domenica 30 settembre 2012
giovedì 27 settembre 2012
Dalla Chiesa Ortodossa Russa
Visita del metropolita Hilarion in Grecia
Dal 22 al 25 settembre 2012 il metropolita Hilarion di Volokolamsk,
Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di
Mosca, ha compiuto una visita in Grecia con la benedizione di Sua
Santità il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. Durante il
viaggio, il metropolita era accompagnato dall’arciprete Igor Yakimchuk,
segretario per i rapporti inter-ortodossi del Dipartimento, dallo
ierodiacono Ioann (Kopeikin), assistente del Rettore della Scuola di
dottorato e post-laurea intitolata ai santi Cirillo e Metodio, e da
Leonid Sevastyanov, direttore esecutivo della Fondazione San Gregorio
il Teologo.
Nel primo giorno della visita, il metropolita Hilarion ha incontrato
Sua Beatitudine l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymus,
presso la residenza del Primate della Chiesa ortodossa di Grecia. Il
metropolita Hilarion ha trasmesso al Primate della Chiesa greca i saluti
di Sua Santità il Patriarca di Mosca Kirill.
Sua Beatitudine l’Arcivescovo Hieronymus ha detto di ricordare con
affetto la visita alla Chiesa ortodossa russa, da lui compiuta nello
scorso mese di maggio, la comunione con Sua Santità il Patriarca Kirill,
con i vescovi, il clero e laici del Patriarcato di Mosca.
Sua Beatitudine ha parlato della difficile situazione che ora vive la
Chiesa ortodossa di Grecia insieme con il suo popolo, ha illustrato le
varie attività di beneficenza intraprese dalla Chiesa e ha ringraziato
la Chiesa ortodossa russa per il sostegno morale e materiale in questo
lavoro.
Nel corso della riunione sono state discusse le prospettive per
un’ulteriore cooperazione tra le due Chiese sorelle nei campi educativo,
culturale e di altro tipo.
L’incontro ha visto la partecipazione del vescovo Gabriel di Daulia,
segretario generale del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa greca,
dell’archimandrita Maksim (Papayannis), protosincello dell’Arcidiocesi
di Atene, e dei membri della delegazione che accompagnavano il
metropolita Hilarion durante il viaggio.
Domenica 23 settembre il metropolita Hilarion ha celebrato la Divina Liturgia nella chiesa di Santa Sofia a Atene.
Il 24 settembre il Presidente del Dipartimento per le relazioni
esterne del Patriarcato di Mosca si è incontrato col Ministro per lo
sviluppo, la competitività, i trasporti e le reti della Repubblica Greca
K. Hagidakis, col Ministro della difesa P. Panagiotopoulos, col
Ministro dell’istruzione, la religione, la cultura e lo sport K.
Arvanitopoulos, e col Direttore del Centro di edizioni patristiche,
proto presbitero Ioannis Diotis.
mercoledì 26 settembre 2012
Chiesa Ortodossa
Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
(di fronte la pizzeria da Armando -
seguendo Corso Garibaldi a destra)
Castrovillari (cs)
Castrovillari (cs)
30 Settembre 2012
Santa Sofia e le sue tre figlie
Fede - Speranza - Carità
Tono VIII
Orario Ufficiature
Sabato 29 - Ore 17,30: Vespro (Vecernie)
Domenica 30 - Ore 10.00 : Divina Liturgia
Sabato 29 - Ore 17,30: Vespro (Vecernie)
Domenica 30 - Ore 10.00 : Divina Liturgia
Carissimi Fedeli Ortodossi di
Castrovillari e del circondario,
carissimi Arbëreshë
dei paesi viciniori,
(San Basile - Frascineto - Ejanina - Civita)
come sempre vi aspetto numerosissimi,
per celebrare con Voi le Ufficiature
della Vostra Chiesa e della Vostra
Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
Per qualsiasi informazione chiamate
il Parroco al: 3280140556
Dal sito amico: http://makj.jimdo.com/
«Gli ortodossi non hanno mai avuto simpatia per le summe teologiche,
né per i sistemi scolastici. Ogni formulazione o definizione eccessiva
provoca una diffidenza
istintiva, L’ortodossia non ha bisogno di formulare, ha bisogno di
non formulare. È una convinzione innata che viene dai Padri della
Chiesa, che non è bene speculare sui misteri, è meglio
contemplarli, lasciarsi illuminare e penetrare dalla loro luce; così
senza farsi razionalizzare, il mistero diviene illuminante. Da qui ogni
tipo di spiritualità, molto più liturgico e
iconografico che discorsivo, concettuale e dottrinale».
P. N. Evdokjmov
(teologo russo – 1901/1970)
CULTO, CULTURA E CRISTIANESIMO (1)
di p. Pavel A. Florenskij
La cultura è la lotta consapevole contro
l’appiattimento generale; la cultura consiste nel distacco, quale
resistenza al processo di livellamento dell’universo,
è l’accrescersi della diversità di potenziale in ogni campo che
assurge a condizione di vita, è la contrapposizione all’omologazione,
sinonimo di morte. Ogni cultura è un sistema
finalizzato e saldo dimezzi atti alla realizzazione e al
disvelamento di un valore, adottato come fondamentale e assoluto, e
dunque fatto assurgere a oggetto di fede. I primi riflessi di questa
fede nelle funzioni imprescindibili dell’uomo determinano i punti di
vista sui settori inerenti a dette funzioni, ossia sulla realtà
oggettiva nella sua interazione con l’uomo. Tali punti di
vista sono, sì, categorie, ma non categorie astratte, bensì concrete
(si veda la Kabbalah); la loro manifestazione nella pratica è il culto.
La cultura, come risulta chiaro anche
dall’etimologia, è un derivato del culto, ossia un ordinamento del
mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto e il
culto la concezione del mondo, da cui deriva la
cultura (…)
Per un ortodosso la Chiesa non è un’autorità esterna come per i cattolici; gli ortodossi non hanno mai avuto cara quell’unità della Chiesa che i fedeli
conquistano a scapito detta propria libertà, ma sono altrettanto lungi dall’interpretazione protestante, per la quale «Chiesa» è una parola vuota. Il cattolicesimo tende a
identificare la Chiesa con il Clero, a opporre il clero ai laici. Nell’ortodossia la Chiesa non è pensabile senza la gente, e il popolo dei credenti è la Chiesa.
È
un’opinione che accomuna tutte le Chiese ortodosse, dagli armeni ai
greci; nel XV paragrafo dell’enciclica dei patriarchi d’Oriente del 6
maggio 1848 dice: «Né i patriarchi né le chiese hanno mai
potuto introdurre, da nessuno alcunché di nuovo, giacché custode
della nostra devozione e dottrina il corpo stesso della Chiesa, cioè il
popolo». Innocenzo, vescovo dei isole Aleutine,
sosteneva che il vescovo è allo stesso tempo maestro allievo dei
proprio gregge.(…)
Un’altra peculiarità del rapporto tra ortodossia e Chiesa
è il primato del culto, e della liturgia in particolare, sulla dottrina
e la morale cristiana.
Turpiloquio, zuffe, ubriachezza sono un peccato minore rispetto a un
digiuno violato; un confessore perdona più facilmente un peccato di
lussuria che una celebrazione mancata; prender parte alla
liturgia avvicina alla salvezza più che la lettura del Vangelo; l’esercizio del culto è più importante della beneficenza.
Non per nulla il nostro popolo ha assimilato il
cristianesimo non dal Vangelo ma dal prologo (delle vite dei santi),
è stato edotto non dai sermoni ma dalle liturgie, non dalla teologia ma
dal culto e dalla devozione alle cose sacre. Menti
avvezze a concedere il primato alla ragione, all’intelletto e
all’analisi si scandalizzano della cosiddetta fede liturgica degli
ortodossi; ma il loro scandalo altro non è che un malinteso.
Forse che un malato farebbe meglio a studiare medicina
invece di prendere un farmaco e curarsi? La religione non è mai figlia
della ragione; a infastidire chi non la ammette non
è solo la fede liturgica, ma anche la filosofia religiosa; che la
religione la ammette, invece, riconoscerà che essa non è propriamente
ragione, né conoscenza, ma relazione concreta con Dio;
la religione non è speculazione sulle cose di Dio, ma accoglimento del divino nella sua essenza.
Perciò la preghiera - durante la quale Dio scende nel cuore deflorante -
è per
chi crede financo superiore alla lettura della Bibbia o alla
devozione per le reliquie, dalle quali, come da un vaso ricolmo, si
riversa la grazia; è più importante del far propria la saggezza
teologica. L’Eucaristia, l’accoglienza del Corpo del Signore nel
proprio, è infinitamente più importante di qualunque sermone, di
istituti di beneficenza, scuole, ospedali da fondare ecc.
