Alla fine la teologia delle porte chiuse ha trovato proseliti in comparti della vita socio-religiosa insperati. Proprio la manifestazione spontanea alimentata dal passaparola dei greco-bizantini ha offerto una sponda ad un comportamento tanto contrastato e avversato perché espressione del “teologo delle porte chiuse” che per un anno ha impedito la celebrazione della Paraklisis all’interno della Chiesa della Favara.
Ieri pomeriggio la rabbia dei greco-bizantini, quella rabbia nata dall’avvenuta espropriazione, prevista dal piano di trasferimento dei parroci preparato da Mons. Sotir Ferrara e da Mons. Francesco Pio Tamburrino, ai loro danni del tanto amato e stimato Papas Nicola Cuccia è sfociata nel chiudere il passaggio di ingresso alla Chiesa SS. Annunciata al delegato diocesano papas Jianni Pecoraro -accompagnato da papas Giovanni Stassi, dal diacono Sergio e dal diacono Rosario-, e a papas Sepa Borzì, il sacerdote che era stato designato a traghettare la parrocchia degli arbërëshe che era stata privata dalla sua ventennale guida.
L’osservazione e l’analisi di quanto accaduto ieri sera ci induce a pensare che la manifestazione, che probabilmente nelle intenzione voleva essere l’estremo atto di solidarietà a Papas Nicola Cuccia, era guidata dalla rabbia, dalla sofferenza di non conoscere la ragione percui la “guida” di sempre era stata punita col trasferimento in un’altra parrocchia.
Certo è che nessuno avrebbe immaginato che proprio i greco-bizantini, le vittime della teologia delle porte chiuse, avrebbero tratto da questa strambalata teologia una qualche ispirazione, impedendo l’insediamento di un papas, pure esso greco-bizantino come papas Nicola, nella loro parrocchia.
Leggendo le cronache di queste settimane risulta che alche in altri luoghi della Sicilia episodi analoghi non mancano. Quando questi episodi accadono c’è sempre, a nostro giudizio, una carenza di informazione fra le gerarchie che dispongono ed i fedeli che sono chiamati ad ubbidire. Nel caso di Contessa Entellina c’è inoltre la pessima gestione di un “caso” insorto alcuni anni fa, lasciato crescere nel lassismo e nell’indifferenza, trattato con superficialità e taglio burocratico ed infine sfuggito al controllo di qualsiasi volontà che potesse in qualche modo incanalarlo.
Mons. Tamburrino, a cui l’esperienza non dovrebbe mancare, lo abbiamo evidenziato più volte, ha sbagliano a sottovalutare che il trasferimento di un prete sposato non è come spostare un celibe. Il prete sposato con la società in cui svolge la missione ha un rapporto molto, ma molto, più intenso di un prete celibe. Il prete sposato non è solo un prete, è un padre, un marito, un cognato, un cittadino che meravigliosamente si allinea al comune sentire della comunità. Il prete sposato è guida ma è anche “ascoltatore speciale” di ciò che serpeggia nella società. Non predica solamente dal pulpito il Vangelo per gli altri, lo amalgama col comportamento nelle cellule della società. Papas Nicola non appartiene solo alla sua famiglia, ma avendo intessuto della sua presenza e del suo comportamento di padre, marito, cognato le fibre della società contessiota egli costituisce una arteria del corpo sociale. Levare dal corpo sociale lui significa rischiare di assistere al collasso di un sistema di vivere.
Mons. Tamburrino che probabilmente non ama i preti sposati dovrebbe meglio approfondire il ruolo
di queste figure. Il patriarca dei maroniti che in uno scritto da noi pubblicato qualche giorno fa diceva che se nel Libano esiste ancora la fede cristiana è tutto merito dei preti sposati non errava. Egli ha molta ragione. Con un parroco sposato infatti dialogano e discutono tutti, fedeli in senso stretto e gente non praticante. Con un parroco celibe tanti passano alla larga e si danno a raccontare barzellette su di lui.
Forse ci siamo dilungati: ma l’intenzione che ci ha guidato era di spiegare come mai la gente di Contessa per Papas Nicola nutre tanto affetto, stima e simpatia.
Rientrando a passare in rassegna l’accaduto di ieri c’è da dire che un ruolo non secondario l’ha avuta, a far scoppiare la rabbia della gente, la circostanza di avere assistito già -da mercoledì scorso- all’insediamento di papas Nicola Cuccia a parroco di Palazzo Adriano e al permanere invece, a Contessa Entellina, del teologo delle porte chiuse.
Si, non c’è dubbio che la “vicenda Contessa Entellina” è stata, fin dal primo giorno, mal gestita.
Inoltre, lo diciamo per completare la panoramica, c’è qualcuno che dice che ciò che avviene non stia accadendo casualmente ma, se si guarda in controluce, si nota che una mano esperta, nei palazzi apostolici, con la abituale sottile diplomazia stia lavorando in vista di un obiettivo per il quale vale la pena alimentare un po’ di irrazionalità nella base credente: al momento giusto, poi, chiunque scoprirà quale sia il vero obiettivo per il quale “ove si puote” si sta lavorando.
