene all’Ordine Monastico di S. Francesco d’Assisi
ed è costruito sulla spiaggia mediterranea a pochi chilometri da
Barcellona, mia città nativa. I superiori del monastero mi avevano
incaricato di ricompilare i cataloghi delle opere e degli autori della
nostra ricca biblioteca conventuale, onde metterli al corrente circa
tutte le perdite d’incalcolabile valore che aveva subito durante
l’ultima guerra civile spagnola, quando il nostro monastero fu
incendiato e in parte distrutto dai comunisti. Una sera, quindi, mentre
ero tutto preso dal lavoro, nascosto dietro una montagna di vecchi libri
e manoscritti semi-bruciati, feci una scoperta che produsse in me
grande meraviglia. In una busta, contenente scritti riferentesi alla
Santa Inquisizione dell’anno 1647, trovai una copia in lingua latina di
un Editto di Papa Innocenzo X col quale si scomunicava quale eretico
ogni cristiano che osasse credere, seguire o comunicare ad altri
l’insegnamento dell’Apostolo Paolo circa l’autenticità della sua dignità
apostolica. Continuando poi questo straordinario scritto faceva obbligo
ad ogni fedele di credere, sotto la minaccia del castigo nell’oltre
tomba, che l’Apostolo Paolo, in tutta la sua vita ed azione apostolica,
cioè da quando si convertì al cristianesimo fino alla sua morte non
aveva esercitato la sua opera apostolica liberamente ed
indipendentemente da ogni potere temporale, ma contrariamente egli
dipendeva in ogni momento dalla monarchica autorità dell’Apostolo
Pietro, del Primo presunto Papa e Re della Chiesa. Questo assoluto
potere, aggiungeva lo scritto in parola, lo ereditarono per successione
diretta tutti gli altri Papi cioè i vescovi di Roma. (…)
Ciò nonostante, non mi
aspettavo mai che il fanatismo della mia chiesa l’avesse spinta al punto
di osare finanche la proibizione e la condanna d’insegnamenti che con
molta chiarezza sono contenuti nelle Sacre Scritture e che furono
insegnati dagli stessi Apostoli, come accadeva con lo scritto che tenevo
fra le mani. Questo superava ogni limite, perché scomunicare i fedeli
seguaci dell’insegnamento dell’Apostolo Paolo equivale ad una
incomprensibile condanna della dottrina Ortodossa di questo Apostolo, il
quale nella seconda sua Epistola ai Corinzi chiaramente dice che in
nulla fu inferiore a nessuno degli altri Apostoli (II Corinzi 11, 5 e
12, 11 «Io stimo di non essere in nulla inferiore ai sommi Apostoli» e
«in nulla sono stato da meno dei sommi Apostoli»). Quindi,
quell’Editto di Papa Innocenzo X, mi sembrava così incredibile che
preferii esaminare la possibilità di qualche errore tipografico o forse
qualche fatale contraffazione del testo autentico, cosa che d’altra
parte accadeva spesso all’epoca che la cronologia del documento
indicava. (…)
Molto presto, però, il
mio interessamento si mutò in turbamento, quando, dopo il confronto,
nella Biblioteca centrale di Barcellona, accertai che non solo questo
documento era assolutamente autentico (…)
L’Apostolo Paolo «chiamato all’apostolato non dagli uomini né per mezzo d’alcun uomo» (Galati 1, 1.) considerava Simone Pietro come il secondo, dopo Giacomo (Galati 2, 9.)
fra quelli «che sono reputati colonne» e che a Paolo piaceva di
chiamare così perché «erano considerati di essere qualcosa» nella Chiesa
di Cristo (Galati 2, 2.). Però, aggiunge in seguito, che, il
posto che essi prendono lo lascia completamente indifferente,
trattandosi di semplici preferenze personali, che Dio non tiene
seriamente in conto (Galati 2, 6). In ogni modo, l’Apostolo Paolo
categoricamente afferma che chiunque siano gli altri Apostoli, lui non
era inferiore a nessuno. Ciò per me era chiarissimo, specie se si prende
in considerazione la spiegazione dei Santi Padri che su tale punto, non
lascia alcun dubbio. (…)
Tutta la questione quindi
era chiarissima. Ciò nonostante il dogma Cattolico romano che insegnava
a riguardo perfettamente il contrario, mi poneva nel tremendo dilemma
di scegliere in coscienza e a dispormi o col Vangelo e la Tradizione da
una parte, o coll’insegnamento della mia Chiesa dall’altra. (…)
I consigli del confessore
- Essendomi trovato quale naufrago nella più inesorabile tempesta
spirituale mi indirizzai al mio Confessore, al quale esposi in modo
semplice e naturale il problema che mi tormentava. (…)
«Le Scritture ed i Santi
Padri – mi disse con il più naturale tono – vi hanno turbato. Lasciate
da parte queste due cose e limitatevi a seguire fedelmente l’infallibile
insegnamento della nostra Chiesa, senza indagare tanto nelle cose e
senza domandare molto. Non permettete che le creature di Dio, qualunque
esse siano, scandalizzino la vostra fede verso la Chiesa di Dio».
Tale inattesa risposta non fece altro che ingrandire maggiormente il mio turbamento spirituale. (…)
Il mio Confessore, senza
per nulla darmi tempo a proporre la benché minima obiezione aggiunse:
«Vi darò in cambio un elenco di nostri scrittori, nelle cui opere
potrete trovare di nuovo la vostra calma spirituale, perché è in questi
libri, che senza la minima difficoltà, potrete ritrovare l’insegnamento
della nostra Chiesa». (…)
Malgrado che le sue
argomentazioni non mi avessero, per nulla persuaso raggruppai tutti quei
libri con la decisione di studiarli con la maggiore possibile
obiettività e scrupolosità. La più grande parte di questi libri era
costituita da testi teologici e da manuali di decisioni papali e di
Sinodi «ecumenici» papali. Mi misi con premura e sincero interesse allo
studio di questi libri e senza prendere nessuna altra misura preventiva
che la Santa Scrittura che tenevo aperta davanti a me «la lampada ai
miei piedi e lume al mio sentiero» (…)
Avendo assoluta
convinzione di tutto ciò, convinzione, che d’allora in poi in nessun
modo m’abbandonò, scrissi al mio confessore la prima lettera dopo la
nostra separazione.
«Ho studiato i libri che
la Vostra Reverenza ebbe la bontà di consigliarmi. Ciò nonostante, la
mia coscienza non mi permette di trasgredire ai comandamenti di Dio
prestando fede ad insegnamenti umani che non hanno neppure la minima
base Biblica. Tali insegnamenti sono la catena degli insegnamenti sul
Papismo i quali vengono coronati dallo sragionamento sulla
infallibilità. «Noi possiamo riconoscere la vera Chiesa basandoci – dice
S. Agostino – sul criterio biblico, e non appoggiati su detti e su
sentenze, né sui Sinodi dei Vescovi, né sulla lettera morta dei dissidi,
chiunque essi siano, né su fallaci presagi e prodigi, ma soltanto su
ciò che si trova scritto sulle predicazioni dei Profeti, sui Salmi,
sulle parole dello stesso Buon Pastore Gesù, sulle opere e sugli
insegnamenti degli Evangelisti e in una parola, sulla canonica
autenticità delle Sacre Scritture». (...)
Terminai la lettera al
mio Confessore con queste parole: «Non mi allontanerò, quindi, mai da
ciò che costituisce il vero canone cristiano per la prova e la
conoscenza della vera fede e per la veridicità e genuinità di ogni
dogma: cioè non mi allontanerò mai e poi mai dall’autenticità della
parola di Dio e dalla Tradizione della sua Chiesa. E certo i vostri
dogmi sono inconciliabili con il detto canone».
La risposta non tardò a
venire: «La Vostra Reverenza non ha ascoltato i consigli e gli
orientamenti che le ho dato – lamentava il mio confessore – e ha
lasciato che la Bibbia continuasse la sua pericolosa influenza sulla sua
anima. I Santi Libri sono come il fuoco, il quale quando non illumina,
brucia e annerisce... e appunto per questa ragione i Papi saggiamente
decretarono che «si tratta di uno scandaloso errore credere che tutti
possono leggere le Sacre Scritture ed i nostri Teologi confermano che i
libri Sacri della Bibbia costituiscono una oscura nube, un recinto ove
anche gli atei ancora possono trincerarsi». «La fede nella chiarezza
delle Scritture costituisce un dogma eterodosso dicono i nostri
infallibili Capi. Riguardo poi alla Tradizione, non ritengo necessario
ricordare alla Reverenza Vostra, che dobbiamo «seguire innanzi tutto il
Papa quando si tratta di questioni di fede anziché a migliaia di Santi
Agostini, Girolami, Gregori, Crisostomi», ecc.. (…)
La mia Chiesa, colpendo
la S. Scrittura, non ottenne null’altro che perdere davanti ai miei
occhi ogni autorità, perché divenne simile a quelli eretici per i quali
S. Ireneo dice che «perché furono ripresi dalla parola di Dio
ritornarono di nuovo contro di Essa per criticarla». (…)
***
p. Paul-Convollier
Ballester è stato assassinato in Messico il 4 febbraio 1984. L'assassino
è un messicano di 70 anni, con precedenti militari, che soffriva di
malattie psichiatriche.
P.S.: il libro può essere richiesto all'associazione "Testimonianza Ortodossa"
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