L’ortodosso ritiene graditi a Dio non solo gli atti suddetti: le
formule di preghiera pronunciate in chiesa, le melodie che visi cantano,
i lumi, i ceri accesi non sono solo parole e gesti, ma
cerimoniali, ossia formule e atti che - per quanto somiglino a
parole e gesti consueti - se ne distinguono per una forza misteriosa,
mistica, sovrannaturale. Esteriormente l’acqua santa non è
diversa dalla normale, ma scaccia i demoni, guarisce dal malocchio
ed è d’aiuto contro i malanni. Si comprende, così, l’ostinato
conservatorismo dell’ortodossia russa, che non consente di
modificare una sola lettera, un solo gesto della liturgia. Sono
quelle formule ad aver dato la salvezza, e non è dato mai sapere se le
nuove possano fare altrettanto. (…)
«L’ortodossia» ha scritto Pobedonoscev « è religione di pubblicani e prostitute, che entreranno nel Regno dei Cieli prima di uomini di
legge e farisei.» Così intendevano l’ortodossia Leskov e Dostoevskij, e nessuno meglio di loro ha descritto la sostanza della fede popolare. La forza di Dio si compie nella
debolezza; se Dio stesso si è fatto debole, come possiamo
noi disprezzare i deboli? Che sia nella debolezza che si manifesta la
grazia? Per questo l’ortodosso non giudica mai
dall’aspetto esteriore. Egli non ha fretta di giudicare e
scandalizzarsi, prova persino una certa simpatia per ubriachi, miseri,
straccioni, ignoranti o semplici idioti. Egli non cerca splendore,
grandezza forza, al contrario è quanto mai cauto quando vede forza e
fulgore che sempre gli paiono «umani, troppo umani». L’ortodossia è l’esito opposto dell’idea pagana ed europea
moderna (come espresso suo massimo da Nietzsche) per la
quale il valore dell’uomo aumenta con l’accrescersi delle sue qualità
esteriori, per la quale quanto più intelligente, bello e
forte in corpo e volontà è l’uomo, tanto più egli sarà divino. L’ortodossia attua un rovesciamento dei valori assai più radicale; non solo essa mette in dubbio la corrispondenza diretta
il valore dell’uomo e i suoi meriti umani, ma è incline a intende tale corrispondenza come inversa. (…)
Il suo giudizio l’ortodossia lo applica anche all’ambito
del sociale. «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i
costruttori (Salmi
CXXVI)» Essa guarda con sospetto al processo sociale e culturale, e
nel migliore dei casi lo giudica opera assai relativa, del tutto umana e
che poco ha in comune con quei processi autenticamente
divini e misteriosi che si compiono nell’animo delle genti.
Raggiungere l’uguaglianza, eliminare la povertà e la fame, ottenere che
la pace regni nel mondo è forse possibile, ma «quando si dirà:
“pace i sicurezza”, allora all’improvviso li coprirà la rovina» (1 Tessalonicesi 5,3). E
se al mondo servissero sofferenze e povertà? Se una volta raggiunto il
benessere,
l’umanità si facesse presuntuosa e dimenticasse Dio? Se la sazietà
quietasse la coscienza? Se l’ozio e una vita senza dolore risvegliassero
vizi inauditi? Per questo l’ortodossia
non mira ad adoperarsi nella società e non ha un’alta opinione delle iniziative sociali.
Persino nell’ambito della Chiesa e delle sue opere (la missione,
l’istruzione religiosa),
l’ortodossia mostra non solo imperizia, ma financo indifferenza. Di
questo atteggiamento ha dato una definizione precisa san Eulogio quando
venne consacrato vescovo di Lublino: «Dobbiamo
forse impugnare la spada anche noi» disse «armarci di tutto
punto per la battaglia come fanno le altre religioni che si vantano dei
grandi, enormi successi della loro propaganda? Si ode
allora la voce minacciosa del nostro primo pastore: “chi di spada
ferisce, di spada perisce”. No, non è questa la forza del vero pastore nello spirito di Cristo: essa
non sta nel rigore e nella salda organizzazione dei suoi
uomini, non nel fatto che essi occupino ogni ambito della società, non
nell’abbondanza di mezzi materiali, e nemmeno nei sermoni
che tanto ripugnano alla saggezza umana; no, dice il santo
apostolo, non è per la carne che combattiamo; le armi del nostro
esercito non sono di carne, ma hanno forza in Dio; sono la
corazza della giustizia, lo scudo della fede, l’elmo della salvezza,
la spada dello spirito, il verbo di Dio e la preghiera».
Le parole citate esprimono con chiarezza sia il disprezzo
per le forme umane di lotta, sia il timore di scambiare per divine
quelle che sono gesta umane. Ciò non
significa che l’ortodossia neghi tutte le opere dell’uomo, ma più d’ogni altra cosa essa teme di confondere il divino col terreno.
Siamo agli antipodi del luteranesimo che
ritiene compito della Chiesa, o meglio degli uomini, sia gli uffici
religiosi che la predicazione, e la beneficenza. L’ortodossia non nega
la beneficenza; vestire gli ignudi, sfamare gli
affamati, visitare i malati sono virtù antiche dei russi, ma hanno
senso solo in quanto atti d’amore, di carità, e non quale mutamento del
mondo da «valle di lacrime e pianto» in paradiso
terrestre. Laddove in Occidente l’attività sociale e la beneficenza
religiosa si prefiggono di rendere più normali le condizioni di vita e
assumono perciò forme neutre e meccaniche (ospizi per i
poveri, eliminazione della povertà, pensioni di Stato per gli
anziani, assistenza), pur provando grande compassione per chi soffre,
l’ortodossia non crede nella possibilità di cambiare le cose
per tramite di sforzi umani, e dunque la beneficenza… ha carattere
personale di aiuto a una determinata persona, senza intermediari e solo
per amore nei confronti del singolo uomo, e non perché
si creda con ciò: di cambiare le condizioni di vita dell’umanità.
(…)
E poiché tutto si compie non grazie alla nostra ragione,
ma nel giudizio Divino, poiché l’uomo pone e Dio dispone e tutto, alla
fin fine, è nelle Sue mani,
il dovere religioso dell’uomo è di sottomettersi a Dio, di
rinunciare alla propria volontà umana e di non contrariare quella
Divina. Questo è il primo obbligo del cristiano. E
deve compiere in umiltà ciò a cui viene chiamato, vivere come tutti
gli altri senza mettersi in evidenza né porsi grandi traguardi, e
disquisire il meno possibile. (…)
Vien da credere che di tutte le confessioni cristiane nessuna senta proprio Cristo come l’ortodossa. Nel protestantesimo Cristo è un’immagine lontana senza
nulla di individuale; nel cattolicesimo egli è fuori dal mondo e fuori dal cuore dell’uomo. I santi cattolici lo vedono dinanzi
a loro, come modello a cui somigliare fino alle stigmate,
le ferite dei suoi chiodi, e solamente l’ortodosso - non solo il
santo, ma qualsiasi laico devoto lo sente dentro di sé, nel proprio
cuore. (…)
L’intimità con Dio non ha nulla in comune con l’esaltazione e il sentimentalismo occidentali...
NOTA
(1)Tratto dal libro di Florenskij, Bellezza e liturgia - Oscar Mondadori - I edizione oscar - 2010
lunedì 24 settembre 2012
Chiesa Ortodossa
Patriarcato di Mosca
Parrocchia di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
Parrocchia di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
(di fronte la pizzeria da Armando -
seguendo Corso Garibaldi a destra)
Castrovillari (cs)
Castrovillari (cs)
27 Settembre 2012
Воздвижение Честного и
Животворящего Креста Господня
Inaltarea Sfintei Cruci
ESALTAZIONE DELLA PREZIOSA
E VIVIFICANTE CROCE
Orario Ufficiature
Mercoledi 26 Ore 16.00 : Vespro (Vecernie)
Giovedi 27 Ore 10.00 : Divina Liturgia
Carissimi Fedeli Ortodossi di
ESALTAZIONE DELLA PREZIOSA
E VIVIFICANTE CROCE
Orario Ufficiature
Mercoledi 26 Ore 16.00 : Vespro (Vecernie)
Giovedi 27 Ore 10.00 : Divina Liturgia
Carissimi Fedeli Ortodossi di
Castrovillari e del circondario,
carissimi Arbëreshë
dei paesi viciniori,
(San Basile - Frascineto - Ejanina - Civita)
come sempre vi aspetto numerosissimi,
per celebrare con Voi le Ufficiature
della Vostra Chiesa e della Vostra
Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
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Dal sito: http://russiaoggi.it
Milano si veste di Russia
25 settembre - 5 ottobre
Dal 25 settembre al 14 ottobre 2012 il capoluogo
lombardo ospiterà mostre, concerti ed eventi per rinsaldare i rapporti
con San Pietroburgo e la Federazione
Un ponte di amicizia tra Milano e San
Pietroburgo. In occasione del 45esimo anniversario della cooperazione e
dello sviluppo tra le due città, anche quest’anno torna il progetto
“Città partner. San Pietroburgo – Milano”, cui si aggiunge la “Serata
russa a Milano”.
Cinema, mostre e concerti animeranno la vita culturale del capoluogo lombardo: la girandola di eventi inizierà il 25 settembre 2012 con il tradizionale evento di gala “Serata russa a Milano” (Palazzo Cusani). Istituzioni, imprenditori e professionisti del mondo della cultura e della moda saranno insieme come ospiti d’onore. L’evento sarà completato da un’asta di beneficenza, il cui ricavato sarà devoluto all'orfanotrofio n.4 di San Pietroburgo.
