Il grido dei cristiani di Cipro
Roberto Fontolan
giovedì 20 agosto 2009
Quando si attraversa la “frontiera” tra la repubblica di Cipro e il territorio settentrionale dell’isola occupato dal 1974 dalla Turchia - una frontiera fittizia ma reale - viene un colpo al cuore. D’improvviso il cristianesimo con i suoi segni visibili, le chiese, i cimiteri, i monasteri, scompare. Al suo posto, solo rovine. Muri scrostati, tombe divelte, ammassi di mattoni. Tutto è morto, una civiltà sepolta in pochi decenni. Non c’è più nemmeno il furore della distruzione pianificata, ma semplicemente l’abbandono. L’inesistenza.
Chi ti accompagna dice: ecco quella era la mia casa (vorrebbe dire “è la mia casa”, ma poi si rassegna: è perduta per sempre), qui sono stato battezzato, là era la tomba del nonno. Le “autorità” della sedicente repubblica turca di Cipro (riconosciuta solo dalla nazione-madre Turchia) affermano che il motivo per cui le chiese vanno in rovina è che non ci sono più cristiani, dunque…
Già, saranno ancora in qualche migliaio, maroniti per lo più, abbarbicati in due o tre villaggi. Erano oltre duecentomila prima del 1974, tutti fuggiti al sud nello spazio di poche ore. Da allora il tempo per i cristiani ciprioti si è fermato, anche per quelli del sud: un terzo della loro terra, terra che condividevano con la minoranza turco-cipriota, è irrimediabilmente occupato: quarantamila soldati turchi e centocinquantamila “coloni” fatti arrivare dall’Anatolia.
E così nel bel mezzo del Mediterraneo, nell’Europa dei diritti e delle libertà, si consuma nel silenzio generale (nelle nostre capitali ci sono più amici della Turchia che di Cipro) il delitto dell’assassinio del cristianesimo (e perciò dei diritti e delle libertà). Certo in tutti questi anni i greco-ciprioti hanno avuto il tempo di pensare anche a tutti i loro errori politici e strategici commessi in un periodo storico caotico e febbrile, dalla guerra per l’indipendenza dalla Gran Bretagna alla presidenza dell’arcivescovo Makarios: chi non ha errori di cui rimproverarsi?
Ma resta il fatto che nell’ultimo anno i due presidenti, quello legittimo cipriota e quello autoproclamato del nord, si sono incontrati oltre quaranta volte senza alcun risultato. Nei circoli cristiani si è anzi convinti che “quelli non molleranno mai, il tempo è dalla loro parte, non fanno più la guerra con i cannoni e le stragi ma con la demografia: prima o poi scompariremo anche da qui”.
Lo scorso anno per migliaia di persone la mostra del Meeting di Rimini sulle chiese distrutte nel nord di Cipro fu uno shock, una tragica scoperta. Quest’anno un’altra mostra documenta le opere d’arte trafugate da quelle chiese e salvate tra mille peripezie, magari venti anni dopo. Strenua testimonianza di una lotta per non morire, segnali di un grido aiuto, monito per chi volta la testa dall’altra parte.
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