giovedì 20 maggio 2010

Dal sito del confratello p. Giovanni Festa di Palermo

La nascita della Chiesa di San Marco di Efeso
nel racconto del suo primo Parroco
Padre Gregorio Cognetti

Sono un professore cinquantenne della facoltà di biologia all'Università di Palermo (Italia),
ma soprattutto sono un sacerdote ortodosso.
Sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica romana, devota e tradizionale. Nel passato, molti membri della mia famiglia sono stati preti, suore, e persino vescovi. Il mio padrino di battesimo era un cardinale! Fui educato in una scuola tenuta dai gesuiti. Tra le altre cose, studiai latino (8 anni), greco (5 anni) e filosofia (3 anni), e all'età di 17 anni avevo una buona conoscenza della dogmatica romana, e in particolare di Tommaso d'Aquino. All'università scelsi la facoltà di chimica, e quando ottenni la laurea ero diventato ateo: non potevo riconciliare la mia conoscenza scientifica con quell'approccio a Dio che mi era stato insegnato come l'unico esistente, e l'unico vero.
Dopo la laurea iniziai a lavorare come ricercatore in vari centri, sia negli Stati Uniti che in Italia. In questo periodo incontrai mia moglie e ci sposammo nel 1972. Nello stesso periodo divenni professore assistente all'università di Palermo. A Palermo c'è una chiesa di uniati italo-albanesi, e per puro caso vi andammo a partecipare alla Liturgia di San Giovanni Crisostomo, celebrata in greco. Fui subito affascinato: percepivo vagamente che dietro quella forma liturgica c'era qualcosa di immenso di cui non ero stato consapevole nei miei anni di frequentazione di chiese latine. Devo confessare, tuttavia, che il mio interesse iniziale era meramente culturale. Probabilmente, a causa della mia formazione scientifica, trovavo stimolante la scoperta di un (per me) nuovo campo di conoscenza. Avevo già esaminato le religioni non cristiane, ed ero convinto di conoscere praticamente tutto del cristianesimo. Il mio antico interesse per il mondo greco fu risvegliato, e mi sentii sfidato a saperne di più. Mi rivolsi a un sacerdote, chiedendogli informazioni, e poco dopo stavo leggendo libri di vari autori ortodossi contemporanei, come Evdokimov, Lossky, Meyendorff, Bloom e Ware. Fui profondamente impressionato dalla teologia di San Gregorio Palamas. Con stupore iniziai ad accorgermi che le critiche alla fede cristiana che mi avevano portato all'ateismo erano dirette soltanto alla scolastica, e non alla fede cristiana in sé! La distinzione tra essenza ed energie di Dio, l'approccio apofatico a Dio, non contraddicevano la mia conoscenza scientifica, ma ne costituivano il complemento in uno schema superiore di realtà! Così recuperai una fede ancora fragile: non più una fede romana, poiché avevo perso questa per sempre, ma una fede ortodossa. Anche mia moglie, che già conosceva alcune opere di Evdokimov, era con me. In breve tempo diventammo a pieno titolo membri della chiesa italo-albanese.
Nel 1975 eravamo a Houston, nel Texas. Io svolgevo ricerche presso il M.D. Anderson Tumor Center. Anche se eravamo comunicanti della locale chiesa ucraina, il rettore della chiesa ortodossa greca fu tanto gentile da permettermi di frequentare la biblioteca della chiesa. Lessi quante più opere possibile. La storia della chiesa e la teologia mistica ortodossa erano gli argomenti che più mi interessavano. Prestai una particolare attenzione ai sette Concili Ecumenici e agli pseudo-concili di Lione e di Firenze. Mia moglie era sempre al mio fianco, e discutevamo e valutavamo costantemente la nuova conoscenza che stavamo acquisendo. Gradualmente divenimmo consci che la Chiesa Ortodossa è la vera Chiesa Santa, Cattolica e Apostolica. Un altro evento importante, in quel periodo, fu l'incontro con Padre George Sondergaard. Ricevemmo da lui la prima idea di una missione ortodossa, ed egli piantò i semi delle nostre future conversioni. Di ritorno in Italia, collaborammo con zelo ed energia con la Chiesa italo-albanese, tuttora credendo (o, piuttosto, volendo credere) che fosse possibile essere cattolici romani e ortodossi allo stesso tempo. In quel periodo iniziammo a leggere i Padri, poiché avevamo comprato negli stati Uniti l'intera collezione dei "Padri Ante-niceni" e dei "Padri Niceni e Post-niceni" pubblicate da Eerdmans Leggemmo anche tutto quanto potemmo trovare sull'Ortodossia, in italiano, inglese e francese.