L’incontro sarà allietato dal concerto dei Solisti del Teatro Mariinksij, accompagnati dalla Cappella “Tavriceskaya”. A ciò faranno seguito la mostra di costumi della stilista Tatiana Parfenova e la presentazione di oggetti, dipinti dalla stessa artista, a cura della Fabbrica Imperiale di Porcellana.
L’evento si svolgerà inoltre sulle note dei giovani musicisti dell’Istituto Rimskij-Korsakov di San Pietroburgo e si concluderà con la sfilata di moda dello stilista Ralph Lauren, socio della Camera di Commercio Italo-Russa, e con le mostre “Le immagini del balletto russo” e “Il giardino Magico”.
Il 26 settembre 2012 presso Palazzo Moriggia (Via Borgonuovo, 23), verrà inaugurata la mostra “Porcellane pietroburghesi. Storia e contemporaneità”, aperta fino al 14 ottobre 2012. L’esposizione presenterà pezzi della prestigiosa Fabbrica Imperiale di Porcellane di San Pietroburgo, fondata nel 1744 e sarà accompagnata dalle fotografie di Yuri Molodkovets dedicate alla storia della fabbrica.
Per finire, dal 1° al 5 ottobre 2012 il cinema Apollo ospiterà il "Festival del Cinema Russo", nell’ambito del quale saranno proiettati film di registi di pietroburghesi.
Gli eventi, ai quali parteciperà anche Svetlana Medvedeva, Presidente della Fondazione per le iniziative sociali e culturali, moglie del primo ministro russo Dmitri Medvedev, sono organizzati nell’ambito del Foro di dialogo italo-russo dal Governo di San Pietroburgo, dalla Fondazione per le Iniziative Sociali e Culturali e la Direzione dei Programmi Internazionali della Federazione Russa, oltre alla Fondazione “Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia Russia”, con il sostegno del Comune di Milano, della Camera Nazionale della Moda Italiana e del Consolato Generale della Federazione Russa a Milano.
Cinema, mostre e concerti animeranno la vita culturale del capoluogo lombardo: la girandola di eventi inizierà il 25 settembre 2012 con il tradizionale evento di gala “Serata russa a Milano” (Palazzo Cusani). Istituzioni, imprenditori e professionisti del mondo della cultura e della moda saranno insieme come ospiti d’onore. L’evento sarà completato da un’asta di beneficenza, il cui ricavato sarà devoluto all'orfanotrofio n.4 di San Pietroburgo.
L’incontro sarà allietato dal concerto dei Solisti del Teatro Mariinksij, accompagnati dalla Cappella “Tavriceskaya”. A ciò faranno seguito la mostra di costumi della stilista Tatiana Parfenova e la presentazione di oggetti, dipinti dalla stessa artista, a cura della Fabbrica Imperiale di Porcellana.
L’evento si svolgerà inoltre sulle note dei giovani musicisti dell’Istituto Rimskij-Korsakov di San Pietroburgo e si concluderà con la sfilata di moda dello stilista Ralph Lauren, socio della Camera di Commercio Italo-Russa, e con le mostre “Le immagini del balletto russo” e “Il giardino Magico”.
Il 26 settembre 2012 presso Palazzo Moriggia (Via Borgonuovo, 23), verrà inaugurata la mostra “Porcellane pietroburghesi. Storia e contemporaneità”, aperta fino al 14 ottobre 2012. L’esposizione presenterà pezzi della prestigiosa Fabbrica Imperiale di Porcellane di San Pietroburgo, fondata nel 1744 e sarà accompagnata dalle fotografie di Yuri Molodkovets dedicate alla storia della fabbrica.
Per finire, dal 1° al 5 ottobre 2012 il cinema Apollo ospiterà il "Festival del Cinema Russo", nell’ambito del quale saranno proiettati film di registi di pietroburghesi.
Gli eventi, ai quali parteciperà anche Svetlana Medvedeva, Presidente della Fondazione per le iniziative sociali e culturali, moglie del primo ministro russo Dmitri Medvedev, sono organizzati nell’ambito del Foro di dialogo italo-russo dal Governo di San Pietroburgo, dalla Fondazione per le Iniziative Sociali e Culturali e la Direzione dei Programmi Internazionali della Federazione Russa, oltre alla Fondazione “Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia Russia”, con il sostegno del Comune di Milano, della Camera Nazionale della Moda Italiana e del Consolato Generale della Federazione Russa a Milano.
venerdì 21 settembre 2012
Dal sito: http://www.balcanicaucaso.org
Il Papa, la Serbia e l'Editto di Costantino
Giovanni Bensi - 19 settembre 2012
Il Papa, sul suolo della Serbia, non ha mai messo piede. Ma potrebbe
farlo in occasione delle celebrazioni nel 2013 dei 1700 anni dalla
promulgazione dell'Editto di Costantino. I rapporti tra cattolici e
ortodossi, le divisioni nella chiesa serba, i macigni del '900 che
pesano sui rapporti interreligiosi in questo approfondimento
(L'articolo è stato pubblicato anche dal quotidiano russo Nezavisimaja Gazeta)
Non si può certo dire che le Chiese cristiane,
quella cattolica come quella ortodossa, abbiano dato la prova migliore
di sé durante le guerre jugoslave degli anni novanta del secolo scorso.
Troppo spesso entrambe si sono prestate a far da supporto alle tendenze
nazionalistiche dei popoli fra i quali sono maggiormente rappresentate, i
croati e i serbi. Ed anche fra loro stesse non vi è stata pace e
collaborazione.
Ancora pesa il passato più remoto, quello della
Seconda guerra mondiale, che ha crudelmente spezzato un legame che non
si è ancora riusciti a riannodare. In particolare per gli ortodossi è
bruciante il ricordo del "genocidio" perpetrato contro i serbi, e del
tentativo di “convertirli” con la forza al cattolicesimo nella Nezavisna Država Hrvatska (NDH), il cosiddetto “Stato Croato Indipendente” del periodo bellico. Era lo stato guidato dagli ultra-fascisti ustaša
di Ante Pavelić, Andrija Artuković e simili. Non si è neppure
dimenticato che quel regime ebbe l’appoggio, anche se non sempre
entusiastico, della Chiesa cattolica e del suo capo, Alojzije Stepinac,
sempre in bilico fra il sostegno al regime (non riconosciuto, fra
l’altro, dal Vaticano) e la condanna delle sue atrocità. Stepinac fu
successivamente condannato nella Jugoslavia di Tito alla prigione a
Lepoglava e poi al confino nel suo villaggio natale di Krašić, elevato
alla porpora da Pio XII e, dopo la morte (è seppellito nell’abside del
duomo di Zagabria sul Kaptol), beatificato da Papa Giovanni Paolo II. E
duole ancora il ricordo dello spaventoso lager ustaša di
Jasenovac che, purtroppo, fu diretto per due mesi anche dal francescano
Miroslav Filipović-Majstorović. La Chiesa lo espulse dall'ordine nel
1942, e la nuova Jugoslavia lo giustiziò nel 1946.
Gli odi e le violenze degli anni novanta si
assommarono a tutto questo, rendendo ancor più pesante il ricordo e più
lancinante il dolore. Ma ora molto tempo è passato e le due chiese
tentano faticosamente di diventare un veicolo di rinascita e
riconciliazione fra serbi e croati.
A Niš per Costantino
Un’occasione
opportuna potrebbe essere data dalla conferenza internazionale che si
terrà a Niš in Serbia, l’anno prossimo (e che ha già avuto
un’anticipazione di tre giorni a Novi Sad quest’anno), dedicata al 1.700
anniversario dell’Editto di Milano con cui l’imperatore Costantino nel
313 concesse la libertà di culto ai cristiani (“Costantino il Grande
alle radici d’Europa”, “Konstantin Veliki – na tragovima korena Evrope”).
La conferenza sarà presieduta dal Patriarca della Chiesa ortodossa
serba Irinej, lui stesso già vescovo di Niš. Perché proprio Niš? Perché
in questa città, che allora si chiamava Naissus, nel 274 nacque lo
stesso Costantino.
La ricorrenza del giubileo costantiniano offre
alle Chiese di Serbia e di Croazia l’occasione per uscire dal
provincialismo in cui le ha ridotte la loro scelta, avvenuta con lo
sfaldamento della Jugoslavia, di essere in primo luogo chiese nazionali.
A questo proposito incominciò a circolare la notizia che in occasione
delle celebrazioni di Niš sarebbe venuto in visita in Serbia (e questo
sarebbe un primum absolutum) Papa Benedetto XVI. Come nasce la
notizia? Già il 27 gennaio 2010, poco dopo la sua elezione a Patriarca
della Chiesa ortodossa serba, Irinej, in un’intervista al Dnevnik
di Zagabria, rispondendo a una domanda sulla possibilità di una visita
di Papa Benedetto XVI in Serbia, disse: “Forse è venuto il momento di
affrontare questo problema nella maniera più seria. Come si può infatti
agire se non vi sono dialogo e contatti? Nello stesso tempo – continuò
Irinej – un tale incontro è necessario per incominciare a risolvere i
problemi che si sono talmente accumulati (nataložili se) al punto
da farci allontanare gli uni dagli altri”. Il Patriarca sottolineò che
“la divisione tra Oriente e Occidente dura già da tanti secoli che forse
è proprio giunto il momento che si arrivi a un tale incontro. "In modo
che possiamo dirci gli uni gli altri ciò che abbiamo da dirci e poi
possiamo gli uni e gli altri riflettere su tutto”.
