Perché la chiesa più antica del mondo è attaccata dai fondamentalisti islamici
Una vigilia di Natale molto tesa per i copti, minacciati dai terroristi anche dopo l'attentato ad Alessandria d'Egitto il 31 dicembre
E’ diventato un’emergenza di ordine pubblico, purtroppo, il Natale copto che solo a Roma sarà festeggiato stanotte da seimilacinquecento fedeli. “Pure egiziane, hanno conservato lo stesso profilo delicato e gli stessi occhi allungati che avevano le dee di un tempo, la cui immagine è giunta fino a noi attraverso i bassorilievi scolpiti sui muri faraonici”. Così scriveva nel 1907 il grande viaggiatore e reporter della Belle Époque Pierre Loti, parlando delle donne che aveva trovato in preghiera in una chiesa copta.
Tragicamente tornati alla ribalta per via del terrorismo jihadista, i copti sono innanzitutto la chiesa più antica del mondo. L’Egitto fu infatti la prima nazione a divenire in maggioranza cristiana nel IV secolo. “I vecchi culti faraonici, amalgamati in quel tempo con quelli ellenici, erano diventati talmente oscuri, sotto il cumulo dei riti e delle formule, da non aver più senso alcuno”, scriveva sempre Pierre Loti, “e pertanto, qui come nella Roma imperiale, covavano i fermenti di un misticismo appassionato. Il popolo egiziano, del resto, era più che ogni altro invasato dal terrore della morte, e ne è prova la sua follia imbalsamatoria. Era quindi inevitabile che accogliesse con avidità la Parola dell’amore fraterno e dell’immediata resurrezione”. Proprio per questi motivi fu Alessandria il principale fronte della persecuzione di Diocleziano. L’Egitto rimase comunque in maggioranza cristiano anche dopo la conquista araba, probabilmente fino al XII o XIII secolo. Egiziano era Sant’Antonio, fu la terra dove nacque il monachesimo e dove predicò per primo il Vangelo San Marco, che fu sepolto ad Alessandria fino a quando alcuni marinai veneziani non lo trafugarono, portando le sue spoglie in Laguna. All’Egitto si deve la classica iconografia della Madonna col Bambino, ricalcata su quella di Iside e Osiride. E furono i missionari copti a convertire al cristianesimo il Sudan e l’Etiopia, anche se la cristianità nubiana è stata cancellata dall’islamismo alla fine del Medioevo e le chiese di Etiopia e Eritrea si sono di recente resi indipendenti dal Patriarcato Copto di Alessandria.
“Giovani madri dal fine e dolce viso di madonna”, raccontava Pierre Loti di una messa copta, “un buon vecchio prete che sorride paternamente (mentre fa) chiasso, percuotendo i cembali, e ricavando un ritmo del resto assai gaio per festeggiare la resurrezione di Cristo […] I muri logori, la volta tanto bassa che si potrebbe toccarla, le poche colonne di granito che sostengono gli archi informi, tutto è annerito e patinato dal fumo dei ceri e consumato tutto di innumerevoli mani […] Ogni cosa, qui, rivela un’irrimediabile decrepitezza. Le pietre sono tutte sconnesse, a causa del cedimento del suolo, e consunte dai passi di migliaia di generazioni morte. Tutto è cadente, pencolante, polveroso e in sfacelo”. Eppure Loti in questi templi che vanno a pezzi fotografava un cristianesimo così forte “che secoli di distruzioni non riuscirono a distruggere; risalendo il vecchio fiume, si incontrano parecchi di questi piccoli villaggi, gente dalle case di fango secco, ove la cupola imbiancata della chiesa è sormontata dalla croce anziché dalla mezzaluna: sono i villaggi copti, di quegli egiziani che, di padre in figlio, hanno conservato la fede cristiana sin dai tempi nebulosi dei primi martiri”.
Dopo quelle del paganesimo romano alcune delle persecuzioni che subirono i copti vennero proprio da altri cristiani. In nome del culto della Vergine, la chiesa Copta si schierò infatti con quella teologia monofisita che considerava in Gesù solo la natura divina (in contrapposizione alla teologia nestoriana che considerando in Gesù la coesistenza di due nature faceva della Madonna la madre della sola parte umana e non di quella divina di Gesù, ma anche contraria alla via intermedia che era appoggiata dal potere bizantino, detestato in quanto straniero e in quanto spietato esattore di tasse). Per questi motivi, in principio i copti accolsero gli arabi come liberatori, ma presto le persecuzioni arrivarono anche dai musulmani.
Il califfo Marwan II, ad esempio, domò col sangue una grande rivolta copta nell’VIII secolo; il “califfo pazzo” al-Mamun distrusse un cospicuo numero di chiese nel IX secolo e nel 1176 il fratello di Saladino al-Adil fece impiccare tremila cristiani agli alberi attorno a Qift, dopo l’ennesima sommossa. Più di recente si è scatenata contro i copti l’ira jihadista. Il potere egiziano, di fatto, li tratta come cittadini di serie B. Il copto Boutros Boutros-Ghali divenne nel 1992 segretario delle Nazioni Unite, la famiglia copta dei Siwairis – quelli di Wind – è la più ricca dell’Africa, ma in Egitto solo due ministri su trentasei sono cristiani, e solo un governatore su venticinque, nonostante i cristiani, in Egitto, siano almeno il 6 per cento della popolazione, secondo le stime delle autorità, e tra il quattordici e il venti per cento secondo gli stessi copti.
Dunque sarebbero tra i tredici e i diciassette milioni gli adepti alla chiesa copta ortodossa, che riconosce l'autorità del “papa” Patriarca di Alessandria Shenouda III. Ci sono poi 275.000 fedeli della chiesa cattolica copta, tornata in comunione con Roma tra il 1741 e il 1895; 250.000 persone del Patriarcato Greco-Ortodosso di Alessandria; 200.000 protestanti, tra cui 140.000 di una chiesa Evangelica d’Egitto Sinodo del Nilo che si considera anch’essa in qualche modo erede della tradizione copta, e di cui fa parte Boutros-Ghali. Il Natale copto è stato riconosciuto come festa ufficiale solamente nel 2002, e nel 2005 è stata rimossa la legge per cui anche il minimo lavoro edilizio in una chiesa richiedeva un’autorizzazione esplicita del presidente della repubblica.
Il termine "copto" deriva da “qubt”, pronuncia araba del greco “aiguptos”, che è poi un’antica trascrizione del nome locale della capitale faraonica Menfi: Hut-ka-Ptah, “la casa del Dio Ptah”. Il nome del paese è invece “Kemet” in antico egizio e “Keme” in copto: “terra nera”, fertilizzata dal Nilo, in contrapposizione alla terra rossa del deserto. E “Misr” in arabo, corrispondente all’ebraico “Mitzráyim”, vale a dire “i due stretti”. I copti si ritengono gli unici veri discendenti degli antichi egizi, e anche il copto è una lingua che si scrive con l’alfabeto greco ma che costituisce in effetti l’ultima fase dell’antico egizio. Perfino Jean-François Champollion dovette impararla prima di poter decifrare i geroglifici. Dal XII secolo, assieme all’islamismo e al cristianesimo, anche l’arabo prese il sopravvento sul copto, ma quando si sia realmente estinto come lingua viva, è materia di dibattito: alcuni dicono tra il XVII e il XVIII secolo, altri nel XIX. Ma di recente c’è l’evidenza che alcune famiglie continuerebbero a usarlo tuttora in casa. Ci sarebbero quindi ancora trecento parlanti: quasi tutti però tra Stati Uniti, Canada e Australia, e una o forse due famiglie in Egitto. La cosa che dicono di trovare più curiosa è l’uso del copto al cellulare. Il copto è comunque tuttora usato nella liturgia della chiesa copta, anche se assieme all’arabo, al greco e alle lingue dei paesi di diaspora, in particolare inglese e francese.
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