Del beato Filippo il Cacciaspiriti Preghiera di benedizione per una casa
Del beato Filippo il Cacciaspiriti
Preghiera di benedizione per una casa
Signore Dio della nostra salvezza, Figlio del Dio vivente, guida dei cherubini e condottiero dei serafini, tu sei al di sopra d’ogni principato, potenza, signoria, autorità. Grande e terribile tra quanti ti circondano, tu hai steso il cielo come un velo; tu hai formato la terra con potenza grande e hai fissato il mondo con sapienza; tu scuoti la terra dalle fondamenta e fai tremare le sue colonne; tu comandi al sole ed esso non sorge; tu alle stelle poni il tuo sigillo; tu minacci il mare e si secca; la tua collera si spande come il fuoco e alla tua presenza le rupi si spezzano; tu hai infranto le porte di bronzo e hai spezzato le sbarre di ferro; tu hai legato l'uomo forte e distribuito i suoi averi; con la tua croce, tu hai abbattuto il tiranno; con l’amo della tua incarnazione tu hai pescato il serpente e lo hai precipitato nell’abisso tenebroso, legato con lacci. Signore, Signore, sicurezza di chi ripone in te la speranza, solida difesa di chi crede in te, allontana da questa casa e metti in fuga ogni forza diabolica, ogni assalto satanico, ogni insidia nemica; scaccia via ogni potenza avversa dai suoi abitanti che, recando il segno della croce, temibile vessillo contro i demoni, hanno invocato il tuo nome buono. Sì, Signore, tu hai scacciato la legione dei demoni; tu hai ordinato alla spirito sordo, muto e immondo di uscire dall’uomo che teneva in possesso e di non tornarvi più; tu hai annientato la falange dei nostri nemici invisibili; tu hai detto ai tuoi fedeli che ti conoscono: Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; tu stesso, Signore, proteggi al riparo di ogni sorta di rovina e danno quanti si trovano in casa, liberandoli da ogni freccia che vola di giorno, da ogni molestia che vaga di notte, da ogni sventura e dal demone meridiano. I tuoi figli, sperimentando la tua protezione, custoditi dall'esercito degli angeli, in concordia di fede canteranno tutti a una voce: Il Signore è mio aiuto, non ho timore, che cosa può farmi l’uomo? Non temerò alcun male, perché tu sei con me. Tu sei Dio potente, forte, che esercita il potere, Padre del secolo futuro, principe della pace; il tuo regno è regno eterno e a te soltanto appartiene la gloria, l’onore e la potenza, Padre, Figlio e Santo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
FILIPPO [12 maggio] è detto Pneymatodiwktis, Cacciaspiriti, un appellativo che è un unicum nell’agiografia ortodossa. Popolare tra gli abitanti della Sicilia e della Grande Grecia, il suo culto raggiunse Tessalonica, dove Filippo era invocato – chissà perché! – contro il male di testa (1). I gesuiti siciliani, invece, trasformarono anche lui in africano = latino = cattolico (e anche lui in negro!) (2).
Su Filippo abbiamo una Narrazione di certo tanto antica (non ha nulla dello stile agiografico divenuto popolare dopo l’8° secolo e consacrato nel 10° da san Simeone Metafraste) quanto strampalata, scritta da qualcuno che sembra avesse più dimestichezza con il ciclo dei miti d’Eracle, gli Apocrifi, la Cabala e persino il Corano, che con la Sacra Scrittura, della quale solo facendo salti mortali – o andando proprio di fantasia – si trova qualche debole eco (al massimo, 7-8 citazioni, e pure indirette).
Secondo questo strano Racconto, Filippo sarebbe un siro, che non parlava nessun’altra lingua che il siro (non parlava la lingua romana, ma si faceva capire, anche se solo "per miracolo", vale a dire a malapena) e che possedeva un libro sacro, sembrerebbe scritto in caratteri sconosciuti e, perciò, ritenuto "magico" (3).
Non è per niente chiaro quando Filippo sia vissuto: confusi accenni sembra possano essere riferiti al generale Belisario che nel 535 liberò la Sicilia dai Vandali, e a sant’Apollinare, patriarca antimonofisita d’Alessandria (551-579). Il culto di Filippo è localizzato principalmente nel luogo d’Argirio (Argira-Agira - EN, la città che per prima tributò onori divini a Eracle) ed è legato all’Etna, nelle cui viscere si aggirano i figli dei Ciclopi Arge, Bronte e Sterope, insieme a Tifone, giunto in volo in Sicilia e precipitato – come Empedocle – nel cratere centrale. Come Eracle che, salito sul Cillene, scacciò i pestiferi uccelli Stinfali scuotendo bronzee nacchere, Filippo salì sul monte e, "facendo una benedizione" col suo misterioso libro, fece precipitare nelle viscere dell’Etna i demoni che, in volo, erano fuggiti dai bronzei vasi in cui li aveva rinchiusi, a Gerusalemme, il re Salomone (bronzei vasi che ricordano il vaso di Pandora e i calderoni di bronzo di Salmoneo, re della Tessaglia).
È, questo, solo un esempio per dire quanto sia strano il Racconto sulla Vita e i Miracoli di Filippo: per non parlare della pestifera Fonte Mamoniea di Argira (vedi la Fonte di Amimone che ad Argo forma la palude di Lerna, o il pozzo Mamonèo della Mecca), o della grotta in cui sarebbe vissuto il santo. Essa è descritta esattamente come la grotta sacra alle tre Eumenidi (con i suoi tre idoli d’Ade, Ermes e Gea), oppure all’antro di Itaca (o della Sicilia?) sacro alle Ninfe, descritto da Omero e che tanto interessò Plotino (che conosceva bene la Sicilia, per esserci vissuto).
E’ un Racconto strano, ma proprio per questo lo trovo "autentico", nonostante le madornali sviste (4) e quel suo rincorrere gli Atti apocrifi dell’apostolo Filippo: per qualche strano motivo il culto di Filippo il Cacciaspiriti è ancor oggi vivo in località dell’Italia Meridionale tra loro distanti ma che – in età magnoellenica - fecero parte della stessa anfizionia e ch’erano dedite al culto di Eracle. E poi: se nei severi ambienti monastici del 10°-11° secolo lo si ricopiò ancora così com’era – senza tentare di correggere o di trarne una versione alla Metafraste – vorrà dire che si riconosceva a quel testo una veneranda "autenticità". C’è da rimpiangere, perciò, che non sia giunta a noi l’Akoluthia: avremmo saputo se essa confermava almeno i dati biografici essenziali del Racconto o attingeva a un Bios perduto (5).
Un discorso a parte andrebbe fatto per il Monastero di San Filippo presso Agira: meta obbligata di tutti o quasi tutti gli asceti calabro-siculi dei secoli 9°-11°, scompare improvvisamente per poi essere "riaperto", alla fine dell'11° e agli inizi del 12° secolo a opera di Benedettini calati dalla Normandia. Con scarso senso cronologico (e del ridicolo) alcuni storici attribuiscono l’improvvisa diaspora o fuga dei monaci ortodossi d’Agira (principalmente verso le impenetrabili selve dell’Aspromonte reggino) alle incursioni degli Arabi
Saraceni e Berberi (non Arabi), però, solo nel 962 iniziarono a penetrare nella Regione di Demenna, dove sorge il monastero, senza riuscire ad assumerne il controllo, e furono scacciati nel 1040. E comunque mai diedero un granché di fastidio ai monaci, vuoi per reverenziale rispetto, vuoi per superstizioso timore. Anche nelle zone dell’Isola in cui la loro presenza fu pervasiva e di qualche decennio più lunga (dall’841, Regione di Mazara; dal 902, Regione del Noto (6) ) il monachesimo ortodosso – sia pure tra tante difficoltà – non si spense per niente, come si vorrebbe far credere, per nascondere la pulizia etnica operata dai Normanni in Italia meridionale ai danni dell’autoctona popolazione "greca" e ortodossa, in ossequio al Concordato stipulato a Melfi, il 23 agosto 1059, con il savoiardo Gérard de Chevronne (papa Nicola II). Si tace perciò l’unica ipotesi verosimile: furono i Franchi a mettere in fuga i monaci ortodossi da Agira, per insediarvi i Benedettini
1) Ne abbiamo notizia dal Bios di san Fantino, asceta nato a Tauriana (RC), vissuto a Tessalonica dove morì attorno all’anno Mille [14 novembre], omonimo e concittadino del san Fantino il Cavallaro (Ipponomevs), vissuto tra 4°-6° secolo [24 luglio]. Due discepoli calabresi di Fantino, Vitale e Niceforo il Nudo, da Tessalonica raggiunsero l’Athos: san Niceforo – detto anche il Mirovlita [5 luglio] - fu tra i primi compagni e discepoli di sant’Atanasio il Lavriota. Vedi M. Maximi, O Osios Fantinos o en Thessaloniki, Ormylia 1996
2) Un simpatico fenomeno di "resistenza" alla Storia scritta dai gesuiti siciliani, O. Caetani in testa: la popolazione dell’Italia meridionale, trovandosi a dover accettare statue di un Filippo (o di un Calogero) negro o negroide, afferma che il santo in realtà era soltanto nero; che s’era sporcato di fuliggini quand’era disceso all’Ade per ricacciarvi alcuni demoni evasi
3) Considerando che il siro non era certo sconosciuto in Sicilia potremmo pensare ad altre aree linguistiche: se Filippo fosse un monaco giunto da località più remote quali, per esempio, l’Etiopia o addirittura la Persia?
4) L’arcangelo Gabriele è confuso con l’arcangelo Michele; l’apostolo Paolo con l’apostolo Pietro; ecc.
5)Si conserva l’Apolitikion, tono 2. In italiano: Il monte d’Argirio risplende di luce [riferimento al fuoco dell’Etna?] e il tuo prezioso sepolcro spande guarigioni: voi bisognosi e malati accorrete, e presto attingete salute; dalle reliquie di Filippo sgorga guarigione per chi s’accosta con fede.6) Corrispondenti ai tre promontori della Trinacria – il continente circondato dal mare – le tre Regioni sono facilmente identificabili osservando una carta stradale. Grosso modo, La Regione di Demenna è compresa tra Messina – Catania – Termini Imerese; la Regione di Noto è compresa tra Siracusa – Caltanissetta – Agrigento; la Regione di Mazara tra Termini Imerese – Caltanissetta – Agrigento – Trapani – Palermo