E alla domanda se i vertici della Chiesa ortodossa
avessero già, anche in passato, sollevato il problema della visita
papale, il Patriarca ha risposto: “Anche in passato si parlò di una
visita del vescovo di Roma. Il nostro punto di vista allora fu che il
momento non era ancora giunto e che bisognasse aspettare un’occasione
migliore. Adesso – aggiunse Irinej – ritengo che occorre salutare
l’avvio di tali discorsi”. E proprio qui il protoierarca della Chiesa
serba osservò che nell’opinione pubblica serba “finora più volte si è
citato il 2013, quando si attendono i festeggiamenti del 1.700
anniversario della promulgazione dell’Editto di Milano”.
L'asfalto di Zagabria e le pietre dello scandalo
Nel
giugno 2012 avvenne un avvenimento che dovrebbe avere riflessi positivi
sul dialogo e la collaborazione fra cattolici e ortodossi in ex
Jugoslavia. Il patriarca Irinej, accompagnato dai membri del S. Sinodo,
si recò in visita in Croazia dove, come osserva ironicamente il Večernji list,
“non aveva ancora messo piede sull’asfalto di Zagabria, che la sua
visita era già stata proclamata storica”. Irinej ebbe un incontro con il
presidente della Croazia Ivo Josipović, col premier Zoran Milanović ed
altri politici croati, ma soprattutto con l’arcivescovo cattolico di
Zagabria, card. Josip Bozanić e i membri dello Stalno vijeće
(Comitato permanente) della Conferenza episcopale croata, al fine di
“dare un impulso al dialogo cattolico-ortodosso” che, come osserva
sempre il Večernji list, “si era congelato a causa dell’aggressione serba e della guerra contro la Croazia”.
Ufficialmente non si parlò della possibile visita
del Papa, ma si affrontò un tema che necessariamente deve precederla:
l’acclaramento delle responsabilità croato-cattoliche e serbo-ortodosse
nelle atrocità delle recenti guerre “jugoslave”. “I partecipanti
all’incontro – si legge in un comunicato – sono consapevoli del fatto
che numerose questioni del passato sono ancora pietre dello scandalo”. I
vescovi si sono detti d’accordo che “è necessario quanto prima far luce
sugli avvenimenti sui quali non vi è ancora sufficiente sensibilità
nell’opinione pubblica croata e serba”. I vescovi hanno inoltre espresso
appoggio al lavoro della commissione di indagine sui “crimini
comunisti” e sulla identificazione delle tombe delle vittime.
In missione
Due mesi dopo ritornò d’attualità il tema “papa”. A inizio agosto 2012 il giornale croato Večernji list, seguito a ruota dal serbo Vesti, ripresero un’informazione, diplomaticamente prudente, dell’agenzia IKA (Informativna katolička agencija),
portavoce della Conferenza episcopale croata, sulla recente visita a
Belgrado di due vescovi croati. Si tratta del vescovo di Požega, Antun
Skvorčević e del vescovo di Ragusa (Dubrovnik) Mate Uzinić che hanno
avuto un incontro con il Patriarca Irinej allo scopo, questa è stata
l’interpretazione dei media, di discutere la possibilità di invitare il
Papa in Serbia.
Il quotidiano Vesti ha anche la spiegazione
dei motivi per cui questa delicata missione sarebbe stata affidata ai
due vescovi citati. Scrive infatti il giornale: “La delegazione che
doveva ‘sondare il terreno’ sulla possibilità di una venuta del Papa era
costituita da due vescovi che sono andati più in là di altri nello
stabilire buoni rapporti con i vescovi ortodossi in Croazia. Il vescovo
di Požega, Skvorčević, in più occasioni ha celebrato messe in suffragio
delle vittime di Jasenovac, ed ha preso l’iniziativa di riunire
sacerdoti delle tre fedi, ortodossa, cattolica e giudaica, per
celebrazioni ecumeniche in memoria di quelle vittime”. Nessun sospetto “neo-ustaša”, dunque.
L’agenzia IKA ha così riassunto la sostanza dei
colloqui belgradesi dei due vescovi croati: “Il patriarca Irinej ha
anche presentato il programma dei festeggiamenti per il 1.700
anniversario dell’Editto costantiniano sulla libertà dei cristiani e ha
illustrato i preparativi a Niš, esprimendo la convinzione che in
quell’occasione l’incontro in Serbia di Papa Benedetto XVI con gli altri
patriarchi delle chiese ortodosse avrebbe un grande significato per
l’instaurazione di rapporti di fiducia e di riconciliazione fra le
chiese in generale. Ma a questo proposito esistono ancora determinate
difficoltà, anche se si spera che, nonostante il breve tempo trascorso,
sia pur sempre possibile superarle”.
La formula secondo cui “determinate difficoltà possono essere superate” indusse il Večernji list
a vedervi un segno dell’esistenza di buone possibilità che il capo
della Chiesa cattolica, nonostante tutto, sarebbe comunque stato
invitato, l’anno prossimo, alla solenne celebrazione dell’editto sulla
libertà dei cristiani. Il giornale Vesti confermò che l’8 agosto
effettivamente si era svolto il citato incontro di Irinej con i due
vescovi croati, al quale, rivelò il quotidiano, era presente anche
l’arcivescovo cattolico di Belgrado, Stanislav Kočevar. Ma durante i
colloqui non sarebbe stato trattato alcun argomento straordinario, come
avrebbe potuto essere l’invito al Papa. Il Patriarca Irinej quindi partì
per un breve viaggio negli Stati Uniti, mentre il portavoce della
Chiesa ortodossa serba, vladika (vescovo) della Bačka Irinej si è
rifiutato di confermare o smentire se nell’incontro alla Patrijaršija
si fosse parlato anche del Pontefice.
Illazioni e divisioni ortodosse
Nell'aprile
di quest’anno era del resto parso che il Vaticano avesse bloccato tutte
le speculazioni fatte fino allora su un possibile viaggio del papa a
Niš. Il giorno 17 il segretario-stampa della S. Sede, p. Federico
Lombardi, proprio in una conferenza stampa dedicata alla conferenza di
Niš, alla quale la chiesa cattolica sarà comunque rappresentata, disse
che il Pontefice non ha in programma alcun viaggio in Serbia, anche se
con il Patriarca serbo era stata menzionata “l’eventuale possibilità di
una visita del Papa a Niš”, tenendo conto dell’”invito del presidente
serbo”, ma che “queste considerazioni non si sono concretizzate”.
Il Papa in realtà aveva ricevuto l’invito dall’ex
presidente della Serbia, Boris Tadić, ma non era arrivato un analogo
invito da parte del Patriarcato di Belgrado, necessario perché il
pontefice potesse recarsi a Niš. Nella Chiesa ortodossa serba infatti
non c’è accordo su questo punto: il maggior rimprovero che si fa alla S.
Sede è che due Papi, Giovanni Paolo II, che visitò la Croazia nel 2003 e
beatificò Alojzije Stepinac, e Benedetto XVI, che venne a Zagabria
(dove pregò brevemente sulla tomba del medesimo Stepinac) nel giugno
2011, non si recarono a Jasenovac per rendere omaggio alle vittime del
regime ustaša. Alla Patrijaršija di Belgrado viene spesso
ricordata la frase del defunto Patriarca Pavle, il predecessore di
Irinej, il quale era solito ripetere che “dolazak Pape u Srbiju vodi preko Jasenovca”
(“la venuta del Papa in Serbia passa per Jasenovac”). Molti però in
Serbia si rendono conto che è solo una questione di tempo che il Papa
venga in visita ufficiale, benché contro questa prospettiva si pronunci
la Chiesa ortodossa russa con il suo Patriarca Kirill, che ha aperti con
la Chiesa cattolica due contenziosi: quello dei “greco-cattolici” (uniati)
o cattolici di rito bizantino-slavo in Ucraina Occidentale ed il
problema del cosiddetto “proselitismo” cattolico fra gli ortodossi.
Il problema delle visita del Papa ha avuto una
svolta in senso negativo il 14 agosto 2012, quando la Patrijaršija
comunicò, con un documento assai duro nella forma, che Papa Benedetto
XVI non ha mai inviato un messaggio, e men che meno un segnale alla
Chiesa ortodossa serba circa un suo desiderio di visitare la Serbia e
aggiungeva che il tema per la Chiesa serba “addirittura non esiste” (uopšte ne postoji). Il comunicato è firmato dal vescovo della Bačka, vladika
Irinej, portavoce del Patriarcato (e da non confondere con il Patriarca
Irinej, ndr), da sempre critico di un avvicinamento al Vaticano. Vladika Irinej aggiunge che “non esiste alcuna ‘opposizione di singoli vescovi’, ma una decisione unanime del Santo Sinodo (Sabor)
Episcopale, secondo cui alla celebrazione dell’Editto di Milano
verranno invitati i capi delle Chiese ortodosse e delegazioni di alto
livello, quindi rappresentanti responsabili, delle Chiese cristiane
‘eterodosse’ (inoslavne), compresa la Chiesa cattolica romana, ma non i loro capi”.