Nel 1979 eravamo di nuovo negli Stati Uniti. Lavoravo al dipartimento di chimica della Duke University, Durham, N.C. La nostra crescita spirituale giunse finalmente a maturazione. Comprendemmo che è impossibile avere una fede ortodossa rimanendo ancora nella comunione romana, e al di fuori della vera Ortodossia. Così fummo cresimati nella chiesa greca di Raleigh, N.C., nel Sabato dei defunti di Pentecoste del 1979. Presi il nome di Gregorio da San Gregorio Palamas, come tributo di gratitudine al santo la cui dottrina mi aveva ricuperato alla fede cristiana e alla vera Chiesa.
Dopo la cresima, il desiderio di impegnarci sempre di più nella Chiesa crebbe costantemente in noi. Ci rendemmo conto delle enormi benedizioni che il Signore ci aveva dato, e che questi doni, e la conoscenza che Egli ci aveva fornito, avrebbero dovuto dare frutti.
Nella domenica dopo la Santa Croce del 1982 fui tonsurato lettore nella chiesa greca di Greensboro, N.C. La lettura del vangelo del giorno non avrebbe potuto essere più appropriata: stavamo prendendo la nostra croce, per seguire il Signore.
Sono molto indebitato a Padre Dimitri Cozby, che in quel periodo era rettore di una missione vicina alla nostra. Fu molto utile con consigli e sollecitudine. Fu lui a introdurci al mondo della Chiesa Ortodossa d'America, e questo fu molto importante per la nostra formazione spirituale. Su suo consiglio, viaggiammo diverse volte in altre parrocchie della Chiesa Ortodossa d'America, in particolare ad Atlanta e al monastero di Resaca (dove prendemmo anche parte a un pellegrinaggio), e scoprimmo lo spirito di un'Ortodossia missionaria. Rimanemmo profondamente impressionati dalla persona del Vescovo Dimitri e dalla sua mente missionaria. Il suo modello fu probabilmente il più importante punto di riferimento nella nostra vita futura. In quel periodo scrissi anche alcuni articoli per The Dawn. Rimanemmo membri della locale chiesa greca, per due ragioni: dapprima, perché la Chiesa è una, e la giurisdizione non è così importante; e poi perché il nostro pastore greco era un ottimo sacerdote; avevamo debiti di gratitudine verso di lui e verso altri sacerdoti greci della zona; non c'erano ragioni per un cambio di giurisdizione che di sicuro lo avrebbe addolorato.
Nel 1983 eravamo di nuovo in Italia, a Palermo. Ero un professore associato, conducevo un brillante gruppo di ricercatori, vivevo agiatamente, e avevo molte soddisfazioni professionali, ma dal punto di vista spirituale la nostra situazione era critica. In città non c'era una chiesa ortodossa, e le più vicine erano sul continente, a Roma, Napoli o Brindisi (da 600 a 800 chilometri di distanza, con il mare da attraversare). Viaggiavamo in una di queste chiese una volta al mese per ricevere i Santi Misteri, e perché non volevamo che nostro figlio crescesse senza l'esperienza di una chiesa.