Ieri pomeriggio la rabbia dei greco-bizantini, quella rabbia nata dall’avvenuta espropriazione, prevista dal piano di trasferimento dei parroci preparato da Mons. Sotir Ferrara e da Mons. Francesco Pio Tamburrino, ai loro danni del tanto amato e stimato Papas Nicola Cuccia è sfociata nel chiudere il passaggio di ingresso alla Chiesa SS. Annunciata al delegato diocesano papas Jianni Pecoraro -accompagnato da papas Giovanni Stassi, dal diacono Sergio e dal diacono Rosario-, e a papas Sepa Borzì, il sacerdote che era stato designato a traghettare la parrocchia degli arbërëshe che era stata privata dalla sua ventennale guida.
L’osservazione e l’analisi di quanto accaduto ieri sera ci induce a pensare che la manifestazione, che probabilmente nelle intenzione voleva essere l’estremo atto di solidarietà a Papas Nicola Cuccia, era guidata dalla rabbia, dalla sofferenza di non conoscere la ragione percui la “guida” di sempre era stata punita col trasferimento in un’altra parrocchia.
Certo è che nessuno avrebbe immaginato che proprio i greco-bizantini, le vittime della teologia delle porte chiuse, avrebbero tratto da questa strambalata teologia una qualche ispirazione, impedendo l’insediamento di un papas, pure esso greco-bizantino come papas Nicola, nella loro parrocchia.
Leggendo le cronache di queste settimane risulta che alche in altri luoghi della Sicilia episodi analoghi non mancano. Quando questi episodi accadono c’è sempre, a nostro giudizio, una carenza di informazione fra le gerarchie che dispongono ed i fedeli che sono chiamati ad ubbidire. Nel caso di Contessa Entellina c’è inoltre la pessima gestione di un “caso” insorto alcuni anni fa, lasciato crescere nel lassismo e nell’indifferenza, trattato con superficialità e taglio burocratico ed infine sfuggito al controllo di qualsiasi volontà che potesse in qualche modo incanalarlo.
Mons. Tamburrino, a cui l’esperienza non dovrebbe mancare, lo abbiamo evidenziato più volte, ha sbagliano a sottovalutare che il trasferimento di un prete sposato non è come spostare un celibe. Il prete sposato con la società in cui svolge la missione ha un rapporto molto, ma molto, più intenso di un prete celibe. Il prete sposato non è solo un prete, è un padre, un marito, un cognato, un cittadino che meravigliosamente si allinea al comune sentire della comunità. Il prete sposato è guida ma è anche “ascoltatore speciale” di ciò che serpeggia nella società. Non predica solamente dal pulpito il Vangelo per gli altri, lo amalgama col comportamento nelle cellule della società. Papas Nicola non appartiene solo alla sua famiglia, ma avendo intessuto della sua presenza e del suo comportamento di padre, marito, cognato le fibre della società contessiota egli costituisce una arteria del corpo sociale. Levare dal corpo sociale lui significa rischiare di assistere al collasso di un sistema di vivere.
Mons. Tamburrino che probabilmente non ama i preti sposati dovrebbe meglio approfondire il ruolo
di queste figure. Il patriarca dei maroniti che in uno scritto da noi pubblicato qualche giorno fa diceva che se nel Libano esiste ancora la fede cristiana è tutto merito dei preti sposati non errava. Egli ha molta ragione. Con un parroco sposato infatti dialogano e discutono tutti, fedeli in senso stretto e gente non praticante. Con un parroco celibe tanti passano alla larga e si danno a raccontare barzellette su di lui.
Forse ci siamo dilungati: ma l’intenzione che ci ha guidato era di spiegare come mai la gente di Contessa per Papas Nicola nutre tanto affetto, stima e simpatia.
Rientrando a passare in rassegna l’accaduto di ieri c’è da dire che un ruolo non secondario l’ha avuta, a far scoppiare la rabbia della gente, la circostanza di avere assistito già -da mercoledì scorso- all’insediamento di papas Nicola Cuccia a parroco di Palazzo Adriano e al permanere invece, a Contessa Entellina, del teologo delle porte chiuse.
Si, non c’è dubbio che la “vicenda Contessa Entellina” è stata, fin dal primo giorno, mal gestita.
Inoltre, lo diciamo per completare la panoramica, c’è qualcuno che dice che ciò che avviene non stia accadendo casualmente ma, se si guarda in controluce, si nota che una mano esperta, nei palazzi apostolici, con la abituale sottile diplomazia stia lavorando in vista di un obiettivo per il quale vale la pena alimentare un po’ di irrazionalità nella base credente: al momento giusto, poi, chiunque scoprirà quale sia il vero obiettivo per il quale “ove si puote” si sta lavorando.
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