Il buon dottor Ajbolit e la
Chiesa ortodossa di Grecia
del sacerdote Sergij Begijan
Orthochristian.com, 25 gennaio 2019
il buon dottor Ajbolit. Foto: deti-i-mama.ru
L'attuale conflitto tra le Chiese ortodosse di Russia e Costantinopoli ha agitato tutti. Sia i credenti che i non credenti, quelli che vivono una vita ecclesiale attiva e quelli che si limitano ad avere "Dio nelle loro anime" sono diventati tutti "specialisti" di diritto canonico e di storia della Chiesa da un giorno all'altro. È scoraggiante. È scoraggiante che la parola "specialista" sia messa qui tra virgolette.
È scoraggiante che tutti abbiano iniziato a urlare in coro e a incolparsi a vicenda. Non può che scoraggiare qualsiasi cristiano che desideri l'unità e la pace per la Chiesa universale.
Chi ha ragione, chi ha torto? Non ho assolutamente alcun desiderio di vagare attraverso i labirinti canonici alla ricerca della verità. Un canone è qualcosa di spirituale, ma è comunque un canone. E sappiamo bene cosa dice il folklore russo sulle leggi. [1]
Voglio solo capire perché alcuni media stanno paragonando il patriarca Bartolomeo della Chiesa di Costantinopoli al buon dottor Ajbolit che è andato a curare gli ippopotami ucraini, [2] e il patriarca Kirill e l'intera Chiesa ortodossa russa a un malvagio dottore che interferisce con la salute.
Per capire che il patriarca Bartolomeo non è affatto un buon dottore, e che persegue obiettivi materialistici del tutto specifici, dobbiamo dimenticare per un po' il conflitto in corso e richiamarne alla mente un altro. Dobbiamo ricordare la Chiesa ortodossa di Grecia.
La crescita del territorio della Grecia nei secoli XIX e XX. Foto: Wikipedia
Proviamo almeno a delineare brevemente il problema. Per farlo, dovremo ricordare un po' di storia. Quando l'Impero Romano d'Oriente cadde sotto l'assalto turco, il patriarca di Costantinopoli divenne il capo di tutti i cristiani ortodossi nelle terre conquistate dall'Impero Ottomano. Pertanto, fu in grado di estendere il suo potere sulle altre Chiese locali che erano passate anch'esse sotto il dominio del sultano turco. Così, per esempio, le Chiese ortodosse bulgara e serba hanno perso la loro autocefalia.
Nel XIX secolo, i paesi ortodossi dell'Europa sudorientale iniziarono a uscire da sotto l'autorità dei turchi, e allo stesso tempo dalla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
Nel 1821, la Grecia meridionale vinse la sua tanto attesa indipendenza. Questa indipendenza fu riconosciuta da altri stati alla Conferenza di Londra nel 1830. Tuttavia, a quel tempo, solo un sesto di tutti i greci (800.000 su 6 milioni) viveva nella Grecia indipendente, il cui territorio era circa la metà del territorio moderno.
I greci ortodossi non potevano più essere assoggettati al patriarca di Costantinopoli, situato com'era sul territorio dell'odiato Impero Ottomano, e nel 1833 proclamarono unilateralmente la loro autocefalia. Costantinopoli riconobbe questo atto solo dopo diciassette anni. Il tomos per la concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa di Grecia fu firmato nel 1850. Sembrava che la situazione della Chiesa si fosse normalizzata. La Chiesa ortodossa di Grecia visse e si sviluppò pacificamente. Atene divenne il centro amministrativo e l'arcivescovo di Atene il primate.
Tuttavia, sessant'anni dopo, la mappa politica del mondo cambiò di nuovo. L'Unione balcanica (Bulgaria, Serbia, Grecia e Montenegro) decise di privare completamente l'Impero Ottomano dei suoi possedimenti, cosa che riuscì a fare quasi completamente. Come risultato delle guerre balcaniche del 1912-1913, i territori settentrionali sopra la città di Larissa (evidenziati in verde nella cartina in alto) si spostarono nella Grecia. Fino a quel momento queste "terre nuove" facevano parte dell'Impero Ottomano ed erano subordinate al Patriarcato di Costantinopoli, ma dopo il cambiamento della situazione politica, sorse la questione del loro futuro status canonico. Il governo e la Chiesa di Grecia volevano che l'amministrazione di queste diocesi (più di trenta in quel momento!) dipendesse dall'arcivescovo di Atene.