La Chiesa ortodossa serba, si legge inoltre nel
documento, ritiene che “il modo in cui la maggioranza dei media in
Serbia, ma alcuni anche in Croazia, trattano un tema fabbricato ad arte e
un falso dilemma, sia disgustoso per tutti i cristiani seri (“degutantan za ozbiljne hrišćane”)
e ben intenzionati, ortodossi, cattolici romani ed altri”. “Sua Santità
Benedetto XVI, Papa di Roma, non ha mai, né in modo ufficiale, né non
ufficiale, né direttamente, né indirettamente, né per allusione, inviato
un messaggio o almeno un segnale alla Chiesa ortodossa serba circa un
suo desiderio di visitare la Serbia”, afferma vladika Irinej. Il
comunicato della Chiesa ortodossa sottolinea che per essa il tema di una
visita del Papa in Serbia non esiste affatto e che questo tema, “in
tali condizioni”, non può neppure essere esaminato nell’ambito delle
competenze canoniche della Chiesa.
Profughi terroristi?
A
questo punto nella polemica si inserì lo stesso Patriarca Irinej, che
in parte prese le distanze dal tono di chiusura del suo omonimo, vescovo
della Bačka, in particolare sul preteso disinteresse del Papa per un
viaggio in Serbia. Il patriarca Irinej disse di non aver nulla contro la
visita del Papa, ma addusse due argomenti, uno ben noto, ma l’altro
inedito, per ritenere inopportuno l’evento. Il Patriarca dichiarò che la
venuta del Papa “sarebbe utile anche per la Serbia ed il popolo serbo
poiché in questo modo si aprirebbe una nuova pagina nella storia dei
rapporti fra la Chiesa cattolica e ortodossa”. Il patriarca aggiunse di
“non vedere alcun danno nel fatto che il Papa visiti la Serbia”, anzi,
“il dialogo con una personalità qual è il vescovo di Roma sarebbe molto
utile perché egli è anche un capo di stato”. Ma qui Irinej citò le due
ragioni, come dicevamo, una nota e l’altra “inedita”, per cui questo non
può avvenire. Il capo della Chiesa serba, contraddicendo il vladika
suo omonimo, ricordò che “il Papa anche in precedenza aveva espresso il
desiderio di visitare la Serbia”. Tuttavia “le ragioni per la sua
mancata visita sono i ricordi ancora freschi delle conseguenze della
Seconda guerra mondiale, specialmente delle ultime guerre e tragedie”.
Insomma, il ricordo ancora doloroso di Jasenovac e dell’”operacija ‘Oluja’”
(l'operazione Tempesta dell'esercito croato che nel 1995 pose fine al
controllo di parte del territorio della Croazia da parte delle milizie
serbe e durante la quale vennero commessi numerosi crimini ai danni dei
civili, ndr).
A questo punto però Irinej aggiunse la
giustificazione “inedita”: “In più ci sono i motivi della sicurezza del
Papa durante il suo soggiorno nel paese, che nessuno potrebbe
garantirgli tenendo conto del fatto che qui ancora vivono molti
profughi”. Insomma, Irinej per la prima volta ha fatto balenare il
rischio di un atto di violenza, o addirittura di un attentato, contro
Benedetto XVI da parte di qualche profugo serbo dalla Croazia, magari
dalla Krajina. Le parole di Irinej hanno suscitato varie polemiche delle
quali si è reso interprete il noto e controverso scrittore-giornalista
serbo Petar Milatović Ostroški (che vive a Vienna). Egli ha inviato al
Patriarca una lunga “lettera aperta” nella quale, pur bollando con
parole di fuoco Papa Ratzinger, si dissocia dall’ipotesi di Irinej.
Scrive dunque Ostroški: “Santità, ma è Lei veramente consapevole di ciò
che hanno provocato le Sue parole ‘nessuno potrebbe garantire la
sicurezza [del Papa], poiché qui vivono molti profughi’, parole che sono
prive di ogni umiltà e di ogni conciliazione? Accusare i profughi serbi
e proclamarli in anticipo potenziali terroristi veramente rappresenta
il peggiore insulto all’intelligenza. I profughi serbi non sono stati
bollati come potenziali terroristi che potrebbero minacciare la
sicurezza del Papa in Serbia, da nessun frate o cardinale cattolico, da
nessun mufti o ayatollah musulmano, ma ciò invece lo ha fatto
l’eccellente (vrli) Patriarca serbo, Lei che siede sul trono di San Sava!”
Il diavolo nel dettaglio
Concludiamo con una curiosità. Ricordiamo che a Niš, sul kej (passeggiata)
lungo il fiume Nišava che bagna la città, è stato inaugurato un
monumento a Costantino il Grande che ha scontentato un po’ tutti, anche
al di là della controversia sul possibile arrivo del Papa. La
composizione del monumento è stata elaborata da Piero Bordin, direttore
della fondazione austriaca “Art Carnuntum” mentre lo scultore è Mile
Kocev. Però, non appena inaugurata, l’opera ha suscitato la perplessità
del sindaco di Niš Miloš Simonović, il quale, non senza ragione, ha
osservato: “Ai cittadini non è chiaro perché sul piedistallo è indicato
l’anno 312, quando l’Editto è datato al 313”. Già, c’è una piccola
confusione. Nel 312 vi fu la celebre battaglia di Ponte Milvio contro
Massenzio, durante la quale a Costantino, secondo la tradizione,
comparve la Croce con la scritta “In hoc signo vinces”. E questo
motto, tradotto in serbo-croato, è riprodotto anche a grandi lettere
intorno ad un medaglione che orna il monumento: “Pod ovim znakom pobedićeš”. Però qui si è adontato il signor Željko Filipović, esponente dell’associazione “Ćirilica”,
evidentemente costituita da zelatori dell’alfabeto cirillico. Anche lui
ha pensato bene di spedire una lettera aperta al Patriarca Irinej, in
cui lamenta che la traduzione del motto costantiniano non sia scritta in
cirillico e che il testo in caratteri latini contenga due “errori
ortografici”: nella parola “pobedićeš” le due lettere ć e š sono scritte senza il necessario segno diacritico: “pobedices”.
Come si vede, “il diavolo sta nel dettaglio”, e ciò ci fa temere che
anche la ben più complessa questione della visita del Papa a Niš non
sarà di facile soluzione.
giovedì 20 settembre 2012
Dal sito cattolico: Zenit.org
L'incontro tra Papa e Patriarca di Mosca sembra oggi più vicino
Lo dichiara ad ACS lo ieromonaco Giovanni Guaita, studioso italiano da quasi trentanni in Russia
ROMA, martedì, 18 settembre 2012 (ZENIT.org).-
«Un’eventualità mai esclusa in passato e che oggi sembra più vicina».
Il tanto atteso incontro tra Benedetto XVI e il patriarca ortodosso
Kirill potrebbe non essere troppo lontano, a patto che si risolvano
alcune questioni aperte. E’ quanto dichiara ad Aiuto alla Chiesa che
Soffre lo ieromonaco Giovanni Guaita, studioso italiano da quasi
trent’anni in Russia, collaboratore del segretariato per i rapporti
inter-cristiani del Dipartimento per le relazioni esterne del
Patriarcato di Mosca. Lo ieromonaco – titolo attribuito dalle chiese
orientali ai monaci che hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale – ha
accolto la Fondazione pontificia nel monastero moscovita di San Daniele,
centro spirituale ed amministrativo della chiesa ortodossa dove ha sede
il dipartimento presieduto dal metropolita Hilarion.
«Il desiderio è che l’incontro possa segnare un momento di effettivo cambiamento nei rapporti tra le due chiese. E non limitarsi ad una stretta di mano davanti ai fotografi». Prima però occorre sciogliere alcuni nodi. Non tanto in Russia, quanto in altri Paesi: ad esempio l’Ucraina. La volontà di rendere possibile un faccia a faccia tra i capi delle due Chiese comunque permane e - ironia della sorte - nel 2005 ne discussero proprio il neo eletto al soglio pontificio Ratzinger e l’allora “semplice” metropolita Kirill.
I rapporti tra Mosca e Santa Sede sono stati dibattuti anche lo scorso luglio in occasione della visita di Monti in Russia quando, complice un problema di calendario, il premier italiano ha infranto il protocollo incontrando il patriarca ortodosso prima ancora del suo omologo Medvedev. Lo ieromonaco era presente al colloquio in cui si è ovviamente parlato dell’attuale crisi economica, un tema profondamente sentito dal patriarcato. «La Russia si confronta oggi con problemi sociali che mai ha conosciuto in passato – spiega ad ACS-Italia – come l’enorme disparità economica tra i vari strati della popolazione. E la Chiesa ortodossa è sempre più attiva in questo ambito».