La disinformazione sull'Ortodossia era (e invero è tuttora) enorme. La grande maggioranza credeva (e crede tuttora) che gli ortodossi siano una sorta di protestanti anteriori alla riforma, che si rifiutano di obbedire al papa. I cattolici romani lasciano che la gente pensi che l'Ortodossia non sia altro che qualcosa di esotico ("barbe, incenso e funzioni interminabili"), relativo ai greci o ai russi, benché riconoscano che "nonostante lo scisma" alcuni ortodossi abbiano un buon grado di spiritualità. Tutto tendeva, a ogni livello di informazione (giornali, riviste, TV, etc.), a far credere che gli ortodossi sarebbero presto tornati all'ovile (ora, invece, la tendenza è di incolpare gli ortodossi come ribelli impenitenti). C'era un immenso lavoro missionario da compiere, poiché tanti erano estremamente insoddisfatti della loro Chiesa romana. La proliferazione delle sette, al di dentro e al di fuori del cattolicesimo romano, aveva inizio in Italia precisamente in quel periodo. Iniziammo a parlare dell'Ortodossia intorno a noi, con reazioni opposte: alcuni erano molto interessati (ma come rivolgersi a loro?); altri, soprattutto nella nostra famiglia, presero una ferma attitudine di disprezzo e di condanna nei nostri confronti. Due dei nostri cognati hanno rifiutato di vederci da quel periodo in poi.
Come lettore nel Patriarcato di Costantinopoli, ero stato preceduto in Italia da una lettera di referenze al vescovo locale, Gennadios, a Napoli. (A quel tempo non sapevo - lo venni a sapere molti anni dopo - che anche un'altra lettera, questa volta dalla mia parrocchia uniate di un tempo, mi aveva preceduto). Il mio primo impulso fu di far visita al vescovo e dirgli che desideravo aiutare a organizzare una comunità a Palermo (a quel tempo c'erano duemila studenti greci all'università di Palermo, e circa cinquanta famiglie miste), dove un sacerdote potesse fare visite periodiche. Il mio entusiasmo ricevette una doccia fredda. "Noi non facciamo proseliti", dichiarò il vescovo, iniziando a parlarmi. Quindi aggiunse che era necessario evitare ogni occasione di scontentare la Chiesa romana, per non danneggiare le buone relazioni tra Roma e Costantinopoli. Non si sarebbe potuta organizzare una comunità a Palermo, perché gli uniati non l'avrebbero gradita. Gli chiesi il permesso, in qualità di lettore, di celebrare funzioni in casa mia, cosa che mi concesse, a patto che mantenessi la cosa completamente privata.
Mi sforzai duramente di seguire il calendario della Chiesa tutti i giorni con la mia famiglia (mia moglie, il mio figlio di tre anni, e la sorella di mia moglie, che era diventata anche lei ortodossa in America). Cantavo le Ore e la Compieta; i Vespri al sabato, e il Mattutino e i Typika alla domenica. Devo confessare di non essere stato del tutto obbediente al Vescovo Gennadios; permisi a un piccolo gruppo di amici intimi di unirsi a noi in segreto. Non eravamo una chiesa, non eravamo una comunità, non eravamo proprio nulla. E dedicammo questo nulla a San Marco di Efeso. Pensammo che egli sarebbe stato il patrono più appropriato, poiché conobbe molto bene la sensazione di essere in Italia, da solo, a combattere per la fede ortodossa, con l'opposizione sia dei cattolici romani che degli ortodossi che volevano l'unione! Una volta al mese continuavamo a recarci in una chiesa ortodossa sul continente.



Il ricordo delle missioni della Chiesa Ortodossa d'America bruciava in noi. La nostra situazione sembrava avere raggiunto un vicolo cieco. La Pasqua si avvicinava, e desideravamo seguire le funzioni della Grande Settimana. Avevamo progettato di andare a Roma, ma poiché avevamo dimenticato di prenotare in anticipo, gli alberghi vicini alla chiesa erano tutti al completo. Così all'ultimo momento cambiammo idea e decidemmo di andare a Brindisi. Là incontrammo un sacerdote ortodosso italiano, Padre Antonio Lotti, del Patriarcato di Mosca, che concelebrava nella chiesa greca.