Per quindici anni, il Patriarcato di Costantinopoli non prese alcuna decisione sullo status delle "terre nuove" finché il governo greco non le incluse nella Chiesa greca nel 1928. Allora Costantinopoli fu costretta a fare qualcosa. Il 4 settembre dello stesso anno, il Patriarcato emise un atto con il quale questi territori, formalmente appartenenti a Costantinopoli, furono trasferiti all'amministrazione dell'arcivescovo di Atene.
Ma allo stesso tempo, il Patriarcato di Costantinopoli presentò una serie di richieste, in modo che tutti capissero chiaramente "chi era il capo". In particolare, il documento richiedeva che gli elenchi di candidati per le sedi episcopali settentrionali venissero approvati a Costantinopoli.
Questo punto causò grandi critiche nella Chiesa greca, poiché rendeva l'indipendenza dei greci effimera. Quindi l'arcivescovo di Atene inviò una lettera al patriarca di Costantinopoli dicendo che tale requisito era inaccettabile per la Chiesa greca.
Ne seguì una corrispondenza, che portò il Patriarcato di Costantinopoli a fare ulteriori concessioni. I vescovi delle "terre nuove" furono scelti dalla Chiesa greca e le liste dei candidati furono consegnate a Costantinopoli solo per notifica, ma non per approvazione.
È così che è stato per più di settanta anni. La situazione sembrò soddisfare tutti fino a quando Bartolomeo divenne il patriarca di Costantinopoli. Poi tutto è iniziato di nuovo, poiché il patriarca di Costantinopoli, in termini semplici, ha deciso di "calpestare" metà della Chiesa greca sottoponendola di nuovo a se stesso.
Nel 2003, il patriarca Bartolomeo inviò una lettera all'arcivescovo Christodoulos di Atene, in cui chiedeva il pieno rispetto dell'Atto del 1928 all'elezione di un nuovo metropolita per la sede vacante di Thessaloniki, e di inviargli una lista di candidati per approvazione. Altrimenti, il patriarca minacciava di revocare l'Atto del 1928 e di estendere la sua piena autorità sulle "terre settentrionali". Vi suona familiare?
La vecchia ferita si riaprì di nuovo. Il Sinodo della Chiesa greca discusse il problema e decise di inviare l'elenco come al solito: per notifica, ma non per approvazione. Nella propria lettera, ricordò al patriarca la storia dell'accordo sulla pratica della selezione dei candidati.
Ne seguì una nuova corrispondenza.
Il risultato fu la convocazione del Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli, che decise quanto segue: L'interpretazione dell'Atto del 1928 è esclusivamente di competenza della Chiesa di Costantinopoli, che aveva emanato il documento. Le modifiche a documenti come l'atto del 1928 possono essere apportate solo da un atto simile, ma non per corrispondenza, nemmeno tra i capi delle Chiese. Pertanto, il Patriarcato di Costantinopoli insistette sull'osservanza incondizionata dell'Atto del 1928 e sulla pratica di approvare le liste di candidati per i vescovi delle sedi dei "nuovi territori". Altrimenti Costantinopoli minacciava sanzioni.
Nel marzo dell'anno successivo, la Chiesa greca ribelle inviò una lista al Patriarcato di Costantinopoli, chiedendo l'approvazione di tre monaci della Montagna Santa, che è sotto la giurisdizione di Costantinopoli, come candidati. Costantinopoli rifiutò e notò che avrebbe rifiutato da allora fino a che il Sinodo della Chiesa greca non avesse rispettato pienamente le norme dell'Atto del 1928.
Tuttavia, la Chiesa greca si trincerò. Il 26 aprile 2004, il Concilio dei vescovi della Chiesa greca selezionò i candidati per le sedi vacanti, non aspettando l'approvazione di Costantinopoli. I candidati furono consacrati nel corso dei tre giorni successivi al concilio.
Il giorno dopo l'ultima consacrazione, il Patriarcato di Costantinopoli riunì una sessione prolungata del suo Sinodo, che decise di considerare invalida l'elezione dei metropoliti e di cessare la comunione eucaristica e amministrativa con l'arcivescovo di Atene.
Essendo stata scomunicata, la Chiesa greca resistette per un breve periodo. La comunione eucaristica fu interrotta per meno di un mese. Il Sinodo della Chiesa greca espresse la volontà di seguire l'atto del 1928 e questa decisione fu definita "un sacrificio allo scopo di preservare la pace della Chiesa". In risposta, il Patriarca Bartolomeo restaurò la comunione eucaristica con l'arcivescovo Christodoulos e approvò i metropoliti eletti.
Alla fine, il Patriarca Bartolomeo aveva raggiunto il suo obiettivo: quasi la metà della Chiesa di Grecia era stata assoggettata a lui, al costo di uno scisma nella Chiesa greca.
la divisione canonica della Chiesa ortodossa in Grecia [3]
C'è un doppio potere nella Chiesa greca oggi. Delle ottantuno diocesi in Grecia, trenta sono le "terre nuove ", che sono nominalmente sotto l'omoforio del patriarca di Costantinopoli. Le diocesi di Creta e del Dodecaneso, così come tutti i monasteri dell'Athos sono sotto la diretta giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli e non sono considerati parte della Chiesa di Grecia. Il Sinodo permanente della Chiesa di Grecia ha dodici metropoliti, sei dei quali sono metropoliti delle "terre nuove", cioè canali della volontà del patriarca Bartolomeo.
Il conflitto non è ancora finito. Nel 2014, il patriarca Bartolomeo è intervenuto nell'elezione del metropolita di Ioannina per mettere sul trono un suo protetto, l'archimandrita Amphilochios (Stergiou). Lo stesso anno, è stata aperta ad Atene una rappresentanza del patriarca di Costantinopoli alla Chiesa greco-ortodossa senza il consenso dei vescovi della Chiesa greca, e lo stesso archimandrita Amphilochios, elevato al grado di metropolita di Adrianopoli, ne è stato nominato capo.
Poco dopo, il Patriarcato di Costantinopoli, anche qui senza il consenso dei vescovi della Chiesa greca, ha iniziato i negoziati con le autorità greche sulla concessione legale dello status di "Esarcato" alla rappresentanza patriarcale ad Atene.
Tutto questo è stato il motivo inespresso per l'assenza dell'arcivescovo Ieronymos II di Atene e di tutta la Grecia all'incontro dei primati delle Chiese ortodosse locali a Chambésy (Svizzera) nel 2016. La storia continua...
Quindi, cosa vediamo? Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha avviato un nuovo ciclo di scisma ecclesiale in Grecia, di cui i vescovi greci spesso scrivono emotivamente ("Un metropolita greco ha criticato le azioni del Patriarca di Costantinopoli", "Le relazioni tra Costantinopoli e la Chiesa greca continuano a scaldarsi" eccetera.).
Questo ci offre un'immagine interessante. "Il buon dottor Ajbolit", che corre a salvare gli ippopotami ucraini, non solo ha dimenticato i suoi ippopotami greci, ma li ha addirittura infettati con un paio di virus. È difficile per me capire come sia possibile avere dei problemi specifici e, senza risolverli, ma solo aggravandoli, risolvere gli stessi problemi in una "terra lontana"? Oppure il Vangelo usato nel Patriarcato di Costantinopoli non contiene il passo sulla pagliuzza e la trave (Mt 7:3-5)?
La cosa più interessante di questa storia è che è "ampiamente nota in ambienti ristretti". Alcuni se ne sono banalmente dimenticati nel calore del dibattito, altri deliberatamente non la ricordano perché non si adatta al "formato". Non la ricordano perché, conoscendo tutto questo, così come l'intromissione di Bartolomeo negli affari della Chiesa ortodossa nelle Terre Ceche e in Slovacchia, in Estonia, e infine, l'ultima uscita del Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli per quanto riguarda l'Arcivescovado delle Chiese ortodosse russe nell'Europa occidentale, in qualche modo non credono particolarmente nello zelo altruistico del patriarca di Costantinopoli.
Note
[1] C'è un famoso detto russo che dice: "La rigidità della legge è compensata dal lassismo della sua attuazione", e un'altra che significa "Una legge per i ricchi e un'altra per i poveri".
[2] Il dottor Ajbolit è un personaggio immaginario molto amato nella Russia sovietica, che cura tutti gli animali. Vive una grande avventura quando risponde a una richiesta di un ippopotamo di andare a curare i suoi figli in Africa. Il suo nome significa "Ahi, fa male".
[3] L'area arancione in alto sono le "Terre nuove", con la "vecchia Grecia" in rosso. La penisola gialla cerchiata è il Monte Athos. L'isola gialla cerchiata è Patmos, le altre isole gialle sono il Dodecaneso e l'isola verde è Creta. Secondo la spiegazione, le terre rosse sono quelle sotto Atene, quelle arancioni sotto Atene-Costantinopoli, quelle gialle sotto Costantinopoli, e quelle verdi sotto Iraklion-Costantinopoli.
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