<< Oggi più che mai il libro dell’Apocalisse subisce abusi di ogni sorta, in ambito cristiano e non, soggetto alle più indiscriminate interpretazioni o attualizzazioni, travalicanti ormai e il ridicolo e persino il blasfemo. In un momento particolarmente difficile per il popolo ortodosso greco, a seguito alcuni anni fa di cambiamenti incomprensibili per una società che (almeno in patria) si è certo sforzata di vivere e leggere tutto in ottica cristiana (non conoscendo ancora a fondo la delirante svolta laicista-anticristiana di buona parte del resto d’Europa), l’Arcivescovo di Australia, Stylianos Harkianakis, ha consegnato un suo prezioso intervento nel tentativo di un chiarimento pastorale e teologico su ciò che è la dottrina della Chiesa in merito non solo a quegli eventi ma a quale debba essere la normale interpretazione del cristiano di ogni momento della vita.
Un’ondata di paura e di panico è entrata tra i nostri fedeli, sia in Grecia che all’estero, nel corso degli ultimi due anni per quanto riguarda il numero 666, il segno con cui l’Apocalisse di San Giovanni caratterizza la “bestia” che è l’Anticristo. Vedendo l’agonia della gente semplice, su tutto ciò che è stato detto e scritto a questo proposito, si è terribilmente rattristati e ci si domanda che cosa si potrebbe fare per offrire loro conforto e pace. Sicuramente gli incubi di cui soffre il nostro popolo non sono pochi – tra cui la crisi economica degli ultimi anni, il pericolo di cancro o di Aids, l’instabilità politica, la guerra imminente con la Turchia e molti altri mali – e non sarebbe necessario per la “chiesa” aggiungere un ulteriore incubo.
Siamo lieti di pubblicare in questo numero un lungo articolo (redatto) dal Monastero di Stavronikita nel tentativo di offrire illuminazione con particolare interesse per ogni singola domanda rispetto a questo “dibattere azzardato”. Completando in qualche modo questo testo teologico del Monte Athos, presenteremo qui alcuni pensieri, allo scopo di ricordare ai nostri fedeli alcune semplici ma salvifiche verità.
a) Dobbiamo avere non solo grande cura ma letteralmente soggezione e timore di Dio, quando interpretiamo un brano della Sacra Scrittura, in particolare il libro della Rivelazione, che è il testo profetico più difficile e si esprime in un linguaggio particolarmente simbolico. Non dimentichiamo che i Padri della Chiesa, nel loro tentativo di approccio alla parola di Dio da ogni punto di vista possibile, hanno dato spesso molte interpretazioni allo stesso passaggio. Inoltre, non dimentichiamo che anche i Padri Teofori con molta umiltà hanno consultato i migliori tra loro per quanto riguarda l’interpretazione dei passaggi difficili della Sacra Scrittura, al fine di evitare il pericolo di cadere in errore in materia di fede. Infine, nel caso in cui non trovandosi una risposta soddisfacente dalle spiegazioni personali dei Padri Teofori, il criterio unico e assoluto era sempre la voce della Chiesa, che non si esprime attraverso la bocca di un individuo, ma con il giudizio ufficiale del Concilio. Poiché, dunque, la nostra Chiesa non si è pronunciata, ufficialmente attraverso un Concilio, in qualsiasi giudizio nei confronti di qualunque azione concreta di una nazione moderna (caratteri monetari, carte d’identità, ecc,), lasciamo da parte il numero 666, che non può avere affatto alcun potere magico, almeno per coloro che credono e onorano “il culto razionale” del Dio vivente.
b) Il messaggio che Gesù Cristo ha portato nel mondo è chiamato, come è noto, “Nuovo Testamento” ed “Evangelo”. Entrambi questi nomi esprimono più caratteristicamente la garanzia definitiva e la gioia che i fedeli sentono per la morte della Morte e per l’abolizione del peccato, entrambi “risolti” una volta per tutte dal Signore. Tale garanzia e gioia dei fedeli non sono affatto compatibili con il panico e la paura del 666, che testimonia una comprensione meccanica e magica del mondo di Dio, piuttosto che la libertà dello spirito, “mediante il quale Cristo ci ha liberati” (Gal 5,1). In una tale atmosfera di paura e di panico, le parole di san Giovanni Crisostomo pronunciate con garanzia dossologica al principe delle tenebre, dopo la risurrezione di Cristo costituirebbero una caricatura: “dov’è, o Ade, la tua vittoria? Dov’è, o Morte, il tuo pungiglione?”. Quindi, la paura principale dei fedeli non dovrebbe essere la presenza dell’Anticristo nel mondo – che è ovunque e sempre data, ma che è allo stesso tempo abolita, dove Cristo è confessato –, ma la caduta dalla retta fede e dalla grazia santificante di Dio assicurata dai misteri della Chiesa.
c) Anche se la Seconda Venuta del Signore apparirà come “un ladro nella notte” ed infine trasformerà il mondo, tuttavia noi cristiani sappiamo che, dopo l’Ascensione di Cristo e la venuta del Paraclito viviamo già da ora l’età dell’“eschaton”. Ciò significa che ogni minuto del nostro tempo può essere di importanza decisiva per la nostra salvezza o la nostra dannazione. Almeno, questo è il modo di interpretare il messaggio escatologico degli Apostoli e, in particolare di san Paolo, che ha indicato la vita quotidiana di un cristiano, come il “momento favorevole” e come il “giorno della salvezza” (2Cor 6, 2 ). Ricordiamoci che è stato proprio durante questa vita quotidiana che san Paolo ha dichiarato quel: “il Signore è vicino” (Fil 4,5).
d) Il fatto che la “Seconda Venuta” del Signore costituirà la grande “sorpresa” in quanto “riguardo a quel giorno e a quell’ora nessuno li sa” (Mt 24,86), non significa che la presenza permanente del Signore nella nostra vita quotidiana è in alcun modo messa in dubbio. La differenza tra le due forme di presenza non è “Del tempo”, come se mai ci fosse stato un tempo senza la presenza definitiva del Signore, “che è presente dappertutto e riempie tutta la creazione”. La differenza è puramente “qualitativa”, e ciò significa che la presenza incessante del Signore nel mondo prima della Seconda Venuta è la presenza del Paraclito, che è in rafforzamento e di consolazione, mentre l’operazione della Seconda Venuta è il giudizio finale e la trasformazione.
e) Considerato che ogni curioso “ricamo” di recente circolato ufficiosamente in Grecia ma ampiamente (diffuso) attraverso la pubblicità, quando inserito avanti ad un cristallo curvato presenta davvero la forma di Satana con le corna, coda, ali, ecc, dobbiamo dichiarare in modo esplicito quanto segue: Se effettivamente le nuove carte d’identità che stanno per essere rilasciate in Grecia sono in qualsiasi modo connesse con tali emblemi demonologici nella forma descritta, la Chiesa deve combattere apertamente la sfida e chiamare i suoi fedeli a rifiutare tali carte d’identità. Questo dovrebbe essere fatto, naturalmente, non per paura dell’influenza demoniaca, ma per santa indignazione a questa blasfemia. Ancora una volta, se questo non è vero, la Chiesa dovrebbe condannare tutti coloro che con tanta demagogia e profana “giocolieria” disturbano la pace del popolo e anche calunniano la nazione.
Per quanto riguarda il cosiddetto “numero di codice unificato”, che si dice essere utilizzato in Grecia per una più sistematica e rapida registrazione dei cittadini, dovremmo dire che non vi è nulla contro di essa da un punto di vista puramente teologico e spirituale. Dal momento che, tuttavia, questo sistema considera le persone come numeri ed invade apertamente la libertà e la responsabilità del cittadino, il problema che si crea non è più semplicemente costituzionale e politico, ma anche morale ed estremamente teologico, nel qual caso la Chiesa deve ancora una volta esprimere la sua posizione chiara, al fine di tutelare la sacra ed inviolabile persona dell’uomo. . >>
NOTE
[i] Articolo giornalistico del 27 ottobre 2010 di Vittorio Da Rold, Ortodossi contro le nuove carte di identità: richiamano l'anticristo con il numero 666 tratto dal sito internet: “Il Sole 24Ore.com”;
[iv] Parte dell’articolo tratto dal sito internet: http://lapocalisse.wordpress.com;
[v] Cristo e Anticristo articolo a firma dell’Arcivescovo Stylianos tratto dal sito internet: www.tradizionecristiana(Tradotto per Tradizione Cristiana da E. M. ottobre 2009).
Vi presentiamo in Home-page la prima parte del breve racconto fantastico “Il sogno di un uomo ridicolo” scritto nel 1877 dallo scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij e pubblicato ne il diario di uno scrittore (aprile 1877) che noi dedichiamo a chi è “malato” di nostalgia per il paradiso perduto. Il resto del racconto potete leggerlo nel documento (in PDF) presente nel LINK ARTICOLI con il titolo NOSTALGIA - IL SOGNO DI UN UOMO RIDICOLO
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