La tomba del sudario scoperta a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone
Afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta
di Nieves San Martín
MADRID, martedì, 12 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La “tomba del sudario” scoperta recentemente a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone. Lo afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta Gil, per il quale un'altra interpretazione sarebbe tendenziosa e parziale.
Gli archeologi dell'Università Ebraica hanno trovato recentemente dei frammenti di sudario in una tomba della prima metà del I secolo nel cimitero di Haceldama, il “Campo di Sangue” comprato con le 30 monete di Giuda per seppellire gli stranieri. La tomba, situata nella parte bassa della Valle dell'Hinnon, al lato della tomba di Anna, suocero di Caifa, sembra indicare che si trattava di una persona di famiglia sacerdotale o aristocratica.
Secondo lo storico tessile Orit Shamir, i tessuti usati per avvolgere il cadavere sono di buona qualità, di una persona benestante, ma di tessuto molto più semplice rispetto alla Sacra Sindone di Torino.
La notizia della scoperta archeologica in una tomba di Gerusalemme di un sudario dell'epoca di Gesù Cristo, diffusa dalla pubblicazione “PloS ONE Journal”, è stata presentata come un'argomentazione che mette in dubbio l'autenticità della Sacra Sindone di Torino. Si è arrivati a dire che “gli autori dello studio concludono che quest'ultima non risale a quegli anni”.
“Solo un'interpretazione molto tendenziosa e parziale può arrivare a diffondere questa idea – ha spiegato a ZENIT César Barta Gil –. Se si presentano i dati oggettivi, la realtà è piuttosto il contrario, visto che conferma l'autenticità della Sacra Sindone anziché metterla in discussione”.
Gli autori dell'articolo intitolato “Molecular Exploration of the First-Century Tomb of the Shroud in Akeldama, Jerusalem” sono di Canada, Israele, Australia, Inghilterra e Stati Uniti, e non menzionano mai la Sindone di Torino.
L'obiettivo principale dell'articolo è far conoscere il successo nella dimostrazione con mezzi sperimentali che tre dei defunti della tomba familiare avevano la tubercolosi e uno di loro, inoltre, era lebbroso. Il merito aumenta considerando il deterioramento dei resti archeologici rinvenuti.
“Si può solo immaginare la sorpresa che susciterà negli autori il fatto di vedere che il loro articolo è servito a far sì che la gente parli di ciò che non hanno scoperto anziché del progresso ottenuto con l'analisi di DNA antico e processi molecolari”, ha sottolineato César Barta.
Se la notizia si è prestata a questo fraintendimento, spiega il fisico, è perché gli scavi sono stati soprannominati “la tomba del sudario” (the tomb of the shroud). Il nome deriva dall'eccezionalità dell'aver trovato un tessuto che aveva avvolto un cadavere in una tomba ebraica.
Il costume ebraico era andare al sepolcro circa un anno dopo aver seppellito il defunto, quando le parti molli erano già scomparse e rimanevano solo le ossa, che venivano poste in casse di pietra o ossari e lasciate di nuovo nella tomba. Per questo motivo gli archeologi hanno trovato centinaia di tombe in cui non c'era alcun tessuto.
L'idea che Gesù Cristo sia stato avvolto in un lenzuolo come parte di un costume ebraico non era stata corroborata da alcuna scoperta. Ad ogni modo, nella “tomba del sudario” l'individuo lebbroso venne collocato in una camera del sepolcro che fu sigillata per evitare il contagio del resto dei defunti della famiglia. Questo ha fatto sì che nel tempo non venisse modificata, e che sia arrivata ai giorni nostri con i resti della prima deposizione del seppellimento.
La scoperta permette quindi di confermare l'utilizzo di lenzuoli nelle pratiche funerarie ebraiche, rafforzando l'idea dell'uso della Sacra Sindone.
Oltre a ciò gli autori, nelle poche righe che dedicano al tessuto, informano di averne trovate delle porzioni in tutta la lastra con resti organici, deducendo che copriva tutto il corpo. In particolare, hanno rinvenuto resti di capelli, e quindi il lenzuolo copriva la testa. E' una conferma specifica del modo in cui è stata utilizzata la Sacra Sindone per avvolgere il crocifisso, visto che effettivamente gli copriva la testa.
“Un'interpretazione unanime di questi dati sosterrebbe piuttosto l'autenticità della reliquia di Torino – afferma César Barta –. Ad ogni modo, il professor Shimon Gibson, uno degli autori, ha dichiarato al National Geographic che a suo avviso il tessuto rinvenuto nella tomba indica la falsità della Sindone di Torino perché presenta un altro tipo di confezione. In effetti, quello di Torino è in sargia di grande valore, mentre quello della tomba è in taffetà”.
“Questa argomentazione, tuttavia, manca di consistenza visto che non ci si doveva aspettare di trovare una sargia come quella della Sacra Sindone in ogni tomba ebraica – conclude il fisico –. E non bisognava aspettarselo perché un tessuto come quello di Torino in sargia da 1 a 3 in lino è un esemplare unico e non se ne conosce un altro, né dell'epoca di Cristo né del Medioevo”.
Afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta
di Nieves San Martín
MADRID, martedì, 12 gennaio 2010 (ZENIT.org).- La “tomba del sudario” scoperta recentemente a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone. Lo afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta Gil, per il quale un'altra interpretazione sarebbe tendenziosa e parziale.
Gli archeologi dell'Università Ebraica hanno trovato recentemente dei frammenti di sudario in una tomba della prima metà del I secolo nel cimitero di Haceldama, il “Campo di Sangue” comprato con le 30 monete di Giuda per seppellire gli stranieri. La tomba, situata nella parte bassa della Valle dell'Hinnon, al lato della tomba di Anna, suocero di Caifa, sembra indicare che si trattava di una persona di famiglia sacerdotale o aristocratica.
Secondo lo storico tessile Orit Shamir, i tessuti usati per avvolgere il cadavere sono di buona qualità, di una persona benestante, ma di tessuto molto più semplice rispetto alla Sacra Sindone di Torino.
La notizia della scoperta archeologica in una tomba di Gerusalemme di un sudario dell'epoca di Gesù Cristo, diffusa dalla pubblicazione “PloS ONE Journal”, è stata presentata come un'argomentazione che mette in dubbio l'autenticità della Sacra Sindone di Torino. Si è arrivati a dire che “gli autori dello studio concludono che quest'ultima non risale a quegli anni”.
“Solo un'interpretazione molto tendenziosa e parziale può arrivare a diffondere questa idea – ha spiegato a ZENIT César Barta Gil –. Se si presentano i dati oggettivi, la realtà è piuttosto il contrario, visto che conferma l'autenticità della Sacra Sindone anziché metterla in discussione”.
Gli autori dell'articolo intitolato “Molecular Exploration of the First-Century Tomb of the Shroud in Akeldama, Jerusalem” sono di Canada, Israele, Australia, Inghilterra e Stati Uniti, e non menzionano mai la Sindone di Torino.
L'obiettivo principale dell'articolo è far conoscere il successo nella dimostrazione con mezzi sperimentali che tre dei defunti della tomba familiare avevano la tubercolosi e uno di loro, inoltre, era lebbroso. Il merito aumenta considerando il deterioramento dei resti archeologici rinvenuti.
“Si può solo immaginare la sorpresa che susciterà negli autori il fatto di vedere che il loro articolo è servito a far sì che la gente parli di ciò che non hanno scoperto anziché del progresso ottenuto con l'analisi di DNA antico e processi molecolari”, ha sottolineato César Barta.
Se la notizia si è prestata a questo fraintendimento, spiega il fisico, è perché gli scavi sono stati soprannominati “la tomba del sudario” (the tomb of the shroud). Il nome deriva dall'eccezionalità dell'aver trovato un tessuto che aveva avvolto un cadavere in una tomba ebraica.
Il costume ebraico era andare al sepolcro circa un anno dopo aver seppellito il defunto, quando le parti molli erano già scomparse e rimanevano solo le ossa, che venivano poste in casse di pietra o ossari e lasciate di nuovo nella tomba. Per questo motivo gli archeologi hanno trovato centinaia di tombe in cui non c'era alcun tessuto.
L'idea che Gesù Cristo sia stato avvolto in un lenzuolo come parte di un costume ebraico non era stata corroborata da alcuna scoperta. Ad ogni modo, nella “tomba del sudario” l'individuo lebbroso venne collocato in una camera del sepolcro che fu sigillata per evitare il contagio del resto dei defunti della famiglia. Questo ha fatto sì che nel tempo non venisse modificata, e che sia arrivata ai giorni nostri con i resti della prima deposizione del seppellimento.
La scoperta permette quindi di confermare l'utilizzo di lenzuoli nelle pratiche funerarie ebraiche, rafforzando l'idea dell'uso della Sacra Sindone.
Oltre a ciò gli autori, nelle poche righe che dedicano al tessuto, informano di averne trovate delle porzioni in tutta la lastra con resti organici, deducendo che copriva tutto il corpo. In particolare, hanno rinvenuto resti di capelli, e quindi il lenzuolo copriva la testa. E' una conferma specifica del modo in cui è stata utilizzata la Sacra Sindone per avvolgere il crocifisso, visto che effettivamente gli copriva la testa.
“Un'interpretazione unanime di questi dati sosterrebbe piuttosto l'autenticità della reliquia di Torino – afferma César Barta –. Ad ogni modo, il professor Shimon Gibson, uno degli autori, ha dichiarato al National Geographic che a suo avviso il tessuto rinvenuto nella tomba indica la falsità della Sindone di Torino perché presenta un altro tipo di confezione. In effetti, quello di Torino è in sargia di grande valore, mentre quello della tomba è in taffetà”.
“Questa argomentazione, tuttavia, manca di consistenza visto che non ci si doveva aspettare di trovare una sargia come quella della Sacra Sindone in ogni tomba ebraica – conclude il fisico –. E non bisognava aspettarselo perché un tessuto come quello di Torino in sargia da 1 a 3 in lino è un esemplare unico e non se ne conosce un altro, né dell'epoca di Cristo né del Medioevo”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]
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