Un fenomeno relativamente recente è poi quello dell’immigrazione. Quelli che nel periodo sovietico erano semplici spostamenti interni sono ora diventati flussi migratori con conseguenti problemi di accoglienza e integrazione. «A Mosca la comunità d’immigrati, sia ufficiale che clandestina, è molto nutrita – continua il religioso – e proviene in larga parte da ex repubbliche sovietiche a maggioranza musulmana. Anche per questo è necessario favorire un dialogo interreligioso».
Il patriarcato russo-ortodosso è altresì fortemente impegnato a fornire sostegno ai cristiani perseguitati in tutto il mondo e contro una «certa cristianofobia presente in Europa occidentale e lì dove i fedeli non subiscono direttamente la persecuzione, ma si vorrebbe relegare la Chiesa ai margini della vita sociale e ridurre il fatto religioso ad una questione privata».
Infine il religioso ortodosso ha ringraziato ACS, «una delle primissime organizzazioni cattoliche a stabilire rapporti molto cordiali con il patriarcato di Mosca». Immediatamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’aria era tesa tra le due Chiese, tanto in Russia quanto negli altri Paesi ex URSS. La Fondazione pontificia ha però continuato a sostenere «una sorprendente quantità» di progetti in favore della Chiesa ortodossa sia a Mosca che nelle altre regioni della Federazione. «E’ in buona parte grazie al vostro aiuto se da ormai vari anni le relazioni con il Vaticano sono buone. Oggi col Patriarcato collaborano anche altre realtà cattoliche, Aiuto alla Chiesa che Soffre lo fa da sempre».
«Il desiderio è che l’incontro possa segnare un momento di effettivo cambiamento nei rapporti tra le due chiese. E non limitarsi ad una stretta di mano davanti ai fotografi». Prima però occorre sciogliere alcuni nodi. Non tanto in Russia, quanto in altri Paesi: ad esempio l’Ucraina. La volontà di rendere possibile un faccia a faccia tra i capi delle due Chiese comunque permane e - ironia della sorte - nel 2005 ne discussero proprio il neo eletto al soglio pontificio Ratzinger e l’allora “semplice” metropolita Kirill.
I rapporti tra Mosca e Santa Sede sono stati dibattuti anche lo scorso luglio in occasione della visita di Monti in Russia quando, complice un problema di calendario, il premier italiano ha infranto il protocollo incontrando il patriarca ortodosso prima ancora del suo omologo Medvedev. Lo ieromonaco era presente al colloquio in cui si è ovviamente parlato dell’attuale crisi economica, un tema profondamente sentito dal patriarcato. «La Russia si confronta oggi con problemi sociali che mai ha conosciuto in passato – spiega ad ACS-Italia – come l’enorme disparità economica tra i vari strati della popolazione. E la Chiesa ortodossa è sempre più attiva in questo ambito».
Un fenomeno relativamente recente è poi quello dell’immigrazione. Quelli che nel periodo sovietico erano semplici spostamenti interni sono ora diventati flussi migratori con conseguenti problemi di accoglienza e integrazione. «A Mosca la comunità d’immigrati, sia ufficiale che clandestina, è molto nutrita – continua il religioso – e proviene in larga parte da ex repubbliche sovietiche a maggioranza musulmana. Anche per questo è necessario favorire un dialogo interreligioso».
Il patriarcato russo-ortodosso è altresì fortemente impegnato a fornire sostegno ai cristiani perseguitati in tutto il mondo e contro una «certa cristianofobia presente in Europa occidentale e lì dove i fedeli non subiscono direttamente la persecuzione, ma si vorrebbe relegare la Chiesa ai margini della vita sociale e ridurre il fatto religioso ad una questione privata».
Infine il religioso ortodosso ha ringraziato ACS, «una delle primissime organizzazioni cattoliche a stabilire rapporti molto cordiali con il patriarcato di Mosca». Immediatamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’aria era tesa tra le due Chiese, tanto in Russia quanto negli altri Paesi ex URSS. La Fondazione pontificia ha però continuato a sostenere «una sorprendente quantità» di progetti in favore della Chiesa ortodossa sia a Mosca che nelle altre regioni della Federazione. «E’ in buona parte grazie al vostro aiuto se da ormai vari anni le relazioni con il Vaticano sono buone. Oggi col Patriarcato collaborano anche altre realtà cattoliche, Aiuto alla Chiesa che Soffre lo fa da sempre».
mercoledì 19 settembre 2012
Conclusa la visita del Patriarca Kirill in Giappone
Si è concluso il 18 settembre 2012 il soggiorno del Primate della
Chiesa ortodossa russa in Giappone. La visita di Sua Santità il
Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill si è svolta in occasione
del centenario della morte di S. Nicola, evangelizzatore ortodosso del
Giappone.
In aeroporto il Patriarca è stato accompagnato dal Metropolita Daniel
di Tokyo e tutto il Giappone, dall’arcivescovo Serafim di Sendai, dal
clero della Chiesa Ortodossa Autonoma Giapponese, dall’arciprete Nikolaj
Katsyuban, capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa russa a
Tokyo, e dall’Ambasciatore della Federazione Russa in Giappone E.
Afanasiev.
La visita del Patriarca Kirill alla Chiesa Ortodossa Autonoma
Giapponese è iniziata il 14 settembre dalla città di Hakodate, dove San
Nicola aveva iniziato la sua missione nelle isole giapponesi.
Della delegazione ufficiale della Chiesa ortodossa russa che ha
accompagnato Sua Santità facevano parte i metropoliti Varsonofij di
Saransk e Mordovia, cancelliere del Patriarcato e Hilarion di
Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne,
l’arcivescovo Varfolomej di Rivne e Ostrog, il vescovo Sergij di
Solnechnogorsk, direttore della Segreteria amministrativa del
Patriarcato, l’arciprete Nikolaj Balashov, vice presidente del
Dipartimento per le relazioni esterne, Vladimir Legoida, presidente del
Dipartimento sinodale per l’informazione, l’arcidiacono Vladimir
Nazarkin, assistente del presidente del Dipartimento per le relazioni
esterne e Michail Kuksov, responsabile della segreteria personale del
Patriarca.
Il giorno dell’arrivo in Giappone, Sua Santità ha visitato la chiesa
della Resurrezione della città di Hakodate, prima chiesa ortodossa del
Paese, e il cimitero degli stranieri della stessa città, dove si è
raccolto in preghiera davanti alle tombe di diversi connazionali.
Il 15 settembre il Patriarca Kirill si è recato col suo seguito nella
città di Sendai, dove ha pregato nella chiesa dell’Annunciazione,
cattedrale della diocesi ortodossa locale. Il Patriarca ha poi visitato
la regione di Arahama, sulla riva dell’oceano Pacifico, che l’11 marzo
2011 è stata devastata dal potente tsunami; qui Sua Santità ha pregato
per le vittime della catastrofe naturale e deposto una corona di fiori
alla base del monumento ai caduti. Nello stesso giorno il Patriarca
Kirill si è incontrato col sindaco della città di Sendai, Emiko Okuyama.
Il 16 settembre, 15 domenica dopo la Pentecoste, il Patriarca Kirill
ha presieduto la Divina Liturgia nella cattedrale ortodossa della
Resurrezione a Tokyo in concelebrazione col metropolita di Tokyo Daniel e
vescovi e chierici di entrambe le Chiese.
Nel cimitero di Tokyo il Patriarca Kirill ha pregato accanto alla
tomba di san Nicola, missionario del Giappone e ha visitato le tombe
degli altri vescovi della Chiesa Ortodossa Giapponese qui sepolti.
Nel corso della sua visita in Giappone, il Patriarca ha visitato la
rappresentanza della Chiesa Ortodossa Russa a Tokyo e ha partecipato
alla presentazione alla stampa dell’edizione giapponese del suo libro
“Libertà e responsabilità. Alla ricerca dell’armonia. I diritti
dell’uomo e la dignità della persona”.
Il 18 settembre, a conclusione della visita, il Patriarca Kirill si è
incontrato con l’Ambasciatore della Federazione Russa in Giappone E.
Afanasev, col Primo Ministro giapponese Josichiko Noda e con
l’Imperatore del Giappone Akichito.
dal sito: http://www.ortodoxia.it
CALENDARIO LITURGICO 2013
DEDICATO ALLA SANTA MONTAGNA DELL'ATHOS
DIMENSIONI A3 - RIPORTA LE FESTIVITA' IL VANGELO, L'EPISTOLA E IL TONO
DISPONIBILE DAI PRIMI DI OTTOBRE
DA MURO
martedì 18 settembre 2012
Dal Blog: http://chiesaortodossarussaitalia.blogspot.it/
Il Patriarca di Mosca contro i nemici della Chiesa

MOSCA, 11.
La “fusione” tra il Patriarcato di Mosca e lo Stato è una «invenzione», una «elucubrazione» fatta apposta per attaccare la Chiesa ortodossa russa e i valori da essa promossi e difesi: il Patriarca di Mosca, Cirillo, ha utilizzato un’intervista televisiva e il sermone domenicale pronunciato nella cattedra-le di Cristo Salvatore per sgombera-re il campo da vecchie e nuove illazioni che mettono in stretto collegamento il potere statale con la sfera religiosa e i suoi massimi rappresen-tanti. Una polemica tornata di attualità dopo recenti, clamorosi epi-sodi che hanno visto la Chiesa come bersaglio di insulti, minacce e mani-festazioni di dissenso (ignoti vandali in Russia e in Ucraina hanno anche tagliato di netto alcune croci). «Si tratta di una menzogna — ha detto Cirillo — creata ad arte da chi vuole attaccare la Chiesa con una certa concezione del mondo, per mostrare che attraverso questa presunta “fu-sione” con lo Stato essa intende controllare la vostra coscienza, la vostra volontà. Perché il fatto che il presidente o il primo ministro preghino con il Patriarca una o due volte all’anno deve portare alla con-clusione che esiste un amalgama? E perché si devono privare queste per-sone, credenti, del diritto di pregare, anche assieme al loro Patriarca?», si è chiesto il primate ortodosso. Sia nell’intervista alla catena tele-visiva Rossya 1 sia durante la cele-brazione in cattedrale (nella quale è stato ricordato il duecentesimo anni-versario della battaglia di Borodino, luogo di un epico scontro fra l’eser-cito russo e le truppe di Napoleo-ne), Cirillo ha affermato che la Chiesa ortodossa è attaccata da “nemici” che temono la sua rinascita, dopo la caduta del regime sovietico, e che vogliono distruggere i suoi luoghi di culto. «Non ci fermeremo», ha ammonito il Patriarca di Mosca rivolgendosi a tutti quegli “avversari” che intendono bloccare l’espandersi del cristianesimo orto-dosso nel Paese. E si è detto convin-to che questi attacchi sono “esplora-tivi”, fatti per «testare la profondità della fede e dell’impegno per l’orto-dossia in Russia». Oggi — ha ag-giunto — «penso che chi ha lanciato questa provocazione ha visto che davanti a sé non c’è una massa sen-za volto, silenziosa, ma un popolo in grado di proteggere ciò che è sa-c ro » . Com’è noto, nelle settimane scor-se, l’organizzazione ortodossa «La Santa Russia», per voce del suo re-sponsabile, Ivan Otrakovsky, ha of-ferto al Patriarcato la sua disponibi-lità a mettere in pratica l’idea di af-fidare a gruppi di fedeli volontari la difesa dei luoghi di culto e dei cimi-teri, anche per prevenire possibili aggressioni ai sacerdoti nelle strade di Mosca. Cirillo ha dipinto coloro che attaccano la Chiesa come nemici della Russia, affermando che tale “campagna” è «contro la nostra anima cul-turale, contro il nostro codice di civiltà». E riferendosi alla battaglia di Borodino ha spiegato che quello scontro contro le forze napoleoni-che, duecento anni fa, è stata una lezione per la Russia di oggi, minacciata «dalla blasfemia e dall’ol-traggio». Coloro che invitano a «prendere in giro i nostri santuari, a rigettare la nostra fede e, addirittura, a distruggere le nostre chiese, stanno tuttavia sperimentando — ha sottolineato il primate ortodosso — la capacità della gente di proteggere i loro luoghi sacri». Nei suoi interventi, il Patriarca di Mosca ha quindi replicato a chi vede nella Chiesa e nello Stato un tutt’uno, osservando che ciò che sta accadendo «non è una fusione ma la cristianizzazione della società». Ed è proprio questo «che spaventa i nostri nemici, è la paura di fronte al fatto che l’ortodossia russa, praticamente annientata all’epoca sovietica, è stata capace di tornare nella vita delle persone. Forse — ha concluso Cirillo — tutto questo “trambusto” è stato fatto per fermarci, ma non ci riusciranno, perché non ci fermeremo».
La “fusione” tra il Patriarcato di Mosca e lo Stato è una «invenzione», una «elucubrazione» fatta apposta per attaccare la Chiesa ortodossa russa e i valori da essa promossi e difesi: il Patriarca di Mosca, Cirillo, ha utilizzato un’intervista televisiva e il sermone domenicale pronunciato nella cattedra-le di Cristo Salvatore per sgombera-re il campo da vecchie e nuove illazioni che mettono in stretto collegamento il potere statale con la sfera religiosa e i suoi massimi rappresen-tanti. Una polemica tornata di attualità dopo recenti, clamorosi epi-sodi che hanno visto la Chiesa come bersaglio di insulti, minacce e mani-festazioni di dissenso (ignoti vandali in Russia e in Ucraina hanno anche tagliato di netto alcune croci). «Si tratta di una menzogna — ha detto Cirillo — creata ad arte da chi vuole attaccare la Chiesa con una certa concezione del mondo, per mostrare che attraverso questa presunta “fu-sione” con lo Stato essa intende controllare la vostra coscienza, la vostra volontà. Perché il fatto che il presidente o il primo ministro preghino con il Patriarca una o due volte all’anno deve portare alla con-clusione che esiste un amalgama? E perché si devono privare queste per-sone, credenti, del diritto di pregare, anche assieme al loro Patriarca?», si è chiesto il primate ortodosso. Sia nell’intervista alla catena tele-visiva Rossya 1 sia durante la cele-brazione in cattedrale (nella quale è stato ricordato il duecentesimo anni-versario della battaglia di Borodino, luogo di un epico scontro fra l’eser-cito russo e le truppe di Napoleo-ne), Cirillo ha affermato che la Chiesa ortodossa è attaccata da “nemici” che temono la sua rinascita, dopo la caduta del regime sovietico, e che vogliono distruggere i suoi luoghi di culto. «Non ci fermeremo», ha ammonito il Patriarca di Mosca rivolgendosi a tutti quegli “avversari” che intendono bloccare l’espandersi del cristianesimo orto-dosso nel Paese. E si è detto convin-to che questi attacchi sono “esplora-tivi”, fatti per «testare la profondità della fede e dell’impegno per l’orto-dossia in Russia». Oggi — ha ag-giunto — «penso che chi ha lanciato questa provocazione ha visto che davanti a sé non c’è una massa sen-za volto, silenziosa, ma un popolo in grado di proteggere ciò che è sa-c ro » . Com’è noto, nelle settimane scor-se, l’organizzazione ortodossa «La Santa Russia», per voce del suo re-sponsabile, Ivan Otrakovsky, ha of-ferto al Patriarcato la sua disponibi-lità a mettere in pratica l’idea di af-fidare a gruppi di fedeli volontari la difesa dei luoghi di culto e dei cimi-teri, anche per prevenire possibili aggressioni ai sacerdoti nelle strade di Mosca. Cirillo ha dipinto coloro che attaccano la Chiesa come nemici della Russia, affermando che tale “campagna” è «contro la nostra anima cul-turale, contro il nostro codice di civiltà». E riferendosi alla battaglia di Borodino ha spiegato che quello scontro contro le forze napoleoni-che, duecento anni fa, è stata una lezione per la Russia di oggi, minacciata «dalla blasfemia e dall’ol-traggio». Coloro che invitano a «prendere in giro i nostri santuari, a rigettare la nostra fede e, addirittura, a distruggere le nostre chiese, stanno tuttavia sperimentando — ha sottolineato il primate ortodosso — la capacità della gente di proteggere i loro luoghi sacri». Nei suoi interventi, il Patriarca di Mosca ha quindi replicato a chi vede nella Chiesa e nello Stato un tutt’uno, osservando che ciò che sta accadendo «non è una fusione ma la cristianizzazione della società». Ed è proprio questo «che spaventa i nostri nemici, è la paura di fronte al fatto che l’ortodossia russa, praticamente annientata all’epoca sovietica, è stata capace di tornare nella vita delle persone. Forse — ha concluso Cirillo — tutto questo “trambusto” è stato fatto per fermarci, ma non ci riusciranno, perché non ci fermeremo».
© Osservatore Romano - 12 settembre 2012
giovedì 13 settembre 2012
6 Settembre
Memoria del Santo, Neo Ieromartire, Massimo Sandovich
San
Massimo Sandovich nacque nel 1886 nel villaggio di Zhdenia nell'attuale
frontiera della Polonia con la
Slovacchia, nel territorio che, a quel tempo, era parte
dell'Impero Austro-Ungarico. La sua fede fu manifesta sin dai primi anni.
Quando era ancora studente, si alzava presto per leggere le preghiere e cantare
gli inni della Chiesa nella sua stanza. Voleva diventare sacerdote o monaco e
così, alla fine dell'istruzione secondaria (scuole medie o liceo), entrò come
novizio in un monastero uniata della regione (la scuola dei monaci basiliani di
Cracovia). Ma la vita di questo monastero lo deluse presto, e dopo tre mesi
andò via per entrare nel Monastero di Pochaev in Ucraina, molto rinomato per la
rigidità del suo typikon e per la vita spirituale dei padri, così come per la
sua testimonianza alla tradizione Ortodossa. Quando Massimo era ancora un
novizio, il Metropolita Antonio Kharapovitsky (1863-1936), visitò il monastero
e chiese all'Abate di permettergli di prendere con lui un novizio da mandare
nel suo seminario per farlo studiare con la prospettiva di ordinarlo sacerdote
per mandarlo poi, a servire le comunità ucraine nella regione dei Carpazi, che
dall'Unia erano ritornate all'Ortodossia. Fu scelto Massimo che dovette
rinunciare al desiderio del suo cuore per la vita monastica e seguire il
vescovo. Quando ebbe finito i suoi studi al seminario di Zhitomir, sposò una
donna bielorussa e fu ordinato dal Metropolita nel 1911.
Il suo ministero pastorale ebbe inizio nella città di
Grab, non lontano dal suo paese natale, dove celebrò la prima Liturgia
Ortodossa da quando i Carpato-Russi avevano ceduto all'Uniatismo nel
diciottesimo secolo. Fu arrestato durante una visita alla sua casa natale, condannato
a otto giorni di prigione e pesantemente multato. Padre Massimo non fu turbato
dall'accaduto e continuò a servire la Divina Liturgia
nei villaggi circostanti, nonostante le pene imposte dai tribunali a padre
Massimo e ai fedeli che lo avrebbero aiutato. Nel Marzo 1912, fu rimandato in
carcere a Lvov perché accusato di essere ortodosso, di aver usato i libri di
Chiesa scritti in russo e di aver collaborato con il nemico, così era
considerata la Russia
dalle autorità austro-ungariche. Nonostante le false accuse raccolte contro di
lui, il maltrattamento e le molestie di ogni genere, quando lui e i suoi
compagni si presentarono in udienza, furono giudicati innocenti. In cattive
condizioni di salute, riuscì a far ritorno a Zhdenia. Ma, allo scoppiare della
Prima Guerra Mondiale, fu nuovamente arrestato, insieme con sua moglie che era
incinta, a suo padre e agli ortodossi del suo paese. Furono imprigionati a
Gorlice, il capoluogo di contea. Il 6 settembre 1914, padre Massimo fu fatto
uscire dalla sua cella e fu condotto davanti a un giudice che lo informò
sommariamente che era stato condannato a morte. Fu fucilato nel cortile della
prigione davanti agli occhi dei prigionieri ortodossi presenti. Mentre cadeva,
il valoroso Martire di Cristo gridò: “Viva la Santa Ortodossia!”,
al che, uno dei suoi carnefici, preso dall'ira, si precipitò e lo accoltellò.
Il suo corpo poté essere trasportato a Zhdenia sono nel 1922, dove fu deposto
vicino alla chiesa. Da allora, i pellegrini affluirono in gran numero alla sua
tomba. La venerazione di san Massimo, come immagine vera della loro identità
etnica e religiosa, crebbe tra gli Ortodossi Carpato-Russi, specialmente
durante gli anni della loro deportazione.
Per le sue preghiere, Signore Gesù Cristo Dio nostro,
abbi misericordia di noi e salvaci. Amin.
L'11 settembre 1994, a Gorlice, la Chiesa Ortodossa
di Polonia ha canonizzato Padre Massimo come primo santo del popolo
carpato-russo. La cerimonia ha visto riuniti, intorno a S.E. Basilio
metropolita di Varsavia, numerosi preti e circa seicento fedeli venuti da
Polonia, Slovacchia, Ucraina, Canada, Stati Uniti. Il Sinodo della Chiesa
ortodossa di Polonia ha fissato la memoria liturgica di San Massimo Sandovich
questo prete martire il 6 settembre, data della sua morte. Per i carpato-russi,
in effetti, San Massimo Sandovich è il simbolo dell'attaccamento alla fede dei
Padri e il testimone del martirio del popolo ortodosso.
martedì 11 settembre 2012
5 Settembre
Memoria del Santo Ieromartire Atanasio, Abate del
Monastero di san Simeone lo Stilita di Brest-Litosvk.
San Atanasio nacque nella provincia di Minsk nel 1596,
nello stesso anno in cui si concluse la falsa Unione di Brest-Litosvk tra Roma
e alcuni vescovi russi. Suo padre era un nobile lituano di modeste risorse
economiche, nonostante ciò Atanasio acquisì un'ampiezza e una profondità di
conoscenza a quei tempi eccezionale. Oltre alle lingue moderne e antiche e agli
scritti dei Padri, era familiare con le opere dei filosofi e dei teologi
occidentali.
Nel 1627, dopo aver trascorso parecchi anni come
insegnate privato, divenne monaco al Monastero di Khutyn vicino a Orsha nella
piccola Russia. Questo monastero era indipendente dalle forze di occupazioni
polacche e, per tradizione, profondamente impegnato nella difesa
dell'Ortodossia, a tal punto che era in grado di offrire un grande
incoraggiamento al popolo Ortodosso di fronte della propaganda
Romano-Cattolica. Atanasio partì per il suo cammino monastico in altri rinomati
monasteri e fu ordinato sacerdote. Il Metropolita di Kiev, Peter Moghila, gli
diede il compito di ristabilire il Monastero di Kupyatisk. In obbedienza a una
rivelazione divina, Atanasio partì per Mosca, un lungo e pericoloso viaggio
attraverso il territorio sotto l'occupazione polacca, al fine di chiedere
l'assistenza economica per il restauro e di tenere informato lo zar riguardo
alla sorte della Chiesa Ortodossa nelle terre a sud-ovest della Russia. Ottenne
successo nella sua richiesta e così con l'aiuto della Madre di Dio, i lavori di
restauro ebbero inizio. Due anni più tardi, Atanasio fu nominato Abate del
Monastero di san Simeone lo Stilita in Brest-Litosvk. Da allora, fu un deciso e
instancabile lottatore contro il proselitismo romano, vestito di riti e usanze
ortodosse, conosciuto come Uniatismo.
Nei successivi otto anni, con la preghiera, la
predicazione e attraverso i suoi scritti, il Santo consacrò tutte le sue forze
nel rifiutare la falsa Unione e nel riportare coloro che si erano persi nel
santo gregge di Cristo.
La popolazione dei territori occupati fu trattata
brutalmente dai soldati polacchi e dai coloni, i missionari Gesuiti, da parte
loro, non si astennero da qualsiasi mezzo che potesse servire a condurre le
popolazioni della Piccola Russia alla loro fede. In questa situazione,
Sant'Atanasio decise di chiedere al re della Polonia, Vladislav IV, che
l'Ortodossia fosse trattata con più umanità. Il re fu commosso dalla sua
richiesta e così stabilì un decreto che proibiva gli abusi che si erano
verificati, ma i suoi ufficiali lo ignorarono. La condizione degli Ortodossi a
Varsavia era particolarmente cattiva. Non era sconosciuto ai Polacchi e agli
Uniati di appiccare il fuoco alle chiese ortodosse nei giorni di festa quando
erano piene di fedeli, proprio come accadeva al tempo delle grandi
persecuzioni.
Atanasio continuò la lotta, soccorso e confortato da
nessuno eccetto che dalla Madre di Dio e nel 1643 a seguito di una nuova
rivelazione, a nome degli Ortodossi chiese un rimedio al consiglio di Stato
polacco. Ottenne un’udienza favorevole e agli Ortodossi furono garantite alcune
protezioni legali. Tuttavia, alcuni nobili ortodossi, temendo per i loro
privilegi, dichiararono che il Santo era pazzo e riuscirono a far togliergli
l’abbazia, a deporlo dal sacerdozio e mandarlo a Kiev per rispondere davanti a
una corte ecclesiastica.
L’umile Atanasio fu scagionato del tutto e riabilitato
nella sua posizione, ma non ebbe pace a lungo, poiché la persecuzione degli
Ortodossi ricominciò presto. Redisse una petizione indirizzata al re polacco,
ma fu arrestato e messo in prigione prima che riuscisse a terminarla. Fu
rilasciato dopo tre anni di detenzione ma, nel 1648, scoppiò una persecuzione
più terribile che mai. Fu così sanguinosa che il popolo della Piccola Russia
insorse e chiese la partenza dell’esercito polacco-lituano e la restituzione
dei territori russi allo zar. Le autorità polacche arrestarono immediatamente i
leader dei ribelli e i dignitari ortodossi di spicco. Sant’Atanasio fu
imprigionato, e subì tormenti fisici e mentali di ogni genere nelle mani dei
suoi carcerieri e delle autorità romano-cattoliche, ma nonostante ciò, non
cessò mai di gridare: “Anatema all’Unione!”. Dopo essere stato torturato con carboni
ardenti, fu scorticato e bruciato vivo. Siccome non era ancora morto, i suoi
esecutori lo fucilarono.
Poi gettarono il suo corpo decapitato in una buca, dove,
poco tempo dopo, fu trovato incorrotto. Negli anni che seguirono le reliquie
del santo martire operarono molti miracoli.
Avendo ripudiato l'Uniatismo, egli fu ispirato da un
profondo senso di pietà e di amore nei confronti di coloro che erano diventati
vittime del proselitismo uniata. La giustizia e la sincerità di Atanasio verso
il prossimo hanno caratterizzato il corso di tutte le sue opere. Con la sua
esistenza trascorsa nella vita solitaria, circondato da nemici dichiarati ma
anche nascosti, il santo asceta rimase un fermo difensore e pilastro
dell'Ortodossia.
Il santo ripeteva continuamente la sua profezia: “
L'uniatismo si estinguerà, l'Ortodossia prospererà”.
Per le sue preghiere, Signore Gesù Cristo Dio nostro,
abbi misericordia di noi e salvaci. Amin
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