Non mi ero rivolto alla giurisdizione di Mosca, poiché a quel tempo sapevo che in Italia c'erano solo due chiese, i cui sacerdoti avevano una cattiva reputazione. Padre Antonio mi spiegò che questi due preti erano stati recentemente sospesi, e che il Vescovo Serafim di Zurigo, responsabile per l'Italia, li aveva rimpiazzati ordinando giovani italiani con una buona istruzione, un lavoro e una famiglia, per ridare vitalità all'Ortodossia italiana. Egli si offrì anche di scrivere al Vescovo Serafim riguardo alla situazione di Palermo. Dopo avere ricevuto l'autorizzazione, il Padre Antonio venne a Palermo e in una domenica celebrò la Divina Liturgia nel nostro salotto, alla presenza di un piccolo numero di persone, e promise di ritornare con regolarità. Fu un grande giorno per noi!
Ma di nuovo, il Signore aveva deciso altrimenti: ricevetti l'offerta di una cattedra per sei mesi all'università di Zurigo! Partimmo per Zurigo il 10 Giugno del 1984. Avevo con me una lettera firmata dai pochi membri della nostra non-comunità e da me stesso, in cui chiedevamo al Vescovo Serafim di aprire una missione a Palermo.
L'incontro con il Vescovo Serafim fu drammaticamente diverso da quello con il Vescovo Gennadios. Raccontai tutta la storia, gli diedi la lettera, e lo rassicurai che se avesse inviato un sacerdote a Palermo ci saremmo dati da fare per accoglierlo nel miglior modo possibile. Egli ascoltò molto attentamente, mostrò solidarietà, ma per il momento non rispose. Invece, mi invitò a servire come lettore nella sua chiesa, raccomandandomi di imparare lo slavonico. Sentii però in lui un calore e una bontà che mi fecero una grande impressione. Così, dopo molti anni di greco, iniziammo a familiarizzarci con la lingua e gli usi slavi. Servii regolarmente come lettore, e un giorno il Vescovo Serafim mi disse di volermi parlare in privato. Quando fummo soli, mi disse di aver deciso di aprire una comunità a Palermo, ma di non avere nessuno da assegnarvi come sacerdote. Poi sorrise e aggiunse: "A meno che tu stesso non voglia essere quel prete..."
Come dicevo prima, dopo la cresima avevo desiderato un maggiore coinvolgimento nella chiesa, ma, francamente, non vedevo il sacerdozio come meta a breve termine. Pensavo piuttosto a un diaconato, e, magari, al sacerdozio in tarda età. Il Vescovo Serafim non voleva una risposta immediata, così ricordo di aver passato molto tempo a discutere con mia moglie. Giungemmo alla conclusione che se volevamo davvero una chiesa a Palermo, dovevamo accettare, poiché sarebbe stato molto difficile che ci venisse data una seconda opportunità. Così accettai, e fui in breve ordinato suddiacono e diacono, e, poco più tardi, sacerdote.
Desidero ricordare un episodio importante. Il giorno prima della partenza da Palermo per Zurigo, chiamai al telefono lo Ieromonaco Michele a Resaca. Gli raccontai i recenti sviluppi della nostra situazione, e chiesi le sue preghiere. Ricordo che rispose: "Pregherò che tu ritorni come sacerdote". Fui sconvolto da questa risposta inaspettata. Il giorno prima della mia ordinazione al sacerdozio lo richiamai, e mi fu detto che Padre Michele era stato ricoverato in ospedale dopo un grave attacco cardiaco. Morì il giorno della mia ordinazione, il 2 Settembre 1984. La mia prima funzione come sacerdote, dopo la Liturgia dell'ordinazione, fu una Panikhida per lui, e il suo nome è sul mio Disco fin da allora.
Al termine della mia permanenza a Zurigo feci ritorno a Palermo, dove divenni professore di ruolo. Ma ora ero un sacerdote ortodosso. Mia moglie, nel suo ruolo di contatto con i fedeli, e mia cognata come direttrice del coro, hanno avuto un enorme ruolo nella costruzione della comunità. La "Parrocchia ortodossa di San Marco di Efeso" era una realtà.

Nessun commento: