di Francesco M.T. Tarantino
Oltre il presepio
Narra il vangelo di Luca al cap 2, verso 7; che Maria di
Nazareth, sposa di Giuseppe, recatisi a Betlemme per
un censimento ordinato da Cesare Augusto, “diede alla
luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in
una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.
Luca racconta che quella notte alcuni pastori stavano nei campi a fare la
guardia al loro gregge, quando si presentò loro un angelo e la gloria del
Signore risplendé intorno a loro; essi furono presi da grande timore.
L’angelo disse: ‹‹Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una
grande gioia che tutto il popolo avrà: “Oggi nella città di Davide, è nato per
voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno:
troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”››.
(Luca 2, 10-12).
Soffermandoci sulle brevi frasi riportate, vediamo che i pastori al
comparire dell’angelo furono presi da grande timore, tanto che l’angelo
stesso dovette rassicurarli dicendo loro: “Non temete”. Effettivamente era
accaduto un fatto straordinario, ossia un angelo che parlava con loro, che
comunicava loro la notizia che in Betlemme era nato un Salvatore e il
segno di tale evento era quel bambino avvolto nelle fasce e adagiato in
una mangiatoia. I pastori si recarono a Betlemme per vedere ciò che Dio,
mediante i suoi angeli, aveva fatto sapere loro. Il vangelo racconta che
“trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e
vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E
tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai
pastori”. (Confronta il vangelo di Luca cap 2, versi 16-18).
Come possiamo vedere tutti coloro che venivano a conoscenza di questa
nascita restavano stupiti come i pastori. Questo stupore era dovuto alla
Rivelazione di Dio: il Creatore del cielo e della terra che si fa bambino
come noi, che viene nel nostro mondo, pronto a vivere la nostra storia, il
nostro tempo, il nostro spazio; Dio infinito che diventa finito, invisibile che
si rende visibile con un corpo definito, che parla ed agisce come noi, e in
mezzo a noi. Ah, se come i pastori ce ne stupissimo veramente anche noi!
Sarebbe la vera celebrazione del Natale.
Se noi manifestassimo un autentico stupore per l’evento della nascita del
Salvatore, per questa Rivelazione di Dio che per noi diviene Dio proprio
perché si fa carne nell’uomo, e in particolare nell’uomo Gesù. Se anche
noi come i pastori ci lasciassimo penetrare dalle parole dell’angelo, e in
quel segno di “bambino avvolto nelle fasce e posto in una mangiatoia”,
www.faronotizie.it 2
scorgessimo il Salvatore, allora il Natale avrebbe un senso, quello di
richiamarci alla salvezza che passa proprio per quel bambino che inizia a
vivere con noi, e con noi agisce nella storia, nel nostro tempo, nel nostro
spazio.
Se dinanzi al presepio, avvertissimo l’eco delle parole dell’angelo: “Oggi
per voi è nato un Salvatore”, e davvero tale bella notizia ci stupirebbe
perché Dio stesso viene a condividere con noi gioie e dolori su questa
terra, assumendo la nostra condizione umana, allora il Natale ci
indurrebbe alla meditazione autentica del mistero dell’Incarnazione: Gesù
Cristo, Iddio che scende nella miseria dell’uomo senza smettere di essere
Dio.
Per tutti il Natale è l’evento della carità, la festa dell’amore. Bada bene:
l’amore non consiste nel fatto che “noi amiamo Dio” ma che “Egli ama
noi”; vedi la Prima lettera di Giovanni cap 4, verso 10: “In questo è
l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha
mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri
peccati”.
Il messaggio natalizio non è una filosofia o un sistema morale, né una
concezione; è parola di Dio il cui significato è un mistero divino che
richiama il processo compiutosi fra Dio e l’uomo, testimoniato dalla Sacra
Scrittura.
Il versetto 20 del cap 2 del Vangelo di Luca, recita: “E i pastori tornarono
indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com’era stato loro annunziato”.
Guardando il presepio, rivisitiamo la Scrittura leggendo le parole della
narrazione della nascita di Gesù con l’attenzione dovuta e proviamo ad
andare oltre le statuine e le luci; oltre il presepio!
E meditando l’evento dell’Incarnazione, glorifichiamo, come i pastori, il
nostro Dio nella persona di Gesù Cristo.
Solo così può avere senso il Natale, non dimenticando che per chi crede
ogni giorno è Natale.
Nazareth, sposa di Giuseppe, recatisi a Betlemme per
un censimento ordinato da Cesare Augusto, “diede alla
luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in
una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo”.
Luca racconta che quella notte alcuni pastori stavano nei campi a fare la
guardia al loro gregge, quando si presentò loro un angelo e la gloria del
Signore risplendé intorno a loro; essi furono presi da grande timore.
L’angelo disse: ‹‹Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una
grande gioia che tutto il popolo avrà: “Oggi nella città di Davide, è nato per
voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno:
troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”››.
(Luca 2, 10-12).
Soffermandoci sulle brevi frasi riportate, vediamo che i pastori al
comparire dell’angelo furono presi da grande timore, tanto che l’angelo
stesso dovette rassicurarli dicendo loro: “Non temete”. Effettivamente era
accaduto un fatto straordinario, ossia un angelo che parlava con loro, che
comunicava loro la notizia che in Betlemme era nato un Salvatore e il
segno di tale evento era quel bambino avvolto nelle fasce e adagiato in
una mangiatoia. I pastori si recarono a Betlemme per vedere ciò che Dio,
mediante i suoi angeli, aveva fatto sapere loro. Il vangelo racconta che
“trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e
vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E
tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai
pastori”. (Confronta il vangelo di Luca cap 2, versi 16-18).
Come possiamo vedere tutti coloro che venivano a conoscenza di questa
nascita restavano stupiti come i pastori. Questo stupore era dovuto alla
Rivelazione di Dio: il Creatore del cielo e della terra che si fa bambino
come noi, che viene nel nostro mondo, pronto a vivere la nostra storia, il
nostro tempo, il nostro spazio; Dio infinito che diventa finito, invisibile che
si rende visibile con un corpo definito, che parla ed agisce come noi, e in
mezzo a noi. Ah, se come i pastori ce ne stupissimo veramente anche noi!
Sarebbe la vera celebrazione del Natale.
Se noi manifestassimo un autentico stupore per l’evento della nascita del
Salvatore, per questa Rivelazione di Dio che per noi diviene Dio proprio
perché si fa carne nell’uomo, e in particolare nell’uomo Gesù. Se anche
noi come i pastori ci lasciassimo penetrare dalle parole dell’angelo, e in
quel segno di “bambino avvolto nelle fasce e posto in una mangiatoia”,
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scorgessimo il Salvatore, allora il Natale avrebbe un senso, quello di
richiamarci alla salvezza che passa proprio per quel bambino che inizia a
vivere con noi, e con noi agisce nella storia, nel nostro tempo, nel nostro
spazio.
Se dinanzi al presepio, avvertissimo l’eco delle parole dell’angelo: “Oggi
per voi è nato un Salvatore”, e davvero tale bella notizia ci stupirebbe
perché Dio stesso viene a condividere con noi gioie e dolori su questa
terra, assumendo la nostra condizione umana, allora il Natale ci
indurrebbe alla meditazione autentica del mistero dell’Incarnazione: Gesù
Cristo, Iddio che scende nella miseria dell’uomo senza smettere di essere
Dio.
Per tutti il Natale è l’evento della carità, la festa dell’amore. Bada bene:
l’amore non consiste nel fatto che “noi amiamo Dio” ma che “Egli ama
noi”; vedi la Prima lettera di Giovanni cap 4, verso 10: “In questo è
l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha
mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri
peccati”.
Il messaggio natalizio non è una filosofia o un sistema morale, né una
concezione; è parola di Dio il cui significato è un mistero divino che
richiama il processo compiutosi fra Dio e l’uomo, testimoniato dalla Sacra
Scrittura.
Il versetto 20 del cap 2 del Vangelo di Luca, recita: “E i pastori tornarono
indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com’era stato loro annunziato”.
Guardando il presepio, rivisitiamo la Scrittura leggendo le parole della
narrazione della nascita di Gesù con l’attenzione dovuta e proviamo ad
andare oltre le statuine e le luci; oltre il presepio!
E meditando l’evento dell’Incarnazione, glorifichiamo, come i pastori, il
nostro Dio nella persona di Gesù Cristo.
Solo così può avere senso il Natale, non dimenticando che per chi crede
ogni giorno è Natale.
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