“Per gli ortodossi il rito è parte essenziale della visione del mondo”
14.07.2010 · Il Presidente del Dipartimento
Il 10 luglio 2010, durante la trasmissione televisiva “La Chiesa e il tempo”, il presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion di Volokolamsk, su richiesta di numerosi telespettatori ha risposto a domande riguardanti il rito nella vita della Chiesa russa.
Prima di tutto, il metropolita ha indicato la differenza essenziale tra il modo di capire e vivere la liturgia nella tradizione ortodossa e quello di una parte del mondo protestante: “Il rito è una parte essenziale dell’intera visione del mondo di un fedele ortodosso e della Chiesa ortodossa. Alcune chiese protestanti in Occidente sono del tutto prive di ogni simbologia cristiana, non hanno né icone, né croci. E anche la funzione liturgica è quasi totalmente priva dell’aspetto rituale: il popolo canta inni e salmi, il pastore fa il sermone, qualcuno suona l’organo e con questo tutto si conclude. Nella Chiesa ortodossa c’è una visione completamente diversa della liturgia: per noi essa significa innanzitutto entrare in comunione col mondo di lassù. Crediamo infatti che la funzione che noi celebriamo qui sulla terra non è che una parte di quel sacro Mistero divino che è celebrato di continuo in cielo e al quale anche noi possiamo partecipare. Durante la liturgia, quando il sacerdote entra nel santuario, cioè nella parte più sacra del tempio, al di là dell’iconostasi, rivolge una preghiera a Dio: “Fa’ che col nostro ingresso avvenga l’ingresso dei santi angeli”; dunque gli angeli entrano nel santuario insieme al sacerdote. Tutta la nostra funzione liturgica, come un’icona, ha un profondo carattere simbolico. Di qui nascono i vari riti, ciò che si può definire la “coreografia della celebrazione”, per esempio gli inchini fatti dai sacerdoti o dai diaconi, l’incensazione, e così via. La liturgia è come una sintesi di tutte le arti, di cui fanno parte anche gli affreschi della chiesa, le icone, i canti”.
Alla domanda fino a che punto il rito può essere avvicinato alla vita reale, affinché risulti più comprensibile ai nostri contemporanei, il metropolita ha risposto: “Il lato liturgico della vita della Chiesa si è sempre sviluppato e continua a evolvere ancora oggi. Le funzioni che celebriamo oggi non sono esattamente identiche a come erano celebrate a Bisanzio nel VI o nel XII secolo. Molte cose sono rimaste immutate, i testi delle preghiere, soprattutto nella Liturgia eucaristica (anche se oggi i fedeli laici non sentono più alcuni testi, che sono pronunciati dal sacerdote nel santuario sottovoce). Ma molte cose, invece, sono cambiate; il rito ha una vita sua, e nel suo interno avviene continuamente un certo sviluppo”.
“La vita liturgica della Chiesa è come la vita dell’uomo: tutto in essa deve avvenire naturalmente. Alcuni riti col tempo possono scomparire, cadere in disuso, altri possono aggiungersi. E’ molto importante che l’autorità ecclesiastica vigili a che la creatività liturgica non diventi un fatto arbitrario, e che in posti diversi non nascano riti sostanzialmente diversi, cosa che invece capita già. Una certa varietà di per sé non è un fatto negativo, purché i chierici e i laici non si inventino dei riti loro con la pretesa che questi diventino parte della tradizione. Alcuni fedeli pensano che certe tradizioni liturgiche, che si sono affermate negli ultimi tempi, facciano parte del canone della Chiesa, mentre non è così”.
Il Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca ha spiegato ai telespettatori dove passa la frontiera tra l’amore per il culto nella fede ortodossa e il “culto del culto”, che diventa in fin dei conti una forma di superstizione. “Il culto del culto è quando la persona si concentra non sulla vera essenza della fede ortodossa, ma su elementi esteriori periferici della tradizione della Chiesa. E’ quando la persona pensa che essere ortodosso è fare il bagno nel fiume alla festa del Battesimo di Cristo, fare i dolcetti e dipingere le uova a Pasqua, visitare il cimitero alla festa dei defunti, e per lui l’Ortodossia si riduce a compiere dei riti. E con ciò dimentica che essere ortodosso significa vivere da cristiano, costruire la propria famiglia conformemente alla morale evangelica, vivere la vita professionale secondo i propri principi religiosi, e così via. La superstizione e il culto del culto cominciano quando ciò che è accessorio e secondario prende il primo posto, mentre ciò che è essenziale e fondamentale resta ignorato